sabato 17 agosto 2024

MISFATTI E COMPLICITÀ DIETRO I “SUCCESSI” ITALIANI NELLA “GESTIONE DEI FLUSSI MIGRATORI”

-Fulvio Vassallo Paleologo-

 Quali le cifre che snocciolerà il ministro Piantedosi ? 

Dopo gli accordi di esternalizzazione delle frontiere, adesso si sta tentando di esternalizzare persino il diritto di asilo, con una vera e propria finzione giuridica, con l’apertura in Albania di centri di accoglienza/detenzione sotto giurisdizione italiana. Alla fine si conta sempre più sul preteso effetto dissuasivo delle misure annunciate, che non sulla loro effettiva praticabilità. Nessun accordo con i paesi extra-UE che in Africa non rispettano i diritti umani, e nessun tentativo di esternalizzare il diritto di asilo in paesi terzi, come si sta tentando di fare in base al Protocollo Italia-Albania, fermerà le partenze che seguono dinamiche diverse da quelle imposte dalle politiche e dalle prassi di deterrenza del governo italiano_

1. A ridosso della tradizionale calura ferragostana di consueto il ministero dell’Interno traccia un bilancio della “gestione dei flussi migratori” e del controllo delle frontiere. Quest’anno, da settimane, vari rappresentanti del governo, a partire da Giorgia Meloni, esaltano i “successi” conseguiti nella riduzione degli arrivi via mare, sulla rotta del Mediterraneo centrale, ed i progressi fatti negli accordi di esternalizzazione con i paesi di transito, soprattutto Libia e Tunisia. Anche se in questi paesi la collaborazione con l’Italia sul fronte del “contrasto dell’immigrazione illegale” sta producendo un inasprimento dello scontro politico, in Tunisia, e militare in Libia, con la cancellazione dei diritti umani delle persone migranti e con un ulteriore capillare rafforzamento delle organizzazioni criminali che comunque riescono a sfruttare il “proibizionismo” delle migrazioni. Per non parlare delle vittime sempre più numerose in mare. Dall’inizio del 2024 fino al 6 luglio, sono stati 399 i morti e 487 i dispersi nella rotta del Mediterraneo centrale. secondo le stime dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim). Nel 2023, l’Oim aveva registrato 2.498 persone morte o disperse, mentre le vittime nel 2022 erano state 1.377. Per l’OIM, nello stesso intervallo di quest’anno, i migranti intercettati in mare e riportati in Libia sono stati 9.578, di cui 8.480 uomini, 641 donne, 321 minori e 136 persone per cui non sono disponibili dati di genere.

Di fronte a queste cifre, ed alle tragedie personali che rappresentano, quanto valgono i dati sui rimpatri con accompagnamento forzato che saranno diffusi dal Viminale?

I “successi” del governo italiano, vengono ricondotti, oltre che al calo degli arrivi, ad un aumento del numero delle persone straniere che vengono espulse e rimpatriate con accompagnamento forzato, non più di qualche centinaio, con la tara delle notizie distorte diffuse dai media vicini al governo, che confondono persino i rimpatri” volontari” dalla Tunisia e dalla Libia, verso i paesi di origine, con i rimpatri forzati eseguiti dal territorio italiano. Per non parlare dell‘attacco sistematico verso la magistratura che in materia di procedure di asilo applica la legge in base alle fonti gerarchiche stabilite dalla Costituzione (art.117) e risulta invisa per chi vorrebbe giudici proni agli indirizzi del governo.

Dall’inizio dell’anno al 10 giugno sono stati effettuati 2.242 rimpatri forzati, in aumento del 15 per cento rispetto ai 1.939 del corrispondente periodo dell’anno precedente. Davvero un successo eclatante, di fronte al fallimento dei meccanismi di ingresso legale attraverso i decreti flussi, e la riproduzione della clandestinità seguita al Decreto Cutro che limitava ulteriormente l’accesso al diritto di asilo o ad altre forme di protezione per tutti coloro che provenivano da paesi di origine “sicuri”. Ad oggi si stima che la presenza di immigrati privi di permesso di soggiorno, comunque presenti in Italia, sia di poco inferiore a mezzo milione. Quasi un decimo dell’intera popolazione immigrata.

