"Sistema Torino" in piazza- Manifestazione per nulla civica dominata dal
blocco di partiti che hanno governato il Piemonte e l’Italia degli ultimi
decenni: Pd, Forza Italia, Lega \ Laboratorio No Tav- Lotta sociale e snodo cruciale costituente di
istituzioni possibile oltre lo spazio di rappresentanza della sinistra parlamentare (e mediatica)
Come stanno le cose sul Tav lo sa benissimo chi, oltre a difenderla, la
poca stampa libera la legge anche. Una grande opera la cui necessità è
“smentita dai fatti”, per citare le parole del
commissario dell’Osservatorio sul Tav (che non è una istituzione terza, ma
un’emanazione dell’opera). Un’opera fuori tempo, che serve solo a chi la
costruisce. Un’opera insostenibile sul piano ambientale, e su quello
democratico. Un’opera che ha condotto lo Stato a imporre una sorta di stato
d’assedio su una parte del proprio territorio (la Val di Susa) sollevando una
gigantesca questione democratica in cui tutti i nodi sono venuti al pettine:
dall’arretramento di un sindacato incapace di vedere il nesso tra il lavoro e i
diritti della persona, ai drammatici limiti della libertà di espressione (il
caso Erri De Luca, la condanna per le tesi di laurea ‘no Tav’). Un importante
libro di Wu Ming 1 (Un viaggio che non promettiamo breve. Venticinque anni di lotte
No Tav, Einaudi 2016) ha spiegato come la battaglia No Tav sia diventata una
dei cruciali laboratori per qualunque sinistra possibile in un’Italia di fatto
senza sinistra parlamentare.
Ora, è su questo punto
che il discorso pubblico sulla manifestazione torinese di sabato scorso ha
consumato l’ultima, simbolica, svolta. Mostrando in modo davvero definitivo che
un importante blocco di opinione (quello, per intendersi, che si riconosce
nelle posizioni di Repubblica) non intende superare, archiviare, criticare
davvero le scelte strategiche della lunga stagione del centrosinistra. Una
lunga stagione suicida.
Straordinariamente
esplicito Ezio Mauro: per il quale il “papa straniero” capace di risollevare la
sinistra potrebbe arrivare proprio dalla piazza delle madamine torinesi. Una
piazza per nulla civica, e invece dominata dal blocco di partiti che hanno
governato il Piemonte e l’Italia degli ultimi decenni: Pd, Forza Italia, Lega.
Il sistema, e in particolare il Sistema Torino: come certifica il sostegno militante
del giornale della Fiat. Una piazza autoselezionatasi non attraverso una
conoscenza del Tav (come dichiarato candidamente da una delle promotrici), ma
invece per censo e in base alle convenienze professionali. Una piazza di
destra, come ha spiegato in modo cristallino Angelo D’Orsi per MicroMega. Una
piazza che ha avuto dunque almeno il merito di riportare in superficie il
conflitto sociale: quello eterno, tra i pochi ricchi e i molti poveri. L’idea
che in questo conflitto la sinistra debba schierarsi è sacrosanto: che debba
farlo dalla parte della destra è allucinante. Ma non sorprendente. Perché si
possono dare due spiegazioni opposte del declino della sinistra. La prima è
che, dopo il 1989, la sinistra europea (e quella italiana) si sia convinta di
avere torto, e si sia genuflessa prima di fronte al trono del mercato poi
all’idolo della sicurezza dei “salvati”, abbandonando i sommersi. E che dunque
la sinistra perda perché è diventata troppo simile alla destra: che alla fine
viene comunque preferita, perché più credibile.
La seconda, opposta,
lettura è che la sinistra perda perché troppo di sinistra: poco moderna, poco
sviluppista.
Per la prima lettura
la sinistra è stata troppo di sistema, ha detto troppi sì: per la seconda è
stata troppo antisistema, ha detto troppi no. La mia spiegazione è la prima:
mentre con ogni evidenza Mauro sposa la seconda. Dunque per lui un papa venuto
da quella piazza sarebbe straniero: mentre a me parrebbe fin troppo interno
alle logiche che hanno distrutto la sinistra italiana. Mauro è in ottima
compagnia: da Prodi a Veltroni, da Renzi a Mario Calabresi. Il quale,
nell’editoriale di insediamento al posto di Mauro, scrisse ciò che Renzi aveva
scritto (iddio lo perdoni) in una prefazione a un celebre saggio di Bobbio su destra
e sinistra, e cioè che “la nostra società, senza aspettare la politica e
dividendosi più sull’asse tra conservatorismo e innovazione che su quello
destra-sinistra, ha aggiornato la sua agenda”.
Il paradosso è che il
Tav non è certo innovazione, ma semmai retroguardia ideologica ed economica,
oltre che conservazione dei privilegi di una casta parassitaria. Ed è ancora
più paradossale che mentre il Movimento 5 Stelle tradisce platealmente le
ragioni dell’ambientalismo e della democrazia (clamorosa, su entrambi i piani,
la vicenda parlamentare del condono di Ischia), i suoi più fieri oppositori
disegnino per la sinistra un futuro identico al passato, e dunque del tutto
incapace di riscossa.
Mauro scrive che la piazza di Torino si è opposta a una visione “pauperista”:
una parola finora usata, in questo senso, da Silvio Berlusconi. In un’Italia
con 18 milioni di cittadini sulla soglia di povertà una sinistra che riparta
dalla piazza dei ricchi e dalle grandi opere inutili non solo non è una
sinistra: è anche morta.
fonte: emergenzacultura.org/2018/11/15