giovedì 29 aprile 2021

L’ULTIMO ASSALTO AL CIELO DI CARLO CUCCOMARINO

Redazione ɲẞḃⱮ-   UN GRANDE FRATERNO ABBRACCIO A CARLÈ 

 ci uniamo al dolore dei   compagni che ti hanno   conosciuto 



“Fino alla fine faremo il nostro tempo, fino alla fine semineremo vento!”

Carletto Cuccomarino era nato il 25 aprile. Quest’anno è stato il suo ultimo 25 aprile su questa Terra. L’hanno visto partire verso il cielo con un astronave che sul lato sinistro aveva una lunga scritta: Jefferson Starship

 Ciao, Carlè  

Un uomo d’amore e di libertà, di un entusiasmo contagioso, di una parlantina sorridente. Il compagno Carletto ti si avvicinava e ti dava il suo punto di vista sulle battaglie da organizzare colpendoti il braccio col suo gomito, come accade in un fumetto. Nella sua Cosenza ne ha fatte tante, e avrebbe continuato a fare, a costruire a tessere trame fra il passato e il presente, oltre che fra comunità diverse. Carletto credeva nell’inchiesta operaista, e prima ancora credeva nel dialogo dei filosofi della Magna Grecia 

Sapeva tessere relazioni come fosse una bella canzone rock. Ci mancherà moltissimo: i suoi blows against the Empire, la sua voce che ci invita ad assaggiare un altro cornetto all’amarena o un’altra polpetta calabrese, la sua ostinata ricerca del Comune, il suo sorriso invincibile…

Carlo è morto in seguito a complicazioni da Covid-19. Una lunga malattia lo aveva recentemente costretto a essere ricoverato in ospedale. In ospedale è stato contagiato e neppure le cure monoclonali sono riuscite a salvarlo. Luogo di guarigione che si trasforma in luogo di morte, triste parabola della sanità pubblica ristrutturata in nome della finanza e del profitto privato



Ecco due delle sue riflessioni apparse negli ultimi mesi sul  suo profilo Facebook, la prima nata dalle inchieste  condotte all’interno del Comitato sulla salute, l’altra  dedicata alla riforma tributaria in vista di un Welfare del  Comune 

 


NOTE SPARSE SU CHI GOVERNA LA SANITÀ PUBBLICA

Con la legge 833 del 1978, in linea con il principio solidaristico dettato dalla Costituzione Italiana, si istituì il Servizio sanitario nazionale con accesso gratuito ai servizi, perché sostenuto dalla fiscalità generale con una proporzionalità in relazione alle differenze di reddito. Nei primi anni 80, contemporaneamente alla diffusione delle teorie liberiste e l’ascesa al potere di Margareth Thatcher e Ronald Reagan, anche le priorità dell’OMS si modificarono in profondità: l’iniziativa privata e il mercato occuparono uno spazio sempre maggiore nell’elaborazione dei programmi sulla salute e ancora oggi ne condizionano pesantemente le scelte.

Nel 1992 vennero firmati i trattati europei di Maastricht che cambiarono il principio fondamentale dell’Unione Europea, non più la solidarietà tra popoli, i diritti fondamentali o il bene comune, ma il culto indiscutibile della stabilità dei mercati. Nello stesso anno, il d.l. 502 inserì nella legge 833 elementi tipici del settore privato, e la logica aziendale entrò dentro al Servizio Sanitario nazionale. Le Usl furono trasformate in Asl (Aziende Sanitare Locali) e in Ao (Aziende Ospedaliere), separando l’attività territoriale da quella ospedaliera, alla quale sarebbe stata destinata la maggior parte delle risorse. Nel 1999, il “decreto Bindi” diede alle strutture private la possibilità di competere ufficialmente con quelle pubbliche.

A fronte degli ingenti tagli attuati dai governi negli ultimi 30 anni sotto le austere raccomandazioni dell’UE, si è passati da un numero di posti letto sul territorio nazionale da 530.000 unità nel 1981 a 215.000 mila nel 2016 (chiusura dei piccoli ospedali), e i dati OCSE 2019 dimostrano che l’Italia si attesta sotto la media europea per spesa sanitaria pro capite e pubblica, come Spagna, Portogallo e Grecia, i famosi PIGS tacciati di avere una situazione finanziaria deficitaria in base ai parametri di Maastricht e da sempre costretti alle famose politiche “lacrime e sangue”.

La salute è dunque il risultato di scelte economiche, culturali e sociali e nel momento in cui l’attuale sistema liberista di mercato e di sovranità del privato comporta disagi e perdita di dignità per intere popolazioni e profitti per una ristretta élite, che si arroga il diritto di giocare e lucrare sulla vita delle persone, il punto di partenza è una rivoluzione politica e un cambio radicale di sistema che mette al centro l’universalità dei diritti, contro i precetti della globalizzazione neoliberista votata sulla concorrenza e sulla speculazione.

