- Elia Apostolopoulou -
un PROGETTO che CAMBIA LE CITTÀ E MINACCIA LE COMUNITÀ DI ABITANTI
I progetti legati alla progettualità cinese della Nuova Via della Seta, come quelli appena brevemente descritti, destabilizzano le condizioni di vita delle comunità più vulnerabili che risiedono in queste città. Ad Atene e a Londra, gli investimenti cinesi hanno portato a un aumento dei prezzi di affitto delle case, mettendo a repentaglio la sicurezza abitativa delle persone che abitano nelle aree interessate. Il Pireo sta diventando un’area produttiva incompatibile con le funzioni residenziali: comitati civici locali insieme a diversi scienziati hanno espresso i propri timori rispetto alla situazione attuale che vede lo stoccaggio di rifiuti industriali in siti collocati in prossimità di scuole, abitazioni e parchi. A Londra, il progetto di trasformazione urbana affidato alla ABP è volto a soddisfare le mire speculative di grandi investitori, relegando ai margini le esigenze degli abitanti appartenenti ai ceti più deboli – il Royal Albert Dock si trova a Newham, un’area socialmente svantaggiata di East London.
Nella capitale srilankese di Colombo, la nuova città-porto è un esempio di cosiddetta rigenerazione urbana che ha l’effetto di attrarre grandi imprese investitrici ma al tempo stesso di spingere i residenti a basso reddito e le comunità immigrate ad abbandonare quelle aree. In questo caso il progetto prevede hotel di lusso, centri commerciali, residenze di prestigio, ville affacciate sul mare, giardini privati, casinò e grattacieli. Ci sono motivati timori che i lavori di massiccia escavazione di sabbia costiera potranno provocare danni permanenti alla linea di costa di Colombo e alle attività di pesca che vi hanno luogo, minando le possibilità di sopravvivenza delle persone le cui vite dipendono dalle economie marine di sussistenza.
Durante le mie ricerche sul campo ho constatato come le organizzazioni sindacali del lavoro e quelle per i diritti delle donne siano state costrette a sciogliersi nel Pireo come a Colombo, mentre le promesse di nuovi posti di lavoro sono rimaste sulla carta in tutte e tre le città che ho studiato. Alle associazioni che danno voce alle istanze della società civile non resta che accettare l’esclusione dai processi decisionali o, al limite, accontentarsi della partecipazione in consulte civiche prive di ogni potere effettivo. I governi tentano di reprimere in via preventiva ogni accenno di protesta contro questi progetti di trasformazione urbana, con modalità che variano dalla presenza invadente delle forze di polizia nelle zone interessate fino agli sgomberi forzati degli spazi associativi. Tuttavia, forme di resistenza a questi progetti restano in campo.
I progetti legati all’Iniziativa della Nuova Via della Seta testimoniano l’importanza crescente acquisita dagli investimenti esteri nelle trasformazioni delle città contemporanee. Importanti infrastrutture pubbliche come i porti sono ora sotto il controllo proprietario o manageriale cinese in aree che si situano nel cuore pulsante di città di primaria importanza economica e politica per le rispettive nazioni, come abbiamo visto per Atene, Colombo e Londra. Questi progetti prevedono la creazione di “zone economiche speciali” dove le imprese e gli investitori internazionali possono fruire di regimi fiscali favorevoli e di un alleggerimento sostanziale delle norme urbanistiche. La Nuova Via della Seta sta cambiando le città che ne sono attraversate, trasformandole in spazi dedicati all’accumulazione di nuova ricchezza, al libero scambio e al consumo di lusso. Non è solo l’influenza cinese che orienta tali progetti in questa direzione. È chiaro che i governi nazionali e gli interessi delle elites locali giocano un ruolo altrettanto centrale. La promozione governativa dei progetti appena descritti che riguardano Pireo, Colombo e Londra mostra quali siano le aspettative nazionali dietro queste iniziative.
Colombo è presentata come la nuova Dubai, mentre Drapetsona, un quartiere con una storica composizione operaia situato in prossimità del porto del Pireo, è proposto alla cittadinanza come un nuovo “Docklands” – l’area di Londra nota per la sua trasformazione urbana orientata al consumo di epoca thatcheriana. Il Royal Albert Dock è destinato a diventare la terza area di Londra per concentrazione di imprese attive nel settore finanziario dopo Canary Wharf (la zona lungo il Tamigi da cui partì la “rigenerazione” dei Docklands negli anni Ottanta) e la City.
L’iniziativa commerciale della Nuova Via della Seta, pertanto, colloca i profitti privati al di sopra di ogni valutazione di sostenibilità sociale e ambientale. Le aree urbane diventano veri e propri “non-luoghi”: vale a dire, spazi che si assomigliano sempre di più tra loro, privati di segni originali di riconoscimento collettivo per le comunità di abitanti. Questi processi finiscono con il cancellare le storie dei luoghi, imponendo una mutazione degli spazi urbani in enclave riservate al commercio internazionale, all’imprenditorialità rampante e al consumo. Per dirla in breve, queste trasformazioni aprono la strada a un modello di sviluppo urbano che accresce le diseguaglianze sociali e territoriali, accentuando la tendenza già esistente a segregare la popolazione urbana in base alla classe sociale di appartenenza.
La versione originaria di quest’articolo è apparsa il 2 febbraio 2021 nella rivista online The Conversation
Traduzione dall’inglese di Ugo Rossi per .EuroNomade col titolo "COME IL PROGETTO DELLA NUOVA VIA DELLA SETA CAMBIA LE CITTÀ E MINACCIA LE COMUNITÀ DI ABITANTI"
*Elia Apostolopoulou è una geografa e attivista. Dopo aver conseguito il dottorato di ricerca in ecologia politica presso l’Università di Salonicco in Grecia, attualmente lavora come ricercatrice presso l’Istituto per studi sulla Sostenibilità dell’Università di Cambridge, in Gran Bretagna.