-Turi Palidda -
il controllo sociale delle multinazionali
La
sovranità è un fatto politico totale[1]
prodotto dal processo di affermazione del dominio di pochi su molti. Quindi
sovranità e dominio sono di fatto sinonimi[2].
Il dominio di pochi si impone perché questi possiedono saperi, mezzi e forze
che i dominati non hanno. All’origine di questo fatto politico sociale
nell’antichità si situa l’emergere dei maschi capaci di produrre e usare armi,
cacciare e quindi assoggettare chi non ha questi strumenti e capacità, cioè sia
i maschi non aggressivi, sia le donne in generale e ancora di più disabili[3]
e tutto il mondo animale e la stessa natura in genere (su quest’ultimo aspetto
si veda anche Murray Bookchin, 2017, 2021[4]).
La
sovranità su un territorio e sulle persone che vi abitano si esercita
attraverso molteplici dispositivi e istituzioni o attori istituzionali. Il
primo dispositivo è il quadro normativo che definisce lo stato di diritto (sia
esso reazionario o “democratico”). Lo stato sovrano si traduce quindi in una
panoplia di figure di sovranità specifica: in uno stato detto democratico il
parlamento dovrebbe essere sovrano rispetto a tutto; il governo è sovrano
rispetto ai ministeri; il ministro è sovrano rispetto al campo di sua
competenza; i genitori sono sovrani rispetto ai figli, l’insegnante è sovrano
rispetto agli alunni, il giudice è sovrano nell’aula del tribunale, la polizia
è sovrana rispetto alla popolazione, il padrone di una attività economica è
sovrano rispetto a questa attività e rispetto ai suoi dipendenti sulla base del
contratto che ne regola il lavoro e anche sulla base dell’effettivo rapporto di
forza (che può dare al padrone molti più poteri di quanto siano previsti dal
contratto di lavoro - obbliga a lavorare più dell’orario previsto ma non paga
questo straordinario ecc. - e per questo può anche far ricorso a power
brokers o caporali).
Nei
fatti ogni sovranità è sempre limitata cioè condizionata dalle mediazioni
indispensabili affinché il dominio sia accettato, goda cioè di consenso.
L’importanza di questi condizionamenti e mediazioni dipende dai rapporti di
forza.
A
livello macro-politico la sovranità di uno stato ècondizionata dai suoi
rapporti di forza rispetto agli altri stati. A livello nazionale e locale la
sovranità del dominio capitalista può essere subappaltata a forze private (come
è il caso delle mafie).
L’Italia
è sempre stata un paese a sovranità molto limitata perché nasce come
concessione delle potenze allora dominanti e non ha abbastanza risorse essendo
un paese relativamente piccolo e con forze interne che hanno interessi diversi
da quelli nazionali (non è uno stato-nazione e la chiesa cattolica mantiene una
forte egemonia sulla popolazione oltre ad avere importanti beni materiali).
L’Italia
è uno dei tre paesi che hanno perso la II^ guerra mondiale e quindi paga un
ulteriore limitazione della sua sovranità anche perché lo spazio geostrategico
in cui si situa passa sotto il dominio della nuova potenza mondiale cioè gli
Stati Uniti, dominio sancito anche dagli accordi di Yalta. Nei fatti la
sovranità italiana del secondo dopoguerra è lottizzata: la difesa militare e
gli affari esteri sono subordinati all’alleato-dominante (gli Stati Uniti) e
gli affari interni sono governati dal partito-stato (cioè la DC) che governa
anche con il sostegno della Chiesa cattolica a cui concede tanti privilegi e
l’egemonia sul sociale (tranne quella parte che è conquistata dalle sinistre).
Da
allora l’Italia coltiva l’aspirazione non già a una vera e propria riconquista
della effettiva sovranità nazionale ma all’autonomizzazione rispetto
all’alleato-dominante. Questa prospettiva riesce solo in parte e in certi
periodi ma sostanzialmente non ha speranze perché i gruppi di potere italiani
sono quasi tutti coinvolti in processi di transnazionalizzazione che quindi non
supportano alcuna strategia nazionale ma anzi a volte la sabotano scientemente.
