-Plateforme
d’Enquêtes Militantes-
Quali le prospettive della lotta per invertire il rapporto di forza in favore
dei lavoratori?/
PEM: Da qualche anno si parla sempre più di “capitalismo
delle piattaforme”, ma che cosa s’intende con questa espressione?
Hadrien: La parola “piattaforme” è piuttosto generica e può
concernere molte imprese di servizi diversi: delle aziende come Uber o delle
piattaforme di pagamento online come Paypal o ancora delle strutture più o meno
associative come, in Francia, La ruche qui dit Oui. Queste
piattaforme sono tutte organizzate su dei modelli decisamente differenti e se è
senz’altro vero che alcune di esse sono riuscite a stabilizzarsi, altre più
recenti hanno un modello meno sicuro e funzionano grazie a degli investimenti
rischiosi. In linea generale si può comunque individuare una struttura comune a
queste piattaforme digitali, ossia proporre un modo d’organizzazione aperto,
che gestisce, da un lato, molti “contributori” (dalla vendita di prodotti a
quella di forza-lavoro) e, dall’altro, il mercato stesso tramite la messa in
relazione tra consumatori, la gestione di una quantità importante di dati, ecc.
Vi è effettivamente una rottura con il modello dell’impresa più “tradizionale”,
quello dell’azienda, nel senso in cui tali piattaforme mettono in relazione dei
clienti “partner” senza impegnarsi nei confronti della resa dello scambio, di
cui si limitano a prelevare una percentuale. Ossia, tutto essendo a loro
carico, i contributori devono assicurarsi individualmente di produrre a
sufficienza o di realizzare delle vendite sufficienti in quanto il loro salario
è a esse legato.
Per
ciò che ci riguarda, le piattaforme “footech” come Deliveroo, Foodora, UberEats
o ancora Stuart (per citare le più importanti), sono arrivate piuttosto
recentemente in Europa (a partire dal 2010). Il loro modello è abbastanza
classico e simile per tutte: oltre alla gestione delle consegne, giustificano
le loro attività tramite la messa in relazione dei consumatori con dei
ristoranti, garantendo la fatturazione e soprattutto la pubblicità per i
ristoranti partner. Il loro modo di finanziamento passa per una percentuale
sulle ordinazioni (tra il 20 e il 30% della somma totale per Deliveroo per
esempio), ma malgrado il loro basso costo (siccome hanno una debole massa
salariale da gestire e pochissime infrastrutture) si tratta di un settore in
cui vi sono molti fallimenti, a causa del poco valore aggiunto delle corse. Il
modello economico implica infatti una posizione quasi-monopolistica per poter
diventare profittevole, e per riuscirci ricorrono spesso a delle pratiche di marketing
aggressivo: ossia dei costi per ogni corsa molto bassi al fine di attirare i
clienti, un reclutamento massiccio di fattorini (che si traduce dunque per un
abbassamento del salario), ma anche la dipendenza rispetto a degli investitori
in capitale-rischio. Questa instabilità può essere veramente problematica,
siccome i fallimenti sono frequenti e le conseguenze drammatiche per i
fattorini: basti guardare ai fallimenti di Take Eat Easy, fino ad allora leader
del mercato francese, nel luglio del 2016, o quello della piattaforma TokTokTok
qualche mese dopo, la quale, oltre a lasciare sul lastrico i fattorini, ha pure
fatto perdere loro un mese intero di salario.
PEM: Che cosa significa lavorare per una piattaforma?
Qual è il vostro statuto?
Hadrien: Per
lavorare per queste piattaforme, bisogna possedere una partita Iva. Si tratta
di un modello piuttosto recente (stabilito dalla legge Fillon del 2008) messo
in atto in parte per inquadrare certi impieghi precari come i servizi a
domicilio e che si è in seguito progressivamente esteso. Il modello è
caratterizzato dall’assenza di tutte le protezioni accordate dal codice del
lavoro. Siamo dunque privati di salario indiretto: niente sicurezza sociale,
niente congedo malattia, niente disoccupazione né ferie pagate. Chiaramente non
abbiamo nessuna compensazione tradizionale che gli impiegati d’impresa possono
ottenere: buoni-pasto, rimborso di una parte dei costi di trasporto (tenete
conto che molti fattorini abitano lontano dalle zone di lavoro), ecc. E
ovviamente siamo obbligati a versare i contributi al “Régime Social
desIndépendants”, una tassa che si staglia tra il 5,7 e il 23% dei nostri
redditi a seconda del grado di anzianità.
