-ugo
rossi-
PER UNA RICONCILIAZIONE
TENERE INSIEME IL COMUNE CON LA POLITICA DEI DIRITTI SOCIALI
TENERE INSIEME IL COMUNE CON LA POLITICA DEI DIRITTI SOCIALI
- una sfida fondamentale se si
vuole lasciare un segno in questi tempi difficili / sviluppare la politica del comune sul
terreno rivendicativo sociale nella metropoli globalizzata / non solo lotte per un nuovo welfare dei diritti come
nella città fordista / bisogna costruire anche situazioni di vita e
relazioni autentiche liberate dal denaro, dalla proprietà privata e dalle
passioni tristi
Il
2011 è stato un vero e proprio spartiacque per i movimenti sociali a livello
mondiale. Il loro impatto è paragonabile a quello del “movimento di Seattle”
del 1999-2001. È importante apprezzare il salto di qualità compiuto in
quest’ultima fase. Non solo più contestazione dell’egemonia neoliberista in
quanto tale ma anche concreta identificazione dei responsabili delle politiche
neoliberali, critica delle élites, rivendicazione di spazi di democrazia reale,
ricerca di nuovi modelli di far politica basata sul rifiuto delle gerarchie
prestabilite nei ruoli.
Non
è un caso che le esperienze politiche più significative in campo progressista
siano un’emanazione del ciclo di movimenti post-2011: dalla candidatura di
Bernie Sanders, che non sarebbe stata possibile senza Occupy Wall Street, a
Podemos e Barcelona en Comú in Spagna e Catalogna. Lo stesso movimento dei beni
comuni, per il “comune”, non sarebbe pensabile oggi senza quel ciclo di
movimenti e lotte.
Una
ampia riflessione nel pensiero critico e negli studi urbani ha messo in
evidenza un punto fondamentale di quel ciclo di movimenti: non si è trattato di
lotte per diritto alla città, come nella tradizione novecentesca, ma di
movimenti in cui sono emerse singolarità insorgenti che sono diventate
moltitudine in seguito a un processo di autoriconoscimento collettivo. La città
è diventata teatro della politica dell’incontro, come è stata chiamata, o della
politica del comune e non più solo di lotte per la rivendicazione dei diritti
alla città (trasporti, casa, lavoro, salute) da parte dei ceti subalterni come
nella città fordista-keynesiana.
Negli
ultimi 2-3 anni abbiamo visto però alcune cose cambiare, in peggio purtroppo.
L’esplosione dei movimenti nazional-populisti – da Trump alle nuove destre
europee – o la trasmutazione di quelli che si dichiarano “post-ideologici” –
con la svolta a destra dei Cinque Stelle sull’immigrazione, e non solo – non
sarebbe potuta essere possibile, a ben vedere, senza le rivolte del 2011 e
degli anni successivi. Il populismo è infatti il gemello contrario,
l’appropriazione in forma distorta della critica anti-elitista dei movimenti
del 2011 e del desiderio per il comune di cui sono espressione.
L’esperienza
italiana, in particolare l’elezione recente delle amministrazioni 5 stelle a
Roma e Torino, merita attenzione, perché se si vedono le cartografie elettorali
del voto comunale del 2016 in quelle due città si nota come i quartieri
disagiati delle periferie abbiano votato in massa per i candidati cinque stelle
mentre quelli delle aree benestanti del centro hanno votato per il centro
sinistra. Questo riflette a una scala urbana la polarizzazione del voto che si
è avuta negli Stati Uniti, tra aree dinamiche della costa e aree in declino
economico dell’interno e in particolare della Rust Belt ex industriale dove
Trump ha promesso di restituire il benessere perduto a una classe operaia
bianca in preda alla disperazione per l’emorragia continua di posti di lavoro
(il picco nel consumo di eroina che si è avuto negli USA in anni recenti è
concentrato in aree “bianche”).
Quindi,
in un senso o nell’altro, le città sono cruciali non solo per capire i movimenti
progressisti per la giustizia sociale e per il comune, ma anche il loro
opposto: quelle forze che utilizzano la rabbia sociale della maggioranza dei
residenti per attaccare i nemici dell’Occidente: i migranti, le minoranze
religiose (i musulmani), i rom, etc. colpevoli di accamparsi nelle nostre città
e di competere con i “cittadini” per i servizi sociali: a partire
dall’assegnazione degli alloggi pubblici ormai residuali.
La
questione abitativa è oggi strettamente intrecciata con la crisi dei rifugiati
e con il rigetto che il ventre molle dell’elettorato italiano ha iniziato a
manifestare in questi ultimi 2-3 anni verso i migranti. Ne è testimonianza il
graduale ma inequivocabile adattarsi del movimento Cinque Stelle al nuovo senso
comune (reale o costruito che sia), come si può vedere dalle dichiarazioni di
Grillo e Di Maio, in particolare dal 2016 in poi, che hanno associato il
fenomeno migratorio al terrorismo, hanno escluso i migranti dal diritto al
reddito di cittadinanza, hanno attaccato le Ong umanitarie che operano nello
Stretto di Sicilia.
La
città, la metropoli globale, ha dunque un potenziale politico che però rischia
di essere compromesso dalle contraddizioni sociali irrisolte e dalla divergenza
nei bisogni sociali (tra “cittadini” e “ospiti”) alimentata dalle politiche
neoliberali esistenti. Per tale ragione oggi per avere una politica del comune
è fondamentale avere una politica di rivendicazione di un sistema di welfare:
non chiamiamolo welfare state, chiamiamolo welfare e basta, che sia municipale,
nazionale, sovra-nazionale: purché ci sia.
Io
credo che, per dirla in termini politici(stici) conciliare Podemos con Sanders
o Corbyn sia fondamentale. O per dirla meglio, penso che tenere insieme la
politica del comune – alimentata dal desiderio di essere felici stando insieme
con gli altri, di costruire situazioni di vita in comune e relazioni
autentiche, non mediate dal denaro e dalla proprietà privata e liberate dalle
passioni tristi del neoliberalismo (la carriera, la competizione individuale,
etc.), e di trasporre questi desideri e queste relazioni in istituzioni
durevoli – con una politica “socialista” dei diritti sociali – che assegna
priorità ai bisogni dei gruppi sociali subalterni – sia oggi la sfida
fondamentale che ci aspetta, se vogliamo lasciare un segno in questi tempi
difficili.
l’intervento
di Ugo Rossi è stato presentato alla 3 giorni Commons and Cities che si è
tenuta a Napoli, negli spazi dello Scugnizzo Liberato e dell’Asilo, dal 17 al
19 novembre: uno spazio di discussione trasnazionale che ha messo al centro il tema della produzione del comune
nelle città e nelle metropoli