In
realtà tutti gli stati hanno perso parti di sovranità sin dagli anni ’70 a
causa dello sviluppo del liberismo globalizzato che è per definizione “meno
stato più mercato”. Questo non vuol affatto dire che lo stato scompaia, al
contrario alcune sue competenze e facoltà sono rafforzate, in particolare tutto
ciò che riguarda il controllo sociale attraverso le polizie e la magistratura
(repressione e penalità). In realtà questo controllo sociale è sempre più
asservito agli interessi privati per continuare a imporre un dominio liberista
globalizzato che accentua sempre più l’asimmetria di potere, di ricchezza e di
mezzi e quindi anche la povertà e il ritorno a forme di neo-schiavitù.
Allo
stesso tempo il crescente interesse del mercato induce le multinazionali a
impadronirsi del controllo sociale grazie alle nuove tecnologie (vedi
documentario La società di sorveglianza: 7 miliardi di persone sospette).
Il dominio passa attraverso le stesse merci e fagocita il popolo consumatore
annichilendone ogni barlume di capacità critica o di resistenza.
Ne
consegue che lo stato di oggi tende meno ad articolare il suo dominio fra
biopolitica (il lasciar vivere per meglio sfruttare e disporre di bravi
cittadini che pagano le tasse e si riproducano) e la tanatopolitica (il lasciar
morire perché umanità già usurata o in eccesso). Il dominio liberista
globalizzato non ha più bisogno di praticare il governo pastorale, l’umanità da
“usa e getta” abbonda e anzi è in eccesso e nessun dominante vuol ridistribuire
la sua ricchezza.
Dal punto di vista
dei dominati è evidente che sovranità e dominio sono nemici che negano ogni
sorta di emancipazione economica, sociale, culturale e politica.La sovranità
non può che essere antitetica alla democrazia effettiva; nei fatti la
democrazia borghese auspicata dai sinceri liberal-democratici – che erano sempre contro le guerre (vedi
Schumpeter, Polany, Keynes ecc.) – è non a caso approdata a una eterogenesi
che si traduce in sempre meno spazi di partecipazione politica e sempre meno
possibilità di rivendicare e negoziare l’emancipazione economica, sociale,
culturale e politica dei subalterni. Infine, c’è sempre più tendenza del potere
di optare per la gestione violenta del suo dominio anziché per la gestione
pacifica, paternalista o negoziata.
L’accezione di popolo
non può che essere ambigua per il fatto stesso che si tratta di un’entità
indistinta che ingloba tutti gli umani che fanno parte della società. Il
cosiddetto populismo di sinistra è una illusione tatticistica destinata al
fallimento anche perché di fatto pretende competere con quello di destra che
ovviamente ha gioco facile proprio perché può manipolare il “comune sentire” e
parti della culturale folklorica ancor di più oggi grazie alla potenza dei
social media e l’erosione delle dinamiche collettive antagoniste al
dominio.
La presa del potere porta
inevitabilmente a sostituire il sistema di dominio con un altro che finisce per
riprodurre … dominio (a cominciare dalla nomelklatura -fra altri si veda Dardot
e Laval [http://effimera.org/la-circonstaziata-critica-di-dardot-e-laval-contro-la-sovranita-di-laurent-mauduit/].
Ovviamente, il
comunismo compiuto potrà forse essere realizzato solo quando la maggioranza
degli esseri umani disporrà di saperi, mezzi e forze per autogovernarsi e
autodisciplinarsi senza bisogno di polizie, giudici, carceri ecc. Utopia
[1] L’accezione di
“fatto politico totale” deriva dalla ridefinizione di “fatto sociale totale” di
Marcel Mauss che a sua volta riscrive l’idea di “fatto sociale” di suo zio
Emile Durkheim perché troppo a rischio di essere interpretata in chiave
meccanicistica e quindi deterministica.
[2] Ho cominciato a
interessarmi alla questione della sovranità all’inizio degli anni ’80 per la
mia tesi di laurea e poi per quella di dottorato entrambe all’EHESS di Parigi.
Cfr. https://www.academia.edu/33997534/Lanamorphose_de_lEtat_de_droit_pdf
[3] Cfr. Sociologia
e antisociologia, libreriauniversitaria, 2016
[4]
Cfr. M. Bookchin, L’ecologia
della libertà, Elèuthera, Milano, 2017; M. Bookchin, Per una società ecologica,
elèuthera, Milano, 2021 e ) e S. Varengo, La
rivoluzione ecologica. Il pensiero libertario di Murray Bookchin, Zero in
Condotta, Milano, 2020.