Nella
maggior parte dei casi siamo inoltre pagati “al pezzo” (alla consegna
dell’ordinazione, a volte perfino al km, come con UberEat), anche se in certe
aziende come Foodora vige comunque un salario fisso orario (7,5€/h e 11,5€/h le
sere nei weekend) oltre a un supplemento a corsa. Tale sistema è veramente
fastidioso, non soltanto perché dipendiamo da un sacco di parametri sui quali
non abbiamo alcuna presa (il numero delle ordinazionio il numero di fattorini
disponibili con cui siamo in concorrenza per la loro assegnazione) ma anche
perché una parte del lavoro che siamo obbligati ad effettuare non è remunerata.
Rientra nel lavoro non remunerato ovviamente il tempo d’attesa tra due
ordinazioni, ma anche ciò che attiene alla manutenzione del materiale (bici,
scooter, pulizia dello zaino, etc.) e la gestione del planning, che occupa un
sacco di tempo.
Se
infatti con certe aziende (UberEat, e in parte Stuart) ci si può connettere in
modo “free”, ossia quando si vuole e sperare di ricevere degli ordini, con
Deliverro e Foodora bisogna iscriversi su dei planning che escono ogni sette
giorni per la settimana successiva. Il problema è che i posti disponibili sono
sistematicamente insufficienti rispetto al numero di fattorini che vogliono
lavorare: non bisogna mai essere in ritardo durante l’apertura regolare e
sistematica del planning al fine di racimolare qua e là qualche posto
supplementare sulle fasce che si liberano. Deliveroo ha persino messo in atto a
settembre dei sistemi d’accesso prioritario, ossia in base alle vostre
statistiche (tassi di presenza, tassi di dis-iscrizione tardiva e numero di serate
lavorative nei weekend) potete avere accesso al planning delle 11h, delle 15h o
delle 17h. Ovviamente se vi connettete alle 17h non avete alcuna chance di
recuperare delle fasce libere; e tuttavia è la situazione di molti, in quanto
per potersi iscrivere alle 11h non bisogna avere alcun ritardo, non
dis-iscriversi mai con meno di 24h di anticipo, e soprattutto lavorare tutte le
sere nei weekend. Personalmente, ho mancato l’arrivo di questo nuovo planning a
inizio settembre, e quando mi sono rimesso a lavorare non potevo iscrivermi che
sui plannings delle 17h:fatto sta che non posso proprio più lavorare con
Deliverro in quanto non sono più riuscito a iscrivermi in nessuna fascia,
nemmeno quelle dei weekend che sono le più numerose. Da allora mi sono iscritto
a Foodora.
Tutto
ciò mostra che se si è giuridicamente indipendenti, ma che si tratta
fondamentalmente di un modo per le piattaforme di economizzare sui compiti
classici di inquadramento e di farci pagare i cocci rotti. Altrimenti, il
legame di subordinazione è piuttosto evidente: abbiamo un equipaggiamento
(zaini, vestiti, giacche) ben marcato e visibile, abbiamo pure un numero
importante di consegne da rispettare, che si tratti di distribuzione o di
gestione del planning. Ma soprattutto non abbiamo alcun controllo sulla nostra
attività: che si tratti di corse che si effettuano o che si è più o meno
obbligati ad accettare, senza conoscere in anticipo né la quantità né la
qualità dell’ordinazione, né l’indirizzo di consegna del cliente. Per esempio,
con Deliveroo, dopo aver accettato l’ordine (vi è una percentuale di
accettazione che non deve scendere sotto l’80%), bisogna recarsi al ristorante
per conoscerne il contenuto esatto, ed è solo dopo aver recuperato l’ordine che
si può sapere qual è l’indirizzo di consegna. Con Foodora è anche peggio,
perché non è dato conoscere nemmeno l’indirizzo del ristorante prima di aver
accettato l’ordine (il quale ad ogni modo non può essere rifiutato), e se il
ristorante è troppo lontano (a più di 3km, ciò che accade spesso), bisogna
chiedere al “Dispatch” tramite l’applicazione Telegram (la squadra incaricata
di occuparsi dei nostri problemi durante gli spostamenti, che si trova a
Berlino ed è il nostro solo legame con Foodora) di ritirarci l’ordine,
un’operazione che a volte può richiedere diverso tempo.