Vedremo adesso le cifre che snocciolerà il ministro Piantedosi in occasione delle tradizionali comunicazioni di ferragosto. Ci auguriamo soltanto che l’attenzione si concentri sulle cifre reali, e sulle persone che queste rappresentano, e non sulle percentuali che, in assenza dei dati numerici, sono buone soltanto per fare propaganda. Come rimangono da provare le cifre fornite dal governo sulle persone respinte illegalmente dalla Libia e dalla Tunisia, che non corrispondono ai dati forniti da chi è presente su quei territori come le agenzie delle Nazioni Unite,

Nelle ultime settimane la sedicente Guardia costiera libica, e la Guardia costiera tunisina, dotate di mezzi forniti ed assistiti dall’Italia, hanno bloccato in acque internazionali migliaia di persone, riportandole a terra in condizioni di estrema vulnerabilità, esposte agli abusi delle forze di polizia ed al ricatto dei trafficanti, quando non sono state direttamente abbandonate ai confini desertici tra Tunisia e Libia. Secondo un rapporto dell’UNHCR dell’ OIM e del MMC (Mixe migration center), tra il 2020 e il 2023 le morti di migranti e rifugiati nel deserto sahariano sarebbero almeno il doppio rispetto a quelle che avvengono nel Mediterraneo. Dietro la prassi dei rimpatri volontari assistiti dalla Tunisia e dalla Libia, sostenuti anche dall’OIM si possono facilmente intuire le condizioni disumane dalle quali le persone cercano di fuggire, anche a costo di rinunciare alla loro fuga verso l’Europa. Ma queste vittime non rientrano nelle statistiche propinate dal Viminale. Si nascondono così veri e propri misfatti, come i respingimenti collettivi delegati ai libici ed ai tunisini, oltre alla futuribile attuazione del Protocollo Italia-Albania, ed una rete di complicità che legittima e supporta l’azione del governo italiano. Complicità che si estendono all’Unione europea, ed alle Nazioni Unite, ma che per il futuro non sono affatto scontate.

 

2. Sullo sfondo del fallimento del Piano Mattei per l’Africa, certificato dalla scarsa partecipazione e dagli esiti nulli del Forum Trans-Mediterraneo sulle Migrazioni (TMMF) di Tripoli, al quale erano presenti come leader europei soltanto la Meloni ed il premier maltese Abela, la situazione nel Corno d’Africa, nell’Africa subsahariana e nei paesi che si affacciano sulla sponda sud del Mediterraneo si sta deteriorando per effetto dello scontro in corso a livello globale, seguito alla guerra in Ucraina ed al genocidio in corso in Palestina. Si tratta di uno scontro caratterizzato da diversi conflitti regionali che, come nel caso del Sudan, stanno producendo centinaia di migliaia di profughi che i governanti europei ed italiani continuano ad ignorare, una situazione nella quale l’Italia, malgrado gli sforzi della sua diplomazia parallela legata ai commerci di idrocarburi ed armi, rimane sempre più emarginata.

Sembra che il principale obiettivo del Viminale, e dell’intero governo italiano, sia quello di impedire le partenze dalle coste africane. Chi oggi vanta di avere ridotto gli sbarchi del 60 per cento rispetto allo scorso anno, dunque di alcune decine di migliaia di persone, è direttamente artefice di una politica che produce una quantità senza precedenti di migranti forzati, che dall’Africa vedono soltanto in Europa, e dunque attraverso l’Italia, una possibilità di sopravvivenza. Prima o poi, riusciranno ad arivare sulle nostre coste, su questo non ci possono essere dubbi, al di là delle statistiche calcolate su singole rotte o per frazioni di anno.

