LETTERA APERTA A “IL MANIFESTO”
Gilets Gialli Italiani Residenti a Parigi
ma la libertà dalla stampa!
siamo un
gruppo di italiane/i che risiedono a Parigi per ragioni di studio o di lavoro e
che partecipano da ormai più di cinque mesi al movimento dei Gilet Gialli. Vi
scriviamo per manifestarvi il nostro sdegno a fronte del trattamento riservato
nelle pagine del vostro giornale, nella penna di Anna Maria Merlo, vostra
corrispondente a Parigi, al sollevamento in atto – e in Atti – dei Gilet
Gialli, nonché alla questione politica e sociale che, con inedita forza, esso
continua a porre, in Francia e in Europa – dunque, potrebbe darsi, anche in
Italia. Ci rivolgiamo a voi, e non ad altri quotidiani nazionali, perché
convinti che “il Manifesto” sia luogo di confronto e diffusione di informazioni
critiche, nonché voce delle lotte del presente. Tuttavia, malgrado alcune rare
ma felici eccezioni[1], la maniera in cui il vostro quotidiano
ha parlato finora del movimento francese, attraverso gli articoli dell’autrice,
ha prodotto in noi sconcerto e rabbia.
Prima di
entrare nel merito, e per capirci meglio, lasciateci un attimo
“contestualizzare”.
Il
movimento dei Gilet Gialli continua a manifestare la sua forza nell’insieme del
territorio francese e in alcuni territori d’oltremare da ben venticinque sabati
consecutivi: ciononostante, quando se ne parla in Italia, lo si fa soltanto
basandosi sulle cifre del Ministero dell’Interno francese, dati certamente poco
attendibili ad oggi.
Per
comprendere come non si tratti di qualcosa di passeggero ma di una profonda trasformazione
nella storia sociale e politica del paese, dovrebbe bastare, in controluce, la
reazione del potere costituito: da novembre ad oggi il sovrano Macron ha dovuto
reagire con due “solenni” discorsi alla nazione, una lettera indirizzata ai
francesi, una lettera agli europei, e un “Gran Dibattito Nazionale”, che ha
assunto il senso di un confuso rilancio, nella crisi profonda del suo governo,
della sua politica “start-up”. Nel mezzo l’attentato di Strasburgo, l’incendio
di Notre-Dame e i contestuali appelli alla solidarietà e all’unità nazionale,
che la maggioranza dei francesi ha interpretato come l’ennesima provocazione.
Insomma, fuor di metafora, il presidente ha giocato con il fuoco, e ne è
risultata una nuova giornata di sommossa popolare, il Primo Maggio scorso,
promossa, sostenuta e partecipata dai Gilet Gialli. Ci teniamo a ricordare, a
tal proposito, che il Primo Maggio è una giornata internazionale della lotta di
classe rivoluzionaria – ed è proprio in questi termini che è stata interpretata
dal movimento, mentre Merlo parlava della giornata parigina come di una spy story fatta
di riunioni segrete di cui solo lei sembra conoscere i dettagli (?) e botte
indiscriminate tra “ultrà” (!) gialli, neri, rossi, sindacalisti e poliziotti.
Per
quanto sdegnati per la narrazione data di questo movimento, siamo ben coscienti
della profonda sfasatura tra ciò che viviamo in Francia e la sua ricezione
all’estero. Tra questi due poli, quello dell’esperienza e quello della
comunicazione, sembra esserci oggi un abisso, tanto profondo quanto lo
smarrimento della sinistra europea. Mentre nelle reti sociali le informazioni
circolano in maniera relativamente autonoma, anche se frammentaria, negli
organi di stampa i confini fisici e mentali, costruiti ad immagine dei
dibattiti politici nazionali, sono solidi e altrettanto insopportabili quanto
quelli che Salvini erige quotidianamente contro i migranti.
Ci
saremmo però aspettati di rintracciare ne “il Manifesto” una lettura, diciamo
così, non allineata a quella dominante in Italia, che si nutre bulimicamente di
cliché, omissioni e falsificazioni. Decine di migliaia di persone, in tutta la
Francia, ogni sabato nelle strade insistono sulla rivalutazione delle pensioni,
e la sera scoprono sui giornali di essere dei golpisti. Rivendicano salario e
vengono tacciati di antisemitismo. Sperimentano, e pretendono, “più democrazia”
e si sentono rispondere: fascisti!
