martedì 13 novembre 2018

thalassa\ LIBIA TRE RAGIONI DEL FALLIMENTO -Fulvio Vassallo Paleologo- conferenza di Palermo inconcludente


La ripartizione delle zone di soccorso non può costituire un alibi per eludere, come ha fatto il governo italiano a partire dal mese di giugno di quest’anno. l’obbligo assoluto di salvaguardare la vita in mare e di fornire nel modo più sollecito un porto sicuro di sbarco

Le convulse fasi preparatorie della Conferenza di Palermo sulla Libia, con un viaggio “fantasma” del premer Conte dal generale Haftar a Bengasi, rischiano di nascondere le ragioni profonde di un fallimento annunciato da tempo, non solo per le defezioni dei principali leader mondiali che erano stati invitati con una operazione propagandistica in grande stile, ma soprattutto per le posizioni assunte, non solo in materia di immigrazione, dal governo Salvini-Di Maio.

Un governo che si avvale della figura del Presidente del Consiglio Conte per le “foto di famiglia”, ma che in politica estera, malgrado gli sforzi della Farnesina, e di Moavero, risulta sempre più caratterizzato dall’estremismo isolazionista della Lega e del suo vicepresidente del consiglio. Che si avvale del ruolo di ministro dell’interno per perseguire evidenti fini elettorali, in vista delle prossime elezioni europee e forse di nuove elezioni politiche nazionali.
Tre sono le ragioni principali dell’esito inconcludente che si verificherà dopo la chiusura della Conferenza di Palermo, di fatto limitata ad un incontro di mezza giornata, con solo  due ore di discussione plenaria, ed una agenda di lavori che rimane ancora oscura, come i nomi ed i ruoli dei partecipanti. Poco importa a questo punto se Haftar, il principale attore dello scenario militare libico, arriverà a Palermo, o rifiuterà l’incontro lungamente sollecitato dal governo italiano. Secondo quanto riferito da alcuni media vicini al generale sembra che la motivazione formale del suo rifiuto, o il pretesto per alzare il prezzo della sua partecipazione alla Conferenza di Palermo, fosse costituito dalla partecipazione di alcune parti non gradite ad Haftar, in particolare rappresentanti del Qatar, dove Salvini era andato in una recente visita, e di una fazione libica che sarebbe legata ad Al Qaeda. secondo le ultime notizie, di fatto, sembra che si stia preparando una “conferenza ombra”, a margine dei lavori della Conferenza ufficiale, in modo da escludere importanti componenti libiche… Sempre che, alla fine del suk, Haftar arrivi a Palermo. Questo secondo la stampa locale, mentre i grandi media nazionali brancolano nel buio.
“Khalifa Haftar non parteciperà alla Conferenza sulla Libia di Palermo ma arriverà comunque in Sicilia per prendere parte ad un summit a margine dell’evento con i presidenti di Egitto, Tunisia, Ciad, Niger e con i premier italiano, Giuseppe Conte, e russo, Dmitri Medvedev”
Già negli anni passati altri tentativi di “avvicinamento” ad Haftar erano falliti. L’Italia era troppo sbilanciata nel sostegno a Serraj ed alla Guardia costiera di Tripoli, che di fatto coordinava con l’operazione Nauras, mentre imponeva alle ONG un codice di condotta che le subordinava alle motovedette tripoline. Sulle presunte violazioni di questo codice si sono imbastiti procedimenti penali contro operatori umanitari. Non sono mai stati chiariti però i destinatari finali dei finanziamenti elargiti dall’Unione europea tramite il governo italiano alle milizie libiche incaricate di arrestare le partenze dei migranti. La politica estera italiana in Libia veniva affidata all’ENI ed all’ambasciata italiana a Tripoli, con un ruolo sempre più controverso dell’ambasciatore Perrone. Ed oggi in Libia, nella capitale, nell’ambasciata italiana manca ancora l’ambasciatore, proprio mentre l’Italia organizza una Conferenza internazionale per la risoluzione della crisi libica.