I tentativi di coinvolgere personaggi a capo di regimi autoritari come Saied in Tunisia, Dbeibah e Haftar in Libia, ed addirittura Al Sisi in Egitto, per garantirsi quella collaborazione che si ritiene necessaria per potere spacciare al proprio elettorato i “successi” nella riduzione degli arrivi di “irregolari”, oltre a comportare la cancellazione del diritto di asilo, dietro la cortina fumogena della categoria dei “paesi sicuri”, ed una serie inarrestabile di naufragi e di abusi sulle persone intercettate in mare e riportate nei campi di detenzione in Libia e in Tunisia, dovrebbe preoccupare gli italiani più di altri cittadini europei. Perchè schiaccia sempre di più l’Italia su una dimensione politica “neocoloniale”, basata sullo scambio economico in rapporto al contrasto dell’immigrazione, e non solo di quella definita “illegale”, unico canale di ingresso per chi cerca protezione. Altro che Piano Mattei per l’Africa. Una posizione che in futuro potrebbe sancire una emarginazione completa del nostro paese rispetto ai nuovi rapporti di forza che si vanno configurando in Africa e nel cd. Mediterraneo “allargato”, comprendendo anche il vicino oriente. La questione migratoria ha una portata sovranazionale, anche al di fuori dei confini europei, e non potrà essere risolta dalle iniziative populiste e demagogiche, oltre che gravemente lesive dei diritti umani, di un paese come l’Italia che non ha neppure sottoscritto i Global Compact sui rifugiati e sui migranti approvati durante la Conferenza ONU di Marrakech del 10-11 dicembre 2018.

 

3. Dietro le cifre della riduzione degli arrivi, oltre ai fallimenti a livello internazionale, si celano abusi gravissimi che discendono direttamente dagli accordi di esternalizzazione dei controlli di frontiera che l’Italia ha stipulato nel corso degli anni con diversi paesi nordafricani, in particolare con la Libia e con la Tunisia. Che hanno bloccato con la violenza decine di migliaia di persone.

Questi abusi, che si ripetono fino ad oggi, consistono nel supporto alle guardie costiere di questi paesi nelle attività di intercettazione, anche violenta, in acque internazionali, effetto anche dell’allontanamento delle navi umanitarie delle ONG, per i fermi amministrativi dopo l’assegnazione di porti “vessatori” di sbarco, e poi in modo più nascosto nel supporto offerto a questi stessi paesi che non riconoscono il diritto di asilo, praticano forme disumane di detenzione, operano a loro volta respingimenti collettivi illegali, e rimangono caratterizzati da estese aree di connivenza tra milizie, organizzazioni criminali e rappresentanti di governo.

Sono i rapporti delle Nazioni Unite e dell’Unione europea che al riguardo forniscono prove inconfutabili, che però lasciano indifferenti governanti che non rispettano i diritti umani, pur di esibire al popolo degli elettori statistiche che proverebbero i successi delle loro politiche migratorie. L’Italia cerca persino canali privilegiati con il generale Haftar, alleato di russi ed egiziani, che è uno dei principali responsabili del caos libico, ed ha un figlio che, pure se destinatario di un «warning» di sorveglianza europeo per traffico di armi, che imporrebbe se non l’arresto, un controllo più dettagliato dei documenti e la segnalazione degli spostamenti. ha potuto tranquillamente circolare per il nostro paese, aprendo un caso diplomatico con la Spagna.

Ma ormai l’Italia, è diventata uno snodo del traffico d’armi nel Mediterraneo, malgrado la sua partecipazione alla missione europea Eunavfor-Med, ancora a guida italiana, che dovrebbe bloccare proprio i rifornimenti di armi alle fazioni libiche ancora in lotta tra loro. Tra le menzogne spacciate dal governo Meloni, una delle più gravi riguarda la narrazione dei rapporti con la “Libia”, come se si trattasse di uno Stato unitario, governato da un unico governo, con un esercito nazionale e con istituzioni politiche comuni che controllano l’intero territorio.