Non
scriviamo qui al fine di giustificare o ristabilire le giuste ragioni del
movimento, in un quadro nel quale la comunicazione e la propaganda si fondano
essenzialmente sull’assenza di ogni barlume di logica e di ragionevolezza. Se
lo facciamo, è solo per fare il punto sul récit della
stampa italiana, specie di sinistra, che nella sua disperazione, provinciale e
cortigiana, ha fatto di Emmanuel Macron l’ultimo appiglio alla salvezza di
un’Europa fatta a brandelli proprio dalla politica che egli incarna e persegue
(si veda, tra tutti, la cosiddetta “intervista” di Fabio Fazio all’Eliseo). Una
politica, quella di Macron, che non ha sostituto una nuova intermediazione alla
liquidazione dei corpi intermedi, ma ha più semplicemente fatto della polizia
la forma privilegiata della sua politica. Viste le premesse, è facile
comprendere come essa possa combinarsi, e sempre più si combinerà dopo il 26
maggio, con i sovranismi e i nazionalismi.
Nel caso
delle linee editoriali di organi di stampa come quelli riuniti nel gruppo
Espresso non è difficile comprendere perché ciò accada. Rieccoci al dibattito
politico nazionale – altrettanto surreale, anche se ancor più goffo, di quello
promosso da Macron in Francia a reti unificate. Dopo che Luigi di Maio si è
mostrato in foto con dei Gilet Gialli farlocchi, come sappiamo, ne è seguito un
incidente diplomatico che ha rasentato il grottesco, che lo si guardasse dalla
Francia o dall’Italia. L’incidente diplomatico, cioè l’atto di forza della
Francia nei confronti degli ipocriti sovranisti giallo-verdi, ha così
riallineato il dibattito in Italia.
Il
cosiddetto centro-sinistra, “Repubblica” in testa, che fino a dicembre faceva
dei Gilet un nuovo e romanticissimo Sessantotto, ha riscoperto le virtù, poco
taumaturgiche, del sovrano francese, da queste parti assimilato più a un Luigi
XVI che a un Luigi XIV.
I Gilet
Gialli sono così diventati, per la stampa italiana ancor più che per quella
francese, dei golpisti perché un tale di nome Chalençon, di cui in Francia
nessuno ha mai sentito parlare, e che non ha mai trascorso un sabato in strada,
avrebbe annunciato un colpo di Stato militare. Di solito, se si incontra un
tizio che dichiara al microfono, “domani farò un colpo di Stato, abbiamo già
pronti i militari”, la prima cosa che si fa è contattare il 118. Di Maio l’ha
invece incontrato per siglare un accordo elettorale, e la stampa italiana l’ha
incoronato leader dei Gilet Gialli. Ritornano in mente le parole di Carmelo
Bene al Costanzo Show nel lontano 1994: il problema oggi nel mondo non è la
libertà di stampa, ma la libertà dalla stampa!
Ma se
“Repubblica” e sodali lo fanno perché sono ben consapevoli che la comunicazione
è parte essenziale di una contro-rivoluzione preventiva, come spiegare invece
la narrazione della vostra corrispondente? Non lo sappiamo, non ci interessa, e
soprattutto non sta a noi trovare una risposa a questa domanda. Possiamo però,
con questa lettera, invitare “il Manifesto” a verificare l’aderenza tra ciò che
viene scritto e la realtà dei fatti.
Non
possiamo in questa sede analizzare nel dettaglio gli articoli che Anna Maria
Merlo ha dedicato in questi mesi al movimento dei Gilet Gialli. Ci limitiamo
tuttavia a sottolineare che la passione dell’autrice si è scatenata quando si
trattava di parlare di Notre-Dame, del concorso di architettura e delle
donazioni dei magnati di lusso. Non ci risulta invece che abbia di recente scritto,
magari anche con un sussulto di indignazione civile, della repressione del
movimento, notata (udite! udite!) persino dalle Nazioni Unite, dal Consiglio
d’Europa e da Amnesty International, e che ha superato di gran lunga ogni
soglia di compatibilità con un regime democratico, colpendo anche molti
giornalisti, come nel caso dell’arresto di Gaspard Glanz. Non forniamo le cifre
degli imprigionati, dei mutilati e dei morti dall’inizio della rivolta: basta
fare una ricerca su Internet per trovare ampia documentazione, anche in
italiano, sui siti indipendenti.
In
conclusione, mostriamo solo alcuni elementi dell’articolo pubblicato
dall’autrice il 3 maggio e relativo al Primo Maggio parigino. Un articolo che
ci sembra costruito a partire dalle agenzie e dalle dichiarazioni di stampa del
Ministro dell’Interno Christophe Castaner, ricco di informazioni sommarie,
imprecise e che falsificano i fatti.
Il
sottotitolo dell’articolo afferma “Gilet gialli e black bloc rubano la piazza
ai sindacati”. Rubano la piazza? Ma di cosa si sta parlando? Persino il
segretario della CGT, Martinez, quest’anno non ha potuto prendersela con i
soliti “black bloc” tanto erano estesi i cortei di testa, criticando invece la
polizia e riconoscendo ormai i Gilet Gialli come un attore centrale nella
difesa dei lavoratori francesi. Ma in Merlo trapela una certa simpatia per
altri sindacati, CFDT e UNSA (una sorta di CISL francese), definiti più “saggi”
proprio perché non hanno manifestato a fianco dei Gilet Gialli..
