La ripartizione delle zone di soccorso non può costituire un alibi per
eludere, come ha fatto il governo italiano a partire dal mese di giugno di
quest’anno. l’obbligo assoluto di salvaguardare la vita in mare e di fornire
nel modo più sollecito un porto sicuro di sbarco
Le convulse fasi preparatorie della Conferenza di Palermo sulla Libia, con un viaggio “fantasma” del premer Conte dal generale Haftar a Bengasi, rischiano di nascondere le ragioni profonde di un fallimento annunciato da tempo, non solo per le defezioni dei principali leader mondiali che erano stati invitati con una operazione propagandistica in grande stile, ma soprattutto per le posizioni assunte, non solo in materia di immigrazione, dal governo Salvini-Di Maio.
Un governo che si avvale della figura del Presidente del Consiglio Conte per le “foto di famiglia”, ma che in politica estera, malgrado gli sforzi della Farnesina, e di Moavero, risulta sempre più caratterizzato dall’estremismo isolazionista della Lega e del suo vicepresidente del consiglio. Che si avvale del ruolo di ministro dell’interno per perseguire evidenti fini elettorali, in vista delle prossime elezioni europee e forse di nuove elezioni politiche nazionali.
Tre sono le ragioni principali dell’esito
inconcludente che si verificherà dopo la chiusura della Conferenza di Palermo,
di fatto limitata ad un incontro di mezza giornata, con solo due ore di discussione plenaria, ed una agenda
di lavori che rimane ancora oscura, come i nomi ed i ruoli dei partecipanti.
Poco importa a questo punto se Haftar, il principale attore dello scenario
militare libico, arriverà a Palermo, o rifiuterà l’incontro lungamente
sollecitato dal governo italiano. Secondo quanto riferito da alcuni media
vicini al generale sembra che la motivazione formale del suo rifiuto, o il
pretesto per alzare il prezzo della sua partecipazione alla Conferenza di
Palermo, fosse costituito dalla partecipazione di alcune parti non gradite ad
Haftar, in particolare rappresentanti del Qatar, dove Salvini era andato in una
recente visita, e di una fazione libica che sarebbe legata ad Al Qaeda. secondo
le ultime notizie, di fatto, sembra che si stia preparando una “conferenza
ombra”, a margine dei lavori della Conferenza ufficiale, in modo da escludere
importanti componenti libiche… Sempre che, alla fine del suk, Haftar arrivi a
Palermo. Questo secondo la stampa locale, mentre i grandi media nazionali
brancolano nel buio.
“Khalifa Haftar non parteciperà alla
Conferenza sulla Libia di Palermo ma arriverà comunque in Sicilia per prendere
parte ad un summit a margine dell’evento con i presidenti di Egitto, Tunisia,
Ciad, Niger e con i premier italiano, Giuseppe Conte, e russo, Dmitri Medvedev”
Già negli anni passati altri tentativi di
“avvicinamento” ad Haftar erano falliti. L’Italia era troppo sbilanciata nel
sostegno a Serraj ed alla Guardia costiera di Tripoli, che di fatto coordinava
con l’operazione Nauras, mentre imponeva alle ONG un codice di condotta che le
subordinava alle motovedette tripoline. Sulle presunte violazioni di questo
codice si sono imbastiti procedimenti penali contro operatori umanitari. Non
sono mai stati chiariti però i destinatari finali dei finanziamenti elargiti
dall’Unione europea tramite il governo italiano alle milizie libiche incaricate
di arrestare le partenze dei migranti. La politica estera italiana in Libia
veniva affidata all’ENI ed all’ambasciata italiana a Tripoli, con un ruolo
sempre più controverso dell’ambasciatore Perrone. Ed oggi in Libia, nella
capitale, nell’ambasciata italiana manca ancora l’ambasciatore, proprio mentre
l’Italia organizza una Conferenza internazionale per la risoluzione della crisi
libica.
