-Guido Viale-
L’automotive è in crisi: non vende abbastanza
Perché l’auto elettrica è ancora cara e poco pratica? O perché quella termica potrebbe non essere più vendibile o utilizzabile a breve? Il passaggio dell’auto dal termico all’elettrico sembra a molti il principale indicatore dello “stato dell’arte” nella transizione energetica, se non addirittura della conversione ecologica
La ragione è chiara: l’auto costituisce una
componente basilare della quotidianità sia quando la usiamo che quando ne siamo
assediati. Questa focalizzazione sull’auto alimenta, sia tra i favorevoli che
tra i contrari alla transizione, l’illusione che la vita quotidiana possa
comunque continuare così com’è e offusca la necessità di ridurre comunque
utilizzo e devastazione di quelle risorse il cui uso già oggi eccede le
capacità di carico della Terra. Però se la strada della conversione ecologica
verrà imboccata sul serio (ora non lo è) la nostra vita quotidiana
cambierà profondamente; ma ben più malamente, fino all’estinzione del genere
umano, se non verrà affrontata per tempo. Comunque, anche limitandoli all’automotive,
dibattito e conflitti connessi sono comunque fuori quadro; per molti
motivi.
L’equità,
pilastro del pensiero ecologico. Circola oggi nel mondo circa un miliardo e
mezzo di auto. Per raggiungere, al 2050, o anche qualche decennio dopo,
il tasso di motorizzazione europeo (quello italiano è più alto) le auto in
circolazione dovrebbero essere 5 miliardi. Ci saranno le risorse per
fabbricarle e alimentarle tutte? O lo spazio per farle circolare? O è un
consumo riservato per sempre ai popoli privilegiati? Oggi noi; ma domani?
Chissà…
Le terre
rare. L’auto elettrica è in competizione per l’impiego di molti
materiali preziosi e rari con gli impianti di generazione da fonti rinnovabili:
la sua produzione in massa non può che ostacolare o ritardare la transizione
energetica, che è una assoluta priorità.
L’inquinamento. E’
ormai noto che il particolato deriva soprattutto, oltre che dalle emissioni
delle auto “vecchie”, dall’attrito delle ruote e dei freni. Con l’auto
elettrica poco cambierebbe.
La
congestione. E’, insieme all’inquinamento, ciò che rende le città
invivibili: per i bambini, ma non solo per loro. Ed è ciò che in gran parte ha
distrutto l’incontro casuale per strada e la socialità; riducendoci ad
affidarla al cellulare.
La
competizione per la potenza dei motori, la velocità e il
parcheggio modella e mima quella che il sistema impone a tutti nella vita
quotidiana, nel lavoro, nelle relazioni sociali come in quelle internazionali:
la guerra.
l consumo si
suolo: per far posto alle auto: sia in città, promuovendone
lo sprawl, che in
campagna, in montagna e ovunque, massacrando il paesaggio.
L’aver
affrontato e continuare ad affrontare il dibattito sull’auto elettrica solo in
termini tecnici, energetici, economici e, al massimo, occupazionali, senza
tener conto delle sue implicazioni sociali, culturali ed esistenziali – quelle
che potrebbero coinvolgere tutta la popolazione nella comprensione,
accettazione e promozione della conversione ecologica – ha dato ai suoi nemici
un’arma formidabile per contrastarla. Solo un grande dibattito pubblico, che avrebbe
dovuto precedere e accompagnare il Green Deal e il suo sviluppo, può
ancora rendere “desiderabile”, come avvertiva Alex Langer, la conversione
ecologica. Anche per l’automotive le alternative ci sono: una mobilità
fondata su un servizio pubblico che combini trasporto di linea e mobilità
flessibile personalizzata, da un lato; e la riconversione della produzione di
auto, dei servizi e delle infrastrutture connesse in impianti per le
rinnovabili. Ma occorre parlarne, progettarle, sperimentarle. Come cerca di
fare, volutamente ignorato, il collettivo ex Gkn.