Francia: il nazionalismo “di classe” di Beaud e Noiriel contro l’intersezionalità
Impasse delle politiche identitarie»[1]. Il discorso dei due noti autori (il primo sociologo e il secondo storico dell’immigrazione) parte dalla loro assai discutibile giustapposizione fra la petizione intitolata «Manifesto per una Repubblica francese antirazzista e decolonizzata», firmata da cinquantasette intellettuali e diffusa da Mediapart.fr il 3 luglio 2020[2], e quella pubblicata dal settimanale Marianne il 26 luglio 2020 «Appello contro la razzializzazione della questione sociale», firmata da oltre ottanta personalità e una ventina di organizzazioni[3]. Per attaccare soprattutto la prima petizione i due autori fanno ricorso a una piccola citazione -arbitraria e strumentale- di Bourdieu affermando che «la comparazione delle due petizioni mostrerebbe come funziona ciò che Bourdieu chiamava il gioco delle «cecità incrociate». Di fatto, come vedremo dopo, in effetti, loro sono alquanto d’accordo con la petizione di Marianne che a nome del “movimento Repubblica sovrana, sociale, laica ed ecologica” fa appello a “reagire di fronte all’offensiva dei sostenitori del ritorno della «razza» nel dibattito pubblico, promuovendo un multiculturalismo divisore, rigettando la laicità e relegando la questione sociale”. E ricorda che “con la fine del colonialismo – che gli ideali della Repubblica condannavano – (la Francia) ha scommesso sull’uguaglianza, rigettando le separazioni in base alle differenze per favorire il mescolamento. Ha saputo dare gli stessi diritti civili, economici e sociali a ognuno, per superare le contraddizioni del passato”. Questo discorso di fato ricalca quello che oggi fa Macron che quindi si sente legittimato a scatenare la sua crociata contro il “separatismo” che sarebbe quello dei musulmani e dei loro presunti sostenitori che starebberonell’“islamo-sinistra”, in quelli che hanno sostenuto la marcia contro l’islamofobia, fra gli intellettuali militanti dell’antirazzismo, del femminismo o che parlano di intersezionalità. Fra i firmatari di questo appello di nazionalisti sciovinisti dell’ex-sinistra tradizionale figurano più o meno gli stessi che sostengono Printemps Républicain, cioè ex-sinistra (del vecchio Partito socialista) fortemente sostenuto da Valls, capo dell’ultimo governo socialista ed emulo di Sarkozy . Ricordiamo che il nuovo ministro degli interni, Darmarin (noto per essere un personaggio di destra e anche imputato di molestie sessuali), si è scatenato contro i “nemici della Repubblica” annunciando indagini a tappeto sulle associazioni islamiche e promettendonela chiusura. Macron e Darmarin assumonodi fatto i suggerimenti di Printemps Républicain che invoca l’“immediata messa fuorilegge della piovra islamista”. In questo scatenamento della guerra integralista nazionalista-laicista-sciovinista non è mancato l’attacco all’antirazzismo. Taguieff (firmatario della petizione di Marianne) addita Adama Traoré e Floyd (due neri uccisi dalla polizia il primo in Francia e il secondo a Minneapolis) come due delinquenti trasformati in icone dell’antirazzismo, e aggiunge anche che la “sua posizione di intellettuale impegnato è quella di una resistenza risoluta alla tirannia delle minoranze che si sta insediando dietro la maschera dell’antirazzismo e del neofemminismo”[*]. E aggiunge veleno contro chiunque “minacci” il maschio bianco[4].
Mettere sullo stesso piano l’appello
di Marianne (settimanale da tempo connotato per proclami di destra,
razzisteggianti e sempre nazionalisti-sciovinisti) e quello pubblicato da
Médiapart è francamente sconcertante da parte di Beaud e Noiriel. Schierandosi
a fianco del Black Live Matter, degli Antifa e del femminismo
statunitensi l’appello di Médiapart è infatti contro la cancellazione della
storia schiavista e coloniale che in Francia si propone con la copertura
dell'universalismo repubblicano e laico. L’appello di Médiapartè per la
mobilitazione a sostegno delle azioni decoloniali e antirazziste[5]. E’
grazie alle associazioni e militanti di quest’appello che la manifestazione del
2 giugno
2020 indetta dal Comitato verità e giustizia per Adama Traoré ha avuto un successo sorprendente per tutti.
