UNO SPETTRO SI AGGIRA… NO, NON PER L’EUROPA, MA SULLE PAGINE DELLA STAMPA ITALIANA
dai talk show alle grandi testate impazza nel dibattito politico
-Coniare Rivolta-
Si parla (ed essendo uno spettro chiariamo subito che è una
creatura inesistente), della rappresentazione di un Governo Meloni pronto a
fare fuoco e fiamme – sfidando Commissione Europea, organizzazioni finanziarie
ed establishment vari – con una legge di bilancio piena di soldi, non
preoccupandosi di fare deficit pur di rilanciare l’economia
Sembra incredibile
se pensiamo alla carenza di servizi pubblici, sostegni, investimenti che
sperimentiamo ogni giorno, eppure a leggere (ad esempio) le pagine di Repubblica, che non esita a scongelare all’uopo
addirittura Cottarelli, è così: il Governo getta via “la
maschera del rigore”. Il motivo di questa intemerata è, in
occasione della presentazione della NADEF, il diffondersi delle cifre sul rapporto fra
deficit e PIL che sono indicate per il 2024, che dimostrerebbero un aumento
incontrollato della spesa pubblica e da qui l’incapacità di mantenere gli
impegni assunti in precedenza, la scarsa credibilità, l’incapacità di condurre
trattative a livello internazionale, etc. Di fronte a questo quadro, noi che
sappiamo che la spesa pubblica (in particolare se in deficit) è il vero motore
dell’economia, ci facciamo tre domande: 1) È vero? (spoiler: no); 2) Se non è
vero, come è possibile che stia montando un dibattito così surreale? 3) Quali
sono le conseguenze (da un punto di vista politico) di questo travisamento
della realtà? Cominciamo dalla prima
domanda. La “prova” invocata da Repubblica (ma, con toni appena meno
enfatici e qualche dato in più da La Stampa) consiste nel fatto che, stando alle cifre
comunicate dal Governo, l’obiettivo per il rapporto deficit/PIL è
fissato per il 2024 al 4,3%, mentre nel documento precedente (il DEF pubblicato
dal Governo ad aprile) la previsione “programmatica” (cioè che incorporava già
alcuni interventi di politica economica) era del 3,7%. Da qui parte il grido di
dolore della stampa di riferimento della borghesia autoproclamata progressista,
allarmata da un deficit che correrebbe incontrollato ben al di là di quanto
previsto e stabilito solo pochi mesi fa. Peccato che questi acuti osservatori
sorvolino su un dato semplice e banale: nella stessa NADEF il Governo prende
atto che il rapporto deficit/PIL dovrebbe assestarsi nel 2023 al 5,3%. Insomma
il dato del 4,3% per il 2024 rappresenta una brusca frenata, altro che aumento. Insomma, è come se
il Governo ci stesse dicendo “nel 2023 vi siete lamentati perché le file negli
ospedali erano insopportabili, vi abbiamo tagliato il reddito di cittadinanza,
non abbiamo garantito nulla agli studenti alle prese con il caro affitti, etc.
etc. (perché i numeri della spesa pubblica questo in sostanza vogliono
dire). Bene, preparatevi perché il 2024 sarà peggio!”
E veniamo quindi alla seconda domanda, su come sia possibile raccontare i
fatti in maniera così distante dalla realtà. Repubblica e La Stampa, come
visto, fanno riferimento a quella che era la precedente previsione del rapporto
deficit/PIL e non al dato acquisito, ma questa operazione non ha senso, e per
più di un motivo. Prima di tutto, per spiegare il trend il paragone va fatto,
come detto, a partire dalla situazione di partenza (quindi parametrando il dato
del 2024 a quello del 2023), cui corrisponde un livello di intervento dello
Stato nell’economia che ben conosciamo nella sua drammatica insufficienza. C’è
poi un trucchetto presente, da sempre, nei numeri di questi documenti. Quando
l’Italia (come gli altri paesi europei) prepara il DEF o la NADEF deve
presentare un quadro pluriennale, ma i valori realmente vincolanti sono quelli
per il primo anno di riferimento. Accade così che, in virtù delle regole di
bilancio europee che impongono di dimostrare di “stare su un sentiero di
sostenibilità per la finanza pubblica”, il primo anno riporti cifre
realistiche, ma il Governo (ogni governo) sia poi particolarmente ottimista per
gli anni a venire, tanto per quanto riguarda il tasso di crescita del PIL
quanto per dimostrare la sua virtù in tema di evoluzione di deficit e debito.
Una piccola e innocente bugia, cui in maniera ipocrita tutte le parti in
commedia fingono di credere. Ma quello che realmente rileva per capire il
destino che ci aspetta è il confronto con la situazione attuale, e la risposta
come abbiamo visto è drammatica. Infine,
proviamo a tracciare qualche considerazione politica. Il Governo Meloni nei
fatti conferma una linea di politica economica di perfetta continuità con i
governi precedenti, tutta improntata a un progressivo contenimento del debito e
della spesa pubblica. Eppure buona parte della stampa (spesso richiamata dai
partiti del centrosinistra) lo dipinge come un Governo pronto a scassare
i conti, senza timore di sfidare l’Europa.
Si ripropone drammaticamente una narrativa già vista all’opera durante il
Governo Draghi e poi nel corso dell’ultima campagna elettorale, in cui la
Meloni si guadagnava gli allori di forza politica coraggiosa e di alternativa,
mentre in realtà era tutta intenta a mandare messaggi rassicuranti. Il
risultato, prevedibile e previsto, è sotto gli occhi di tutti: un successo personale
della Meloni stessa, e il governo più di destra della storia repubblicana;
l’inasprimento dell’austerità e, a scopo identitario, l’attacco a migranti e
alle fasce più deboli della popolazione insieme al rafforzamento di politiche
securitarie. Insomma, dove non arriva la capacità di analisi basterebbe
affidarsi alla storia (peraltro recente). Invece si preferisce perseverare in
una critica da destra (nei
fatti) al Governo Meloni. Con grande sprezzo del ridicolo peraltro, visto che
perfino la Commissione Europea riconosce che l’Italia sul versante austerità sta
già facendo anche di più di quanto concordato.
coniarerivolta.org