mercoledì 19 settembre 2018

scie\ AMAZON È LA NUOVA FIAT

ALQUATI NELLA PIATTAFORMA DIGITALE
-alessandro delfanti-
\Il sindacalismo confederale, così come ieri non riusciva a parlare con il nascente operaio-massa formatosi dopo la grande emigrazione meridionale, oggi come allora non è in grado di comprendere l’operaio-globalizzato venuto fuori dai flussi migratori planetari. Non è un caso che esso riesca ad organizzare perlopiù – come si evidenzia giustamente nell'inchiesta - i lavoratori bianchi italiani.
L’inchiesta, richiamando alcuni contesti di lotta vertenziale (Ikea, Gls, H&M)  organizzati dal sindacalismo conflittuale di base, mette in luce anche un’altra possibile prospettiva che ci piace definire alquatiana: “in futuro i processi di ricomposizione e le alleanze che sono all’opera in altre aziende potrebbero espandersi ad Amazon, e questo potrebbe essere esplosivo per l’evoluzione dell’economia digitale italiana”[accì] 
IL MITO DEL LAVORO ad Amazon si basa su diversi elementi. Da un lato, Amazon assume migliaia di persone con contratti e tempo indeterminato, una rarità nel panorama delle altre multinazionali della logistica di Piacenza e della pianura padana. Dall’altro, Amazon ha importato elementi della cultura aziendale della Silicon Valley dentro i suoi magazzini. Per esempio, l’azienda fornisce aree comuni dove i lavoratori possono giocare a calciobalilla, crea un ambiente di lavoro informale in cui i lavoratori possono vestirsi come preferiscono o ascoltare musica ad alto volume, e usa un linguaggio (il cosiddetto «amazoniano») che italianizza parole inglesi come “stoware” o “lead” invece di usare le corrispondenti italiane (stoccare e caposquadra). Questi elementi sono usati per presentare Amazon come luogo di lavoro moderno e giovane. Ad ogni inizio turno, una sessione motivazionale di qualche minuto guidata da un «manager» (capoturno) cerca di convincere i lavoratori a credere nella missione di Amazon. Eppure questo progetto ideologico sembra una mossa disperata di fronte alla realtà del lavoro nel magazzino.
NEL SUO LAVORO SULLA FIAT, Alquati sottolineava come l’azienda usasse l’introduzione di nuove tecnologie sulle linee di produzione per poter usufruire della massa di operai non qualificati che stava emigrando verso Torino dalle aree depresse e rurali del Sud. Ad Amazon lo scanner per codici a barre (la pistola sparacodici), che indica ai lavoratori la collocazione di una merce e permette di inserire nel sistema l’avvenuto prelievo (o meglio «pick»), è la tecnologia principale su cui si basano questi processi di dequalifica. Anche il brevetto depositato alcuni mesi fa da Amazon per un braccialetto elettronico che guiderà la mano del picker verso l’oggetto giusto ha lo stesso scopo: non automare la produzione, ma piuttosto velocizzare e intensificare il lavoro vivo, semplificando e standardizzando i compiti e quindi riducendo la necessità di manodopera qualificata. Amazon assume masse di lavoratori privi di esperienza o specializzazione, che possono essere addestrati in poche ore. In questo modo Amazon gode di grande flessibilità nell’organizzazione del lavoro, e può introdurre di continuo nel magazzino lavoratori nuovi, disposti a tollerare ritmi di lavoro elevati e turni imprevedibili.
LE «FORZE NUOVE» negli anni ‘60, analizzate da Alquati, erano il risultato delle migrazioni interne verso il Nord in rapida industrializzazione. Il sindacato faticava a comunicare con questa nuova massa di lavoratori che entravano in Fiat. Tuttavia Alquati seppe prevederne il potenziale politico, che sarebbe esploso da lì a pochi anni. Oggi i lavoratori e le lavoratrici di Amazon sono piuttosto il risultato di migrazioni globali, e i bianchi italiani ne sono solo una componente. Provengono dalla provincia e dalle periferie, con una grande variabilità in termini di età e persino ceto sociale. Questa diversità contribuisce a rendere il lavoro sindacale difficile, e i confederali tendono a organizzare lavoratori bianchi italiani.
estratto da L'INCHIESTA “AMAZON È LA NUOVA FIAT”
IL MANIFESTO  del 19.09.2018