Il centro di Perugia deve presentarsi al pubblico come
luogo pacificato, protetto da ogni espressione di conflitto sociale. La difesa
degli spazi del consumo è dunque momento cruciale di un’idea di ordine pubblico
e si salda con l’espulsione dal centro urbano della lotta contro il
patriarcato, che è sempre più chiaramente lotta contro un ordine sociale e
economico, quello dettato dal capitalismo
Compro un paio di calze in un
negozio di corso Vannucci a Perugia, un negozio di una nota catena nazionale.
Mi danno una busta con sopra una campagna sociale promossa dalla polizia di
stato. È bella, devo ammettere. Reca un volto di donna appena abbozzato con
un’inequivocabile ombra, un livido, sullo zigomo. Accanto pezzi di frasi che
scandiscono i momenti topici della violenza maschile e domestica contro le
donne: se pretende sesso e amore quando tu non vuoi, se ti umilia, se minaccia
la tua libertà anche economica, se ti fa del male fisico, se… Alla fine in
rosso e in grande il cuore del messaggio: questo non è amore. Sono sorpresa. La
violenza del patriarcato denunciata in una comunicazione della polizia di stato
stampata su uno shopper. Curiosa combinazione di mondi che normalmente non si
incontrano… Il mix è quanto meno inedito.
Ma è qualcos’altro, qualcosa di più
forte e personale a colpirmi. È il contrasto col modo in cui questi stessi
elementi si ricombinano in una vicenda consumatasi qualche tempo fa in quello
stesso tratto di Corso Vannucci. È qui che in un pomeriggio del 2014 un gruppo
di compagne si mobilita contro la violenza patriarcale evocata da una
manifestazione delle sentinelle in piedi convocata per contrastare la c.d.
ideologia gender. Alcune di loro saranno denunciate per manifestazione non
autorizzata, disturbo alla quiete pubblica e oltraggio. L’epilogo giudiziario è
la condanna di Roberta e Michela per oltraggio nei confronti delle forze
dell’ordine a tre e due mesi di reclusione. Ecco che le cose tornano al loro
posto. Al loro solito posto.
Si dirà che il diritto è diritto,
che ha le sue ragioni, i suoi percorsi, le sue strettoie. Che la ricostruzione
dei fatti – che Roberta e Michela fermamente contestano – ha portato un giudice
ad emettere una sentenza che prescinde dai contenuti della loro protesta.
Non siamo così ingenue da non sapere
che l’esercizio della discrezionalità di un giudice si iscrive in un contesto
sociale definito e che sono molteplici i fattori che ne determinano
l’espressione.
Non possiamo ignorare lo scenario in
cui i fatti avvengono, lo stesso in cui viene venduto quello shopper. Il centro
storico di Perugia, Corso Vannucci in particolare, è ormai un centro
commerciale a cielo aperto. Come tale deve essere preservato come luogo sicuro
e rassicurante per il cittadino consumatore. A qualcuno evidentemente le
sentinelle in piedi – a dispetto del loro aspetto inquietante e del messaggio
spaventoso che veicolano – sono apparse più rassicuranti e più adeguate ad un
luogo di consumo delle militanti femministe e delle soggettività frocie che
inscenano una pacifica contromanifestazione con pericolosi ombrellini rossi e
lo scambio di qualche bacio in pubblico: presenza disgustosa e intollerabile il
sabato pomeriggio, momento sacro dello shopping. La condanna di Roberta e
Michela è dunque una lezione per tutte. Il centro di Perugia deve presentarsi
al pubblico come luogo pacificato, protetto da ogni espressione di conflitto
sociale. E ancora prima schermato dalla presenza di soggettività trasgressive,
dalla loro stessa estetica, di per sé conflittuale e minacciosa.
La difesa degli spazi del consumo è
dunque momento cruciale di un’idea di ordine pubblico e si salda con l’espulsione
dal centro urbano della lotta contro il patriarcato, che è sempre più
chiaramente lotta contro un ordine sociale e economico, quello dettato dal
capitalismo. E che pretende di non rimanere confinata ad un’immagine stampata
su una busta di Calzedonia.