4.Dopo gli accordi di esternalizzazione delle frontiere, adesso si sta tentando di esternalizzare persino il diritto di asilo, con una vera e propria finzione giuridica, con l’apertura in Albania di centri di accoglienza/detenzione sotto giurisdizione italiana. Alla fine si conta sempre più sul preteso effetto dissuasivo delle misure annunciate, che non sulla loro effettiva praticabilità. Nessun accordo con i paesi extra-UE che in Africa non rispettano i diritti umani, e nessun tentativo di esternalizzare il diritto di asilo in paesi terzi, come si sta tentando di fare in base al Protocollo Italia-Albania, fermerà le partenze che seguono dinamiche diverse da quelle imposte dalle politiche e dalle prassi di deterrenza del governo italiano.

In questo quadro appare molto grave che l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati abbia annunciato la sua presenza al’interno dei centri di detenzione che l’Italia si propone di aprire in Albania. Questa decisione sembra ricollegarsi a quanto affermato dall’Alto Commissario Filippo Grandi, secondo cui “l’UNHCR sta inoltre sviluppando nuove proposte che vedrebbero le richieste di asilo trattate a livello regionale e all’interno dell’UE. Secondo queste proposte, i casi di asilo più complessi e credibili verrebbero esaminati nei paesi dell’UE, mentre i più deboli verrebbero trattati a livello regionale in paesi terzi sicuri. Da lì, le persone potrebbero essere rimpatriate più facilmente nei loro paesi d’origine, quando opportuno, mentre coloro che sono riconosciuti come rifugiati sarebbero riammessi in Europa. Tutte le richieste verrebbero comunque considerate in modo equo e corretto”. Ma chi deciderà in frontiera quando un caso sarà da considerare “più complesso e credibile” oppure sarà da ritenere “più debole”? Questo neppure il Protocollo Italia-Albania, che pure esclude dalla sua applicazione i minori ed i cosiddetti “vulnerabili”, lo precisa. Il principio base della Convenzione di Ginevra sui rifugiati è che qualunque persona in cerca di protezione ha diritto di essere ammessa nel territorio dello Stato affinchè la sua richiesta sia processata in modo equo ed imparziale, con i mezzi di ricorso che l’ordinamento giuridico nazionale prevede. Lo ribadisce l’Agenzia europea per il diritto di asilo (EASO , oggi ridenominata EUAA), secondo cui chiunque ha diritto di accedere alla procedura ed ha diritto di non essere respinto in un paese in cui rischierebbe trattamenti inumani o degradanti (art.33 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati), indipendentemente dal paese di provenienza o dalle circostanze del suo arrivo in frontiera.

Su “invito del Viminale”, l’Agenzia dovrebbe svolgere un ruolo di “monitoraggio e consulenza” nei centri di accoglienza/detenzione al porto di Shengjin ed a Gjader, dove è previsto pure un CPR (centro per i rimpatri), per le procedure di identificazione e, sembrerebbe anche per i rimpatri, per una durata iniziale di tre mesi. In questo periodo, l’Unhcr “cercherà di migliorare la protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati, identificando e segnalando alle autorità competenti eventuali incongruenze con la legislazione internazionale sui diritti umani e sui rifugiati e con gli standard di buona pratica, e si adopererà per migliorare le garanzie di protezione”. Certo, le fasi da monitorare saranno diverse. Come ha denunciato Amnesty International, il Protocollo non chiarisce come saranno tutelati i minori e gli altri soggetti ‘vulnerabili’ che non possono essere trattenuti nei centri in Albania. “Il governo ha […]  affermato che i soggetti ritenuti vulnerabili resteranno a bordo delle navi, mentre le altre persone verranno sbarcate in Albania, […] ma non è chiaro come e chi svolgerà la verifica delle situazioni di vulnerabilità, considerando anche che per coloro che hanno subito violenze è necessario il coinvolgimento di personale specializzato”. Adesso si pensa di coinvolgere l’UNHCR in questa verifica?