Ed è proprio
questa messa in discussione della storia della République che sembra
indurre Beaud e Noiriel a una reazione di difesa a spada tratta di un
nazionalismo “di classe” che sarebbe minacciato da chi esalterebbe la pluralità
di identità in nome dell’antirazzismo, del femminismo, ecc…ecc.
I due autori
sono infatti ferreamente ancorati al ricordo dell’«écolelaique et repubblicaine»
che secondo loro era uno straordinario crogiolo d’integrazione. Ignorano
bellamente che, se parte lo era, di fatto questa scuola praticava spesso un
assimilazionismo accompagnato dal rigetto di chi non si assimilava. Questo era
per esempio il caso dei figli di italiani ancora negli anni ‘60 perché a casa
non c’era nessuno che sapesse leggere e parlare in francese e avesse tempo di
aiutare i bambini e la scuola era selettiva e discriminatoria[6]. Così
il tasso di abbandono scolastico da parte dei figli di italiani fu molto alto
(molto più alto di quello dei figli di magrebini) e i genitori li
incoraggiavano a imparare nella pratica un buon mestiere che -come poi avvenne-
avrebbe loro assicurato un’ottima riuscita economica e sociale, migliore di
quella degli impiegati d’ufficio. Ma Beaud e Noiriel sono nostalgici del
periodo in cui il movimento operaio era forte e funzionava come un potente
crogiolo d’integrazione. Ciò in parte è vero ma questi due autori ignorano che
anche lì era forte il meccanismo assimilazionista articolato con il rigetto o
la marginalizzazione di chi non si assimilava. Certo,gran parte dei
sindacalisti della CGT (la CGIL francese) e quadri del PCF (Partito Comunista)
erano ex-immigrati italiani, spagnoli, ebrei polacchi, ma solo quelli che si
erano francesizzati in tutto e per tutto e avevano rotto con le origini (si
facevano chiamare con nomi francesizzati e guai a parlare in italiano con altri
delle loro stesse origini). La concorrenza fra lo sciovinismo gaullista e
quello dei cocos (comunisti francesi) era forte e le specificità
culturali erano bandite. E non è casuale che in questo assimilazionismo non ci
fosse spazio per i magrebini e per gli africani che se ne stavano in disparte, silenti
e “abbozzando” soddisfazione per timore di essere altrimenti trattati come
nemici. Ci sarebbe allora da chiedere ai due autori di occuparsi piuttosto di
capire il perché oggi la quasi maggioranza dei francesi “doc” iscritti alla CGT
vota Le Pen. Ma loro non esitano a rispondere che è per reazione al dilagare
dell’islamismo e per colpa della turbolenza dei giovani delle banlieues. Ed
ecco allora la loro filippica contro l’«identitarismo» causa di tutti i mali
della Francia, causa dell’ascesa dell’islamismo. E qui altra clamorosa lacuna
cognitiva dei due: non si rendono conto che se le rivolte delle banlieues si
riproducono e si intensificano è perché i giovani discendenti di immigrati
magrebini e africani si ribellano contro l’essere trattati come posterità
inopportuna[7], cioè di essere sempre il
bersaglio della brutalità della polizia, di essere sempre discriminati
nell’accesso al lavoro già in base ai loro nomi e cognomi prima di vederne la
faccia, di essere additati ovunque come indesiderabili. Beaud e Noiriel sanno
che a questi giovani si offre solo lavoretti al nero oppure piccole attività
illecite quali la ricettazione di merci rubate e lo spaccio di droghe. E sanno
che una minoranza di loro finisce nella disperazione cioè nella morte per
overdose o nella fagocitazione da parte del terrorismo pseudo-islamista. Ma i
due autori anziché capire che questo è il risultato del trionfo del liberismo
che ha reso obsoleta e inutile la vecchia immigrazione e inopportuna la sua
posterità (compresi i luoghi creati per incastrarvela e farla riprodurre, cioè
le banlieues) attaccano chi oggi invece capisce la dinamica della
proliferazione di diverse ragioni di agire politico collettivo. In realtà i due
autori sembrano tanto chiusi nel loro schema nazionalista-integrazionista da
non comprendere che l'intersezionalità sottolinea precisamente il
fatto che le persone possono appartenere a diverse figure sociali (operai, partite-IVA
che mascherano lavoro dipendente, neri, asiatici, ispanici, donne, LGBT,
pensionati, gilet gialli, ebrei, musulmani etc.) ma se sono dei dominati tutte
queste differenziazioni tendono a convergere contro i dominanti .