L’assenza dell’uomo forte di Bengasi alla
Conferenza di Palermo potrebbe solo rendere più evidente le ragioni di un
fallimento che la propaganda governativa è già pronta a spacciare come un
successo italiano. Come dimostra l’iniziativa fissata da Macron a Parigi in
materia di difesa comune europea, proprio lunedì 12 novembre, non sono certo
Francia e Germania ad essere isolati, ma è proprio il governo giallo-verde che
è stato abbandonato dall’asse franco-tedesco ed anche dagli alleati sovranisti
ai quali si era rivolto con maggiore insistenza. Quei partiti populisti che
governano in Europa e che Salvini vorrebbe come alleati alle prossime
elezioni europee. Sul populismo che
dilaga in Europa, alimentato dalla paura delle migrazioni, si misura il
fallimento delle politiche dell’Unione Europea in rapporto ai paesi terzi come
la Libia.
La Conferenza fallisce innanzitutto, quale
che sia la partecipazione più volte annunciata e poi smentita dell’uomo forte
della Cirenaica, il generale Haftar, perché le politiche del governo “del
cambiamento” a trazione leghista hanno determinato una frattura insanabile con
la maggior parte dei paesi europei. A partire dalla decisione di chiudere i
porti alle navi che avevano effettuato soccorsi sulla rotta del Mediterraneo
centrale, come arma di ricatto verso l’Unione Europea per ottenere l’immediato
trasferimento dei naufraghi verso altri paesi europei. Gli attuali governanti
italiani non hanno neppure contribuito agli sforzi del Parlamento europeo per
modificare il Regolamento Dublino III, ed hanno dichiarato alleanze con quei
paesi che, come l’Austria di Kurz e l’Ungheria di Orban sono i più strenui
avversari di qualsiasi ipotesi di condivisione degli oneri e di redistribuzione
dei migranti che arrivano dall’Africa in Grecia, in Italia, in Spagna ed a
Malta.
In secondo luogo, l’Italia ha dimostrato
ampiamente, a partire dalla lotta senza quartiere alle Organizzazioni non
governative ed al diritto internazionale, di non rispettare gli obblighi di
soccorso imposti in acque internazionali non solo ai singoli stati titolari
delle rispettive zone SAR ( di ricerca e salvataggio), ma a tutti gli stati
titolari di aree limitrofe, quando il paese responsabile non è nelle condizioni
di intervenire o non vuole rispondere alle chiamate di soccorso. Una politica
della deterrenza dei soccorsi fomentata da quella stessa destra che si
dichiara, come Gasparri, sempre più critica nei confronti della politica estera
del governo, dopo averne anticipato e sollecitato le misure più estreme, anche
sul piano giudiziario, nelle attività di contrasto dell’immigrazione cd. ”illegale”,
unico canale di fuga dalla Libia. Una politica che ha visto anche la
maggioranza del partito democratico complice con la guardia costiera
libica nella negazione del diritto al
salvataggio ed all’accoglienza in un porto sicuro. In totale spregio del
diritto alla vita e del divieto di trattamenti inumani o degradanti che
continuano ad essere inflitti ai migranti intrappolati in Libia. Con la spinta
italiana per la creazione di una zona SAR con coordinamento libico, a patire
dal 28 giugno di quest’anno, si sono elusi i divieti di respingimento affermati
dall’art.33 della Convenzione di Ginevra e dall’art.19 della Carta dei Diritti
fondamentali dell’Unione Europea. Proprio alla vigilia del vertice la Reuters
ha dato conferma di una situazione disperata a Misurata dove ha fatto ingresso
in porto, sotto cordinamento SAR della guardia costiera libica, un cargo con
decine di naufraghi soccorsi in acque internazionali, persone, esseri umani,
che davanti alla prospettive di finire un’altra volta nelle mani delle milizie
libiche si stanno rifiutando di sbarcare. Stanno rischiando la loro vita.
Proprio nelle ore in cui si discute di pacificazione della Libia, si stanno
preparando altri abusi ai danni di migranti soccorsi pochi giorni fa in alto
mare (acque internazionali) ma che non sono stati condotti in un porto sicuro
(place of safety), come sarebbe imposto a tutti gli stati dalle Convenzioni
internazionali.
da “Le ragioni del fallimento della Conferenza di
Palermo sulla Libia” [lettura integrale A-dif.org]