La circostanza più grave che prefigura gravi violazioni dei diritti umani delle persone ristrette nei centri in Albania consiste nel fatto che, in base alla normativa di attuazione del Protocollo, si attribuisce al dirigente delle strutture situate in territorio albanese la responsabilità di adottare tutte le misure necessarie a garantire il tempestivo e pieno esercizio del diritto di difesa. L’UNHCR vigilerà anche sui diritti all’informazione legale e sul corretto esercizio dei diritti di difesa? Come si troveranno e quanto saranno raggiungibili dai difensori i giudici del Tribunale di Roma che dovranno convalidare le misure di trattenimento ? Qualcuno ritiene forse che i rimpatri forzati di richiedenti asilo “denegati” dagli aeroporti albanesi nei paesi di origine possano ricadere soltanto sotto la giurisdizione italiana? Se rientrano in quella albanese, come sembra evidente, trattandosi di trasferimenti verso aeroporti, quale sarà il contenuto del mandato dell’UNHCR ?

Sarebbe grave se, oltre al “monitoraggio” ed alla “consulenza” annunciati, l’UNHCR non potesse schierarsi dalla parte dei richiedenti asilo e dei soggetti vulnerabili, inclusi i minori non accompagnati, che potrebbero finire nei centri in Albania. Occorre denunciare tutte le violazioni che si potranno riscontrare. Non come è sucesso per anni nel centro Hotspot di Lampedusa, dove la presenza dell’UNHCR non ha fatto trapelare le gravi violazioni commesse all’interno della struttura hotspot di Contrada Imbriacola, nei diversi casi sui quali l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo. E comunque a “monitorare” il comportamento delle autorità italiane nei nuovi centri di detenzione che dovrebbero essere aperti in Albania ci saranno anche il Consiglio d’Europa e la Commissione europea. Per quanto abbia affermato in passato qualche esponente della vecchia Commissione, i centri di detenzione sotto giurisdizione italiana ubicati in Albania non sono “fuori dal diritto dell’Unione europea”, ma sono soggetti per intero alle norme unionali in materia di protezione e di rimpatri.

5. La decisione dell’UNHCR, di essere presente all’interno di un vero e proprio sistema di detenzione amministrativa, contrasta con precedenti posizioni assunte in materia di esternalizzazione del diritto di asilo, proprio con riferimento al Protocollo Italia-Albania. In particolare, per l’UNHCR in audizione alla Camera a gennaio di quest’anno, “In primo luogo,  l’appropriatezza del trasferimento dei richiedenti asilo deve essere valutata su base individuale e prima che il trasferimento stesso avvenga“. Allora l’UNHCR osservava che “né il Protocollo né il disegno di legge di ratifica chiariscono quali autorità, né con quali tempi e modalità operative, effettueranno l’identificazione e lo screening dei migranti e dei richiedenti asilo al fine di individuarne i bisogni specifici e separare coloro che dovranno essere condotti in Albania da quanti verranno ammessi sul territorio italiano”.

Adesso sembra invece che questa esigenza di rispetto minimo dei diritti delle persone che saranno trasferite e detenute in Albania, su base collettiva, sia stata superata, o forse è solo elusa, magari con il ricorso ad una nave traghetto che dovrebbe operare come filtro. Ma quali possibilità avranno i richiedenti asilo a bordo di un traghetto, o trasferiti in Albania, di raccogliere elementi utili per dimostrare il proprio diritto alla protezione, prestare la cauzione prevista dalla normativa europea e nazionale per evitare il trattenimento amministrativo durante la “procedura accelerata” di esame della loro richiesta di protezione ? E come si potrà definire questa procedura “in frontiera” quando avverrà in territorio albanese, dunque al di fuori delle frontiere italiane, seppure in aree formalmente riservate alla giurisdizione italiana, ma sulle quali insiste anche la giurisdizione albanese, come sarà evidente non appena i centri saranno in funzione, ammesso che davvero questo avvenga, dopo i ritardi che si stanno sommando. Sulla stampa estera si parla ancora in questi giorni di un ennesimo rinvio “per diverse settimane”, in base a comunicati del governo italiano che nel nostro paese sono nascosti all’opinione pubblica.