L'incomprensione di questo aspetto è in parte corrente anche fra chi sostiene
l’intersezionalità perché non tiene conto delle conseguenze del trionfo del liberismo
(che è destrutturazione, dispersione, segmentazione dei dominati ... basti
vedere che in una impresa come i lavoratori sono atomizzati: ognuno ha un
contratto differente da quello degli altri, oltre che a essere spesso di ditte
subappaltatrici o cooperative diverse).
Allora la vera questione è capire come costruire ex novo l'unità dei dominati nel contesto della immensa asimmetria di saperi, potere e forze tra dominanti e dominati e una super potente distrazione di massa (in particolare via social network). È quindi veramente desolante leggere come Beaud e Noiriel si ancorano a un paradigma che per giunta interpretano in maniera nazionalista e sciovinista (quasi come i vecchi cocos un pò stalinisti).
Ma ben al di là della assai imbarazzante vicenda di Beaud e Noiriel, la questione in gioco riguarda la congiuntura politica sia in Francia che negli Stati Uniti e in parte il Regno Unito, paesi segnati dal conflitto fra nazionalismo o suprematismo contro antirazzismo-antifascismo-femminismo-multiculturalità. Un conflitto che come ben sappiamo riguarda in particolare tutta l’Europa più che mai rinchiusa nella sua fortificazione assicurata da militari e polizie pronte a massacrare i migranti come sta avvenendo fra Croazia e Bosnia, in Grecia e un pò in tutte le frontiere europee. Di fatto i dominanti sembrano aver optato per la tanato politica (il lasciar morire) anziché per la biopolitica del passato (il lasciar vivere per meglio sfruttare).
[1]Un titolo che ricorderà ai più anziani una delle accuse abituali che i vecchi sindacalisti stalinisti rivolgevano ai militanti del movimento studentesco e a quelli dei gruppi detti extra-parlamentari oltre che alle femministe negli anni ’68-78; https://www.monde-diplomatique.fr/2021/01/BEAUD/62661
[2]https://blogs.mediapart.fr/les-invites-de-mediapart/blog/030720/pour-une-republique-francaise-antiraciste-et-decolonialisee
[3]https://www.marianne.net/agora/tribunes-libres/la-racialisation-de-la-question-sociale-est-une-impasse
[4]http://effimera.org/terrorismo-islamista-e-radicalizzazione-speculare-degli-integralismi-di-salvatore-palidda/
[5] Fra i primi
firmatari dell’appello di Médiapart figurano noti intellettuali della sinistra
francese fra i quali Balibar, Gèze, Gresch, Vidal, Le CourGrandmaison, Pierre Audin,
Eric Fassin ecc.
[6] Vedi
pubblicazioni di Maurizio Catani : https://www.asei.eu/it/2020/09/catani-antropologo-etnografo-dellemigrazione-immigrazione-con-annotazioni-su-similitudini-e-differenze-rispetto-a-sayad/ e Mobilità
umane, Cortina 2008
[7] Vedi “Posterità
inopportuna” in Mobilità umane, p.146 e segg.; questo “concetto” si rifà
a una relazione di A. Sayad al seminario da me organizzato all’IUE nel 1992 in
cui a sua volta riprendeva la sua tesi sui “figli illegittimi” (della Francia)-
vedi Sayad, La doppia assenza, Cortina 2002