\ Perché
la ripresa economica è durata lo spirare d’un giorno? Questa dannata crisi è
dunque destinata a durare per sempre? Speriamo
che la recessione non esploda, perché se così fosse ci troveremmo a perdere quel poco che siamo
riusciti a mantenere in questi anni
E
dire che lo scorso anno (2017) sembrava proprio che la crisi fosse ormai alle
spalle, che finalmente si potesse riprendere a credere in una crescita magari
lenta ma duratura e un po’ meno squilibrata sotto il profilo della
distribuzione dei redditi, con tassi di occupazione e salari in crescita. E
invece eccoci giunti alla fine di questo 2018 con la prospettiva di una
recessione o, più discretamente, di un “rallentamento della crescita” (slowdown growth) in Europa, Giappone,
Asia e, ahimè, anche in Cina. Unica eccezione gli Stati Uniti, che a detta
degli analisti dovrebbero crescere ancora per un po’ (si parla fino al 2020)
sull’onda degli stimoli fiscali voluti da Trump.
Perché
la ripresa economica è durata lo spirare d’un giorno? Questa dannata crisi è
dunque destinata a durare per sempre? La
crisi durerà fino a quando le disuguaglianze rimarranno quello che sono, cioè
decisamente eccessive, tali da deprimere la crescita economica perché, con la concentrazione della ricchezza in poche
mani, non si fa altro che deprimere la domanda, il consumo di beni e servizi.
Se gli investimenti non sono ripartiti come si prospettava è proprio perché le
aspettative relative alla domanda sono rimaste ferme al palo. Sì, certo,
l’occupazione è crescita, anche di molto, ma è una cattiva occupazione, fatta
di lavori precari e a bassa remunerazione.
Inoltre,
questa crisi durerà fino a quando le banche centrali, a cominciare dalla
Riserva federale statunitense, non cambieranno le loro politiche monetarie e i
modelli che le sottendono. Le politiche monetarie ultra espansive di questi
anni di crisi, con gli acquisti eccezionali di Buoni del Tesoro e con tassi
d’interesse nulli o negativi, più che altro hanno contribuito ad inflazionare i
mercati borsistici, aggravando in tal modo le disuguaglianze e i suoi effetti
politici, cioè il populismo. Sì, certo, queste politiche monetarie hanno
permesso di evitare la depressione economica, ma solo grazie ad un aumento
considerevole dei debiti pubblici e privati (questo mix si chiama “stagnazione
secolare”). Ora che le banche centrali hanno deciso di perseguire politiche
monetarie restrittive perché i loro brillanti modelli econometrici prevedono
aumenti d’inflazione, quando invece l’inflazione non rappresenta in alcun modo
un pericolo, ecco che tutto riprende a traballare, a cominciare dai paesi
emergenti fortemente indebitati. Con l’aggravante che ora le banche centrali
non hanno più le munizione necessarie per far fronte ad una nuova crisi.
Speriamo,
sì speriamo che la recessione non esploda, perché se così fosse ci troveremmo a
perdere quel poco che siamo riusciti a mantenere in questi anni, ma in un clima
di deglobalizzazione e di sovranismo che, per definizione, non prevede la
cooperazione fra nazioni, ma solo il mors
tua vita mea.