- andrea fumagalli -
\Come dimostrano i dati economici, l’Italia non è
affatto a rischio di insolvenza, così come paventa la campagna mediatica "unificata", la quale de facto sta spianando la strada alla
speculazione finanziaria. Infatti, da un lato, all’elevato debito pubblico
fa da contraltare uno dei più bassi valori del debito delle famiglie e
delle imprese; dall’altro, il surplus commerciale è superiore allo stesso
deficit pubblico del 2,4% in rapporto al PIL. L’allarme lanciato è solo
giustificabile sul piano politico e ideologico
Dovrebbe invece fare
scandalo che negli ultimi 25 anni sono state promosse politiche fiscali
che hanno ridotto le imposte per le società di capitale e le aliquote sui
redditi più alti, aumentato le aliquote sui redditi più bassi, ridotto
fortemente la progressività, a vantaggio della rendita finanziarie e dei più
ricchi, Tali misure hanno sottratto ingenti risorse al bilancio dello stato
favorendo, insieme alla spese per interessi, l’aumento del debito pubblico
Dovrebbe fare ancor
più scandalo che a fronte di questa situazione, uno dei cavalli di battaglia di
questo governo, sia la “flat tax”
A MÒ DI SCHEDA
ESEMPLIFICATIVA
- L’Italia
non si trova in una situazione di rischio di insolvenza, come gli
allarmismi del gotha finanziario vogliono far credere. La campagna
mediatica, orchestrata anche da alcuni siti di informazione compiacenti (a
destra come a sinistra), ha come scopo principale attivare campagne
speculative, assai lucrose per chi detiene il controllo dei flussi
finanziari;
- Il
debito pubblico italiano è stato causato dall’incremento della spesa per
interessi (a seguito delle campagne speculative) e da riforme fiscali che
hanno favorito un poderoso trasferimento di risorse dalle fasce più povere
della popolazioni a quelle più ricche. È quindi del tutto falsa la narrazione
dominante che associa la crescita del debito pubblico all’aumento della
spesa pubblica, soprattutto nel periodo degli anni ’80 del secolo scorso,
quando passò dal 60% a oltre il 120%. Eppure, come correttamente
scrive Marco
Bersani: “i dati ufficiali sulla spesa pubblica di quel
decennio raccontano un’altra verità: infatti, al netto della spesa per
interessi, la spesa pubblica italiana è passata dal 42,1% del Pil nel 1984
al 42,9% nel 1994, mentre, nello stesso periodo, la media europea vedeva
un aumento dal 45,5% al 46,6% e quella dell’eurozona dal 46,7% al 47,7%.
Ovvero, sia in percentuale assoluta, sia in percentuale di aumento
relativo, la spesa pubblica italiana si è costantemente posizionata a
livelli inferiori rispetto al resto dell’Ue e dell’eurozona”.
- Il
debito pubblico è così un”business”: favorisce la rendita finanziaria e
coloro che sono già i più ricchi.
- L’attuale proposta di manovra finanziaria con l’enfasi sulla “flat tax” non fa altro che contribuire ad alimentare tale business. Solo il ripristino di una tassazione unica per tutti i cespiti di reddito e il ritorno ad una più elevata progressività delle imposte.