Non possiamo
certo sganciare la fragilità delle accuse, l’abnormità della condanna, dal
clima di criminalizzazione che intende produrre rispetto alla libera
espressione del dissenso. E poco importa che la sentenza possa spiegarsi come
il maldestro tentativo di rimediare al solito “much ado for nothing”,
all’ennesimo futile e ingiustificato dispiegamento dell’apparato repressivo
dello stato nel cuore di una sin troppo tranquilla provincia italiana.
Non possiamo soprattutto ignorare che il dissenso che essa colpisce è quello
che si esprime contro il tentativo di restaurare l’ordine patriarcale, con
tutto il suo portato di violenza, attraverso l’affermazione di una idea
eteronormativa e gerarchica di famiglia, nuovamente consegnata alla signoria
della soggettività maschile e bianca, al predominio del maschio alfa che spazza
via le soggettività diverse, alla
riesumazione del marito breadwinner che
recupera autorità e pieno controllo sulla ricchezza familiare in nome di una
bigenitorialità che diventa strumento di violenza economica legalizzata (Pillon
docet).
Non possiamo e non dobbiamo
ignorarlo per la centralità che la mobilitazione femminista, lo stato di
agitazione permanente che ha proclamato, hanno assunto nell’odierno scenario
politico, nel nostro paese e nel mondo. Come bene mettono in chiaro le
rivendicazioni del movimento femminista globale, la lotta contro il patriarcato
è lotta per la libertà e migliori condizioni materiali di vita per tutte e
tutti.
Per questo quanto è andato in scena
nel centro di Perugia ci riguarda tutte/i. Per questo è importante gridare
forte la nostra solidarietà a Roberta e Michela.
HANNO
SCRITTO AL COLLETTIVO EURONOMADE
PER ESPRIMERE LA LORO SOLIDARIETÀ ALLE
COMPAGNE:
Tiziana Terranova
Maria Rosa Marella
Giovanna Ferrara
Alisa Del Re
Francesco Festa
Sandro Mezzadra
Nicolas Martino
Miguel Mellino
Girolamo De Michele
Roberto Ciccarelli
Augusto Illuminati, redazione dinamopress
Ludovica Fales, documentarista
Marco Spagnuolo
Giacomo Pisani
Gaetano Grasso
Omid Firouzi Tabar
Michele Spanò
Benedetto Vecchi
Chiara Giorgi
Ubaldo Fadini
Cristina Roncari
Saverio Ansaldi
Toni Negri
Adalgiso Amendola
Federico Tomasello
Alberto De Nicola
Toni Casano, giornalista pubblicista
Saro Romeo
Corrado Borsa
Luca Nivarra
Ugo Mattei
Carlo Vercellone
Pantxo Ramas
Francesco Festa
Chiara Colasurdo
Nino Fabrizio
Giuseppe Allegri
Martina Tazzioli
Orazio Irrera
Marco Assennato
Francesco Negri
Enzo Carbone
Filippo Del Lucchese
Gabriele Proglio
Emanuele Braga
Costanza Margiotta
Maddalena Fragnito
Moira Bernardoni
Maria Rosa Marella
Giovanna Ferrara
Alisa Del Re
Francesco Festa
Sandro Mezzadra
Nicolas Martino
Miguel Mellino
Girolamo De Michele
Roberto Ciccarelli
Augusto Illuminati, redazione dinamopress
Ludovica Fales, documentarista
Marco Spagnuolo
Giacomo Pisani
Gaetano Grasso
Omid Firouzi Tabar
Michele Spanò
Benedetto Vecchi
Chiara Giorgi
Ubaldo Fadini
Cristina Roncari
Saverio Ansaldi
Toni Negri
Adalgiso Amendola
Federico Tomasello
Alberto De Nicola
Toni Casano, giornalista pubblicista
Saro Romeo
Corrado Borsa
Luca Nivarra
Ugo Mattei
Carlo Vercellone
Pantxo Ramas
Francesco Festa
Chiara Colasurdo
Nino Fabrizio
Giuseppe Allegri
Martina Tazzioli
Orazio Irrera
Marco Assennato
Francesco Negri
Enzo Carbone
Filippo Del Lucchese
Gabriele Proglio
Emanuele Braga
Costanza Margiotta
Maddalena Fragnito
Moira Bernardoni