In primo luogo, va superata l’impostazione aziendalistica della sanità, fondata esclusivamente sulle compatibilità economiche, cancellare le varie forme di finanziamento pubblico alla sanità privata, e abolire le agevolazioni fiscali per la spesa sanitaria privata veicolata da assicurazioni e fondi sanitari. Inoltre, per svincolarsi dalle speculazioni delle multinazionali farmaceutiche occorre realizzare un’industria pubblica del farmaco, dei reagenti di laboratorio e dei dispositivi biomedicali. Ovviamente, la destinazione della spesa sanitaria pubblica deve essere adeguata e indirizzata verso la prevenzione primaria, più si investe in prevenzione più diminuiscono le malattie, meno si spende nella cura più si risparmia. Ricreare una disponibilità di posti letto ospedalieri in linea con le esigenze della popolazione, e sbloccare le assunzioni di decine di migliaia di medici e altro personale sanitario, rifinanziare opportunamente i Lea ossia le prestazioni pubbliche fornite attraverso la fiscalità generale. Superare, inoltre, le differenze tra i territori rimuovendo ogni ipotesi di “regionalismo differenziato”, garantendo uniformità di qualità e accesso alle cure in tutta la nazione. Infine, ripartire dalla Medicina Territoriale, attraverso il Distretto sociosanitario, l’articolazione territoriale dell’Azienda sanitaria locale che assicura alla popolazione residente l’assistenza specialistica ambulatoriale, l’assistenza domiciliare integrata, e sarebbe un presidio per l’identificazione dei positivi e tracciamento dei contatti ma anche per il controllo delle malattie croniche, con l’obiettivo di diminuire i ricoveri ospedalieri e nelle RSA. Un mondo che dovrà affrontare nuove pandemie deve essere cambiato, deve esserne sostituito il modello di sviluppo e la Democrazia posta nuovamente nella posizione di dettare ordine sulla finanza e sui mercati. La salute non può essere ridotta a una variabile dipendente da scelte economiche, una buona sanità e una migliore salute collettiva è nelle scelte della Politica.


LA CREDIBILITÀ DELLA RIFORMA FISCALE COME SI MISURA?

La credibilità della riforma fiscale si misura innanzitutto dalla capacità di contrastare una evasione e una elusione che toglie allo Stato in media 110 miliardi all’anno, una cifra pari alla metà dei fondi – una tantum – del Pnrr. Siamo uno degli Stati più indebitati al mondo e, al contempo, il paese con una ricchezza privata (finanziaria e immobiliare) che supera i diecimila miliardi (circa quattro volte l’ammontare del debito). Ma a giudicare dalle dichiarazioni dei redditi del 2018 metà della popolazione italiana sarebbe nullatenente. I dati recenti dell’Agenzia delle entrate, inoltre, confermano che il gettito Irpef deriva per l’81 per cento da pensionati e lavoratori dipendenti, mentre il 70 per cento degli imprenditori, lavoratori autonomi, professionisti evadono o eludono il pagamento delle tasse. Non solo dell’Irpef, ma anche dell’Iva, dell’Ires, dell’Irap, dell’Imu, della Tosap, ecc.

Le forze politiche di destra cercano di cavalcare la rabbia di una piccola borghesia – composta da ristoratori, baristi, negozianti – stremata e impoverita per il Covid. L’argomento delle tasse fa presa e rischia di essere convincente. Se le forze di sinistra non vogliono abbandonare questi settori della micro-imprenditoria all’abbraccio della destra, andando incontro ad una sconfitta sicura e duratura, deve farsi promotore di una sorta di «contratto sociale» tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi. Forse è il momento giusto perché la sinistra politica e sindacale provi a stringere un patto di solidarietà tra categorie di lavoratori considerati in perenne contrapposizione. L’emergenza che stiamo vivendo ha dimostrato quanto sia importante un nuovo Welfare che, garantisca tutti, senza distinzione alcuna. La riforma degli ammortizzatori sociali in senso onnicomprensivo potrebbe essere il primo segnale del superamento di uno schema che ha mostrato, con la pandemia, tutti i suoi limiti. Secondo questo schema l’evasione del variegato mondo dei lavoratori autonomi è trattata con benevolenza e tolleranza, ma per loro, in caso di calo o perdita di reddito, non agiscono le stesse tutele previste per i lavoratori dipendenti. Lo Stato , da parte sua, al fine di assicurare uguaglianza di trattamento nell’erogazione delle prestazioni sociali, si fa garante che tutti i cittadini adempiano al loro obbligo fiscale, ognuno secondo le sue possibilità, come dice la Costituzione. Quanti evasori in questa pandemia hanno beneficiato di ristori, di bonus e di cure della sanità pubblica? Da ora in poi spetta all’Agenzia delle entrate, utilizzando la massa dei dati e la potenza di calcolo di cui dispone, vigilare con rigore e far pagare chi cerca di evadere. Sarebbe un buon inizio per il riordino complessivo del sistema tributario nel segno dell’equità, della semplificazione e della trasparenza.