L’assenza dell’uomo forte di Bengasi alla Conferenza di Palermo potrebbe solo rendere più evidente le ragioni di un fallimento che la propaganda governativa è già pronta a spacciare come un successo italiano. Come dimostra l’iniziativa fissata da Macron a Parigi in materia di difesa comune europea, proprio lunedì 12 novembre, non sono certo Francia e Germania ad essere isolati, ma è proprio il governo giallo-verde che è stato abbandonato dall’asse franco-tedesco ed anche dagli alleati sovranisti ai quali si era rivolto con maggiore insistenza. Quei partiti populisti che governano in Europa e che Salvini vorrebbe come alleati alle prossime elezioni  europee. Sul populismo che dilaga in Europa, alimentato dalla paura delle migrazioni, si misura il fallimento delle politiche dell’Unione Europea in rapporto ai paesi terzi come la Libia.
La Conferenza fallisce innanzitutto, quale che sia la partecipazione più volte annunciata e poi smentita dell’uomo forte della Cirenaica, il generale Haftar, perché le politiche del governo “del cambiamento” a trazione leghista hanno determinato una frattura insanabile con la maggior parte dei paesi europei. A partire dalla decisione di chiudere i porti alle navi che avevano effettuato soccorsi sulla rotta del Mediterraneo centrale, come arma di ricatto verso l’Unione Europea per ottenere l’immediato trasferimento dei naufraghi verso altri paesi europei. Gli attuali governanti italiani non hanno neppure contribuito agli sforzi del Parlamento europeo per modificare il Regolamento Dublino III, ed hanno dichiarato alleanze con quei paesi che, come l’Austria di Kurz e l’Ungheria di Orban sono i più strenui avversari di qualsiasi ipotesi di condivisione degli oneri e di redistribuzione dei migranti che arrivano dall’Africa in Grecia, in Italia, in Spagna ed a Malta.
In secondo luogo, l’Italia ha dimostrato ampiamente, a partire dalla lotta senza quartiere alle Organizzazioni non governative ed al diritto internazionale, di non rispettare gli obblighi di soccorso imposti in acque internazionali non solo ai singoli stati titolari delle rispettive zone SAR ( di ricerca e salvataggio), ma a tutti gli stati titolari di aree limitrofe, quando il paese responsabile non è nelle condizioni di intervenire o non vuole rispondere alle chiamate di soccorso. Una politica della deterrenza dei soccorsi fomentata da quella stessa destra che si dichiara, come Gasparri, sempre più critica nei confronti della politica estera del governo, dopo averne anticipato e sollecitato le misure più estreme, anche sul piano giudiziario, nelle attività di contrasto dell’immigrazione cd. ”illegale”, unico canale di fuga dalla Libia. Una politica che ha visto anche la maggioranza del partito democratico complice con la guardia costiera libica  nella negazione del diritto al salvataggio ed all’accoglienza in un porto sicuro. In totale spregio del diritto alla vita e del divieto di trattamenti inumani o degradanti che continuano ad essere inflitti ai migranti intrappolati in Libia. Con la spinta italiana per la creazione di una zona SAR con coordinamento libico, a patire dal 28 giugno di quest’anno, si sono elusi i divieti di respingimento affermati dall’art.33 della Convenzione di Ginevra e dall’art.19 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea. Proprio alla vigilia del vertice la Reuters ha dato conferma di una situazione disperata a Misurata dove ha fatto ingresso in porto, sotto cordinamento SAR della guardia costiera libica, un cargo con decine di naufraghi soccorsi in acque internazionali, persone, esseri umani, che davanti alla prospettive di finire un’altra volta nelle mani delle milizie libiche si stanno rifiutando di sbarcare. Stanno rischiando la loro vita. Proprio nelle ore in cui si discute di pacificazione della Libia, si stanno preparando altri abusi ai danni di migranti soccorsi pochi giorni fa in alto mare (acque internazionali) ma che non sono stati condotti in un porto sicuro (place of safety), come sarebbe imposto a tutti gli stati dalle Convenzioni internazionali.

da “Le ragioni del fallimento della Conferenza di Palermo sulla Libia” [lettura integrale A-dif.org]