Nel corpo
dell’articolo, i Gilet Gialli vengono poi definiti dall’autrice “ultrà gialli”.
In Italia la “finezza” potrebbe sfuggire anche al lettore più attento, ma in
Francia assume il senso preciso della citazione esplicita di una dichiarazione
che Castaner aveva rilasciato alla vigilia del Primo Maggio, parlando di
“ultra-jaunes” in arrivo a Parigi. Le decine di migliaia di donne e uomini di
ogni età che prendono parte al movimento, così come i tanti cittadini che lo
sostengono, si sono sentiti ancora una volta offesi (dopo essere stati definiti
illetterati, folla rabbiosa, gente che non ce l’ha fatta, ecc.) da un illustre
esponente del governo. Ma Merlo ripete in Italia le sue parole, e se ciò non
bastasse lo fa dalle colonne del Manifesto.
Dovrebbe
inoltre stupire che nell’articolo non si parli della violenta strategia di
repressione messa in atto quel giorno dal governo, con i nuovi “gruppi mobili”
d’assalto della polizia che hanno caricato il corteo nel suo insieme fin dai
primi passi, investendo a più riprese anche gli spezzoni CGT. Mentre in Francia
l’insieme delle realtà che hanno animato questa straordinaria giornata
riconoscono che nessun errore è stato compiuto, che il corteo si è ricompattato
più volte ed arrivato unito dopo ore di cariche e di scontri a Place d’Italie,
Merlo parla della giornata come di una guerra tra bande, senza tra l’altro
fornire nessun dettaglio, perché con ogni probabilità era una delle poche
giornaliste a non essere in piazza.
Ma
veniamo alla conclusione dell’articolo. Merlo sposa, il 3 maggio, quella che in
Francia è stata definita una “menzogna di Stato” e che ha spinto tutte le
opposizioni (di sinistra e di destra) a chiedere le dimissioni del ministro
Castaner. Scrive Merlo: “Un gruppo di manifestanti ha persino cercato di
entrare all’interno dell’ospedale La Pitié Salpêtriere, suscitando
l’indignazione generale e un’inchiesta giudiziaria”. In realtà i manifestanti
non hanno cercato di entrare all’interno dell’ospedale, ma sono stati costretti
a rifugiarsi al suo interno, grazie a delle infermiere che hanno aperto i
cancelli, a causa delle cariche poliziesche, con annesse granate, idranti e gas
asfissianti. La polizia è entrata, ha prima picchiato i manifestati, li ha poi
arrestati, e la sera Castaner ha parlato di un “attacco all’ospedale”.
La contro-inchiesta
è subito partita e già nella giornata del 2 maggio, coraggiosamente, il
personale ospedaliero ha smentito il Ministro dell’Interno, che dopo 48 ore,
invece di dimettersi, ha solo rettificato, affermando che è stato un errore
parlare di “attacco”. La Merlo non l’ha ancora fatto, più realista del Re che
difende, sulle pagine del quotidiano comunista il Manifesto. Aspettiamo con
ansia il prossimo episodio di questa saga della mistificazione…
A meno che l’autrice, con un improvviso sussulto, non decida finalmente d’immergersi in questo movimento, andare a visitare una delle tante rotonde che sono state rioccupate dopo il Primo Maggio in Francia o, senza fare troppa strada, le decine di assemblee che pullulano anche a Parigi. Scoprirebbe allora un movimento mosso da rivendicazioni di giustizia, e prima ancora da un ritrovato sentimento di fraternità collettiva che ha incrociato il vento della Storia.
A meno che l’autrice, con un improvviso sussulto, non decida finalmente d’immergersi in questo movimento, andare a visitare una delle tante rotonde che sono state rioccupate dopo il Primo Maggio in Francia o, senza fare troppa strada, le decine di assemblee che pullulano anche a Parigi. Scoprirebbe allora un movimento mosso da rivendicazioni di giustizia, e prima ancora da un ritrovato sentimento di fraternità collettiva che ha incrociato il vento della Storia.
Parigi, 7
maggio 2019
[1] Si veda in
particolare l’articolo di Marco Bascetta pubblicato agli inizi del
sollevamento: https://ilmanifesto.it/noi-contro-lordine-sovrano e
quelli di Giuliano Santoro sulla goffa iniziativa elettorale di Luigi Di Maio a
sostegno dei Gilet Gialli farlocchi: https://ilmanifesto.it/europee-la-giacca-di-di-maio-non-convince-i-gilet-gialli ; https://ilmanifesto.it/verso-le-europee-alla-fine-di-maio-trova-i-gilet/ nonché
il reportage di Filippo Ortona su Saint-Nazaire: https://ilmanifesto.it/saint-nazaire-dove-la-lotta-operaia-si-tinge-di-giallo/