In ogni caso non sarà soltanto l’UNHCR a svolgere il “monitoraggio” sui centri in Albania. Le organizzazioni della società civile seguiranno, anche attraverso visite con delegazioni parlamentari, tutto quanto avverrà nelle strutture che l’Italia si avvia a gestire in territorio albanese. Non si potrà poi eludere il controllo da parte delle agenzie dell’Unione europea, come l’EASO (EUAA), e in Italia, del Garante nazionale per le persone private della libertà, che tra l’altro è anche, per legge, organismo di monitoraggio italiano ai sensi della Direttiva dell’Unione europea 2008/115/CE sui rimpatri. Quale autorità consolare dei paesi di origine fornirà i documenti di viaggio e confermerà le identificazioni? L’esecuzione dei rimpatri dei richiedenti asilo “denegati”, con accompagnamento forzato dall’Albania, sarà ancora più problematica di quanto già si riscontra per i pochi casi che si riescono ad operare dal territorio italiano, in gran parte tunisini attraverso l’aeroporto di Palermo, e al di là del “monitoraggio”, non mancheranno i ricorsi giurisdizionali contro quelle che si profilano come vere e proprie deportazioni, ricorsi che arriveranno fino alla Corte europea dei diritti dell’Uomo.

La presenza dell’UNHCR all’interno dei centri in Albania e, sembra, anche a bordo delle navi traghetto, utilizzate come hotspot, riuscirà difficilmente a garantire standard minimi di rispetto degli obblighi di protezione che dovrebbero incombere su qualsiasi stato firmatario della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e membro dell’Unione europea. Se davvero, oltre all’apertura simbolica che si prospetta, magari con il ricorso all’ennesima nave traghetto come hotspot, i centri di detenzione in Albania andranno a regime, saranno le azioni legali a difesa dei richiedenti asilo che dimostreranno ancora una volta la iniquità delle procedure e la impossibilità di ricondurre l’esternalizzazione dei controlli di frontiera, ed adesso del diritto di asilo, al rispetto dei diritti fondamentali della persona, ed al riconoscimento del diritto alla protezione internazionale, o speciale. Perchè anche di protezione speciale si dovrà trattare in Albania, nei centri che risultano, sulla carta, sottoposti alla giurisdizione italiana. L’UNHCR si occuperà anche di questi casi? Anche per chi fugge da paesi di origine definiti come “sicuri”, ma che sempre più, proprio per effetto della collaborazione con i governi europei centrata sul contrasto delle migrazioni, soffrono condizioni di conflitto interetnico e tendono a cancellare le libertà fondamentali e le prospettive di vita della loro stessa popolazione, oltre che dei migranti in transito che vi rimangono intrappolati, con la complicità degli Stati che finanziano milizie crudeli e governanti corrotti.


PER APPROFONDIRE

La decisione dell’UNHCR di accettare, sia pure per un periodo di tre mesi, l’invito del Ministero dell’interno e di svolgere, all’interno dei centri di accoglienza/detenzione in Albania, “attività di monitoraggio e consulenza”, è di una gravità senza precedenti ed impone l’avvio di un confronto pubblico sul ruolo dell’Agenzia, con riferimento alle politiche migratorie basate sulla esternalizzazione dei controlli di frontiera e del diritto di asilo in paesi terzi definiti come “sicuri”.

Jeff Crisp

Protected? UNHCR’s organizational culture and its implications for refugee advocates and activists

Friday, July 29, 2022

In this article, LERRN Partner Jeff Crisp takes a critical look at the UN’s refugee agency, identifying the key characteristics of its organizational culture and providing advice to individuals and organizations who are endeavouring to influence the agency’s positions, policies and programmes.


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Wed 14 Aug 2024 08.00 CEST

Populist politicians will never ‘control’ immigration. Here are the humane alternatives

Filippo Grandi


UNHCR

14 Agosto 2024

Protocollo Italia-Albania: UNHCR svolgerà ruolo di monitoraggio per promuovere e tutelare i diritti umani fondamentali


UNHCR

9 Gennaio 2024

Commenti e raccomandazioni dell’UNHCR sul disegno di legge di “Ratifica ed
esecuzione del Protocollo tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei
ministri della Repubblica di Albania per il rafforzamento della collaborazione in materia
migratoria, fatto a Roma il 6 novembre 2023, nonché norme di coordinamento con
l’ordinamento interno”


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