ri-costruire processi democratici
dentro la crisi della democrazia
[Carlo Cellamare]
ri-significazione dei luoghi come valore simbolico degli spazi
Roma
24 maggio
Auditorium MACRO ASILO
Lectio Magistralis dell’urbanista Cellamare
una occasione per ascoltare di persona uno straordinario racconto di vita
che
le cronache dei media mainstream
non trovano interessante
A
Roma si moltiplicano le esperienze di autorganizzazione, non soltanto legate
alle occupazioni a scopo abitativo. Una mappa realizzata recentemente delle
diverse pratiche a Roma restituisce un mondo ricco e complesso, ancorché
parziale (Brignone, Cacciotti, 20181).
D’altra
parte, non solo a Roma, ma anche nel resto d’Italia e all’estero (Hou, ed,
2010), emergono diffusamente nelle città pratiche e processi di
autorganizzazione. Le città sono attraversate da pratiche e processi di
riappropriazione in cui gli abitanti, organizzati o meno in comitati e associazioni,
“producono” o “riproducono” spazi, trasformandoli in “luoghi”, anche
recuperando e riutilizzando spazi abbandonati, degradati o inutilizzati, e
rimettendoli nel “ciclo di vita” della città, attraverso azioni di cura,
ricostruzione, gestione responsabile, manutenzione, ecc. (Cellamare, Cognetti,
2014). I processi di riappropriazione sono anche processi di ri-significazione
dei luoghi, ovvero processi che ridanno un valore simbolico agli spazi, che
ricostruiscono una relazione di significato tra lo spazio e il vissuto. Sono
esperienze in cui si esprimono forme diverse di autorganizzazione, dalla
riutilizzazione di spazi per la produzione culturale agli orti e ai giardini
condivisi o autogestiti, dai servizi autogestiti di quartiere (comprese
palestre e attività sportive) alle fabbriche recuperate, dalle occupazioni a
scopo abitativo alle piazze riabitate e rivissute. Sono esperienze che
esprimono una capacità di futuro (Appadurai, 2013).
Le
forme di autorganizzazione rivelano sicuramente grandi potenzialità. In primo
luogo esprimono un protagonismo sociale che comporta l’attivazione di
importanti capacità sociali di organizzazione. In secondo luogo, permettono di
costruire tessuto sociale e valori simbolici. Svolgono inoltre un servizio
“per” e “sui” territori. Essi sono poi l’espressione di processi che mirano a
ricostruire processi democratici dentro una fase storica di crisi della
democrazia. E, in questo, di fatto sono i luoghi dove oggi si produce veramente
politica. Si tratta di una politica che potrebbe essere definita “significante”
in quanto veramente in grado di esprimere i significati emergenti e pertinenti
alle condizioni sociali di vita quotidiana, quel “magma di significati sociali
emergenti” che Castoriadis (1975) associa alla “società istituente”.
D’altra
parte comportano alcuni problemi e alcune ambiguità, relativamente ad alcuni
aspetti della “città fai-da-te”: il rischio di sostituirsi al “pubblico” e di
coprire una carenza; il carattere di democraticità o meno dei processi interni
di organizzazione e decisione; le differenti “culture di pubblico” che
esprimono; i processi di inclusione o esclusione che innescano; il rischio di
attivare dinamiche di controllo sui territori. Il punto più debole è
sicuramente legato al carattere sostitutivo nei confronti delle carenze o delle
assenze dell’amministrazione pubblica, di cui sono spesso una risposta.
1 Cfr. a questo
proposito l’ultimo numero della rivista Tracce Urbane, dedicato al tema “città e autorganizzazione”,
dove è stata pubblicata la mappa citata ma anche diversi altri articoli sul
tema (https://ojs.uniroma1.it/index.php/TU)
Hou J. (ed., 2010), Insurgent Public Space. Guerrilla Urbanism and the Remaking of Contemporary Cities, Routledge, Taylor & Francis Group, London – New York
Cellamare C., Cognetti F. (eds, 2014), Practices
of Reappropriation, Planum Publisher,
Milano
Appadurai A. (2013), The Future as Cultural
Fact. Essays on the Global Condition, Verso, Londra
Castoriadis C. (1975), L’institution imaginarie
de la societé. II: L’imaginaire social et l’institution, Editions du Seuil, Paris
estratto da “Viaggio dentro la città che fa da sé” Carlo
Cellamare, docente
di Urbanistica presso l’Università La Sapienza di Roma