Ci
si ritrova così in una situazione molto ambigua, in cui si è al contempo
autonomi, ma sottomessi a moltissime costrizioni esterne, dovute al contempo
alle esigenze della piattaforma, ma anche a problemi più contingenti (meteo,
richieste, ecc.). Questo statuto implica un lavoro decisamente informale:
numerosi scooter non sono dichiarati (bisogna avere un permesso speciale per
effettuare delle consegne in motorino), alcuni consegnano persino in macchina,
a due su uno scooter, vi sono molti che condividono il telefono e il loro
account per effettuare più consegne, altri fanno lavorare dei minorenni, ecc.
PEM: E più precisamente, che significa in termini di
esperienza di lavoro, fisicamente, psicologicamente, ecc.?
Hadrien: Formalmente
non si tratta di un lavoro qualificato, il colloquio preliminare è assai
sommario (solo per dimostrare che siamo in grado di andare in bicicletta) e
quindi siamo pagati, di fatto, per questo. Eppure è un lavoro molto pericoloso,
e la sfida è proprio riconoscere questo disagio edifficoltà. Come ho già detto,
dipendiamo dalla stagione, dal tempo, dalla domanda e così via: ciò procura
parecchio stress e un elevato carico psicologico. Passiamo le nostre giornate o
serate sulla strada, gli incidenti sono molto comuni, come lo sono le
discussioni con gli altri utenti della strada. È anche fisicamente estenuante,
dal momento che si portano carichi piuttosto pesanti (fino a 12 kg per
Stuart!): il tutto condito dalla necessità di andare il più velocemente
possibile. Non ci si pensa, ma la consegna come tale è anche molto
faticosa come quando capita di servire per la decima volta un cliente che vive
al 6° piano senza ascensore. L’altra questione è di farsi riconoscere tutto il
tempo di lavoro speso anche al di là di quello specifico della consegna:
infatti, come già sottolineato, occorre considerare anche il tempo necessario
per gestire la pianificazione delle consegne stesse e il tempo necessario per
la manutenzione delle apparecchiature (che può essere anche molto elevato).
PEM Ecco perché vi siete organizzati come Collettivo dei
Livreurs Autonomes di Parigi… puoi stilare una breve storia della
sindacalizzazione dei fattorini, in Francia e altrove?
Hadrien: Prima
del 2016: il movimento era piuttosto scarso: era soprattutto un processo di
riqualificazione dei lavoratori, con procedure individuali. Va detto che
c’erano meno riders rispetto a oggi, e questi erano in qualche modo più
qualificati e meglio pagati. Le prime mobilitazioni si verificano nel 2016 in
Inghilterra con uno sciopero abbastanza lungo per i lavoratori di Deliveroo
organizzati attorno all’IWGB e all’IWW, il che si traduce in un aumento del
prezzo della corsa di circa il 20%. Inoltre, ci sono alcuni movimenti in tutta
Europa: a Berlino con la FAU, la Spagna con RidersDerechos collettiva, in
Italia attorno al progetto Deliverance (Torino e Milano) vicino al Si-Cobas.
Il 2016 è stato anche un anno molto difficile in Francia, soprattutto a causa della bancarotta di TakeEatEasy (TEE) a luglio che ha lasciato molte persone sul lastrico (ristoranti come distributori). Se le prestazioni lavorative di TEE erano piuttosto ben pagate (una media di 7,5€ la corsa con un in più alcuni bonus), il suo fallimento ha permesso a molte piattaforme di tagliare i salari e le condizioni di lavoro di fornitura. Quindi Deliveroo, che offriva un salario fisso al momento di 7,5€ più da 2 a 4€ per deposito (secondo anzianità), ha cominciato a offrire solo contratti con tariffa alla corsa; sono stati rimossi, inoltre, la maggior parte dei bonus (premio per il maltempo e minimi garantiti nei giorni feriali). Questa tendenza al peggioramento è proseguita quest’anno con la cancellazione del contratto a ore e l’implementazione di nuovi programmi (che ha anche portato a termine le assegnazioni di area). A Foodora anche le distanze massime delle corse sono raddoppiate, da 3 a 5 km, aumento assai rilevante. Inoltre, tutto ciò è stato accompagnato da un reclutamento di massa, che ha avuto l’effetto di introdurre una fortissima competizione tra le consegne: così, è abbastanza comune trascorrerediverse ore senza alcuna consegna (e quindi senza essere pagati).
Il 2016 è stato anche un anno molto difficile in Francia, soprattutto a causa della bancarotta di TakeEatEasy (TEE) a luglio che ha lasciato molte persone sul lastrico (ristoranti come distributori). Se le prestazioni lavorative di TEE erano piuttosto ben pagate (una media di 7,5€ la corsa con un in più alcuni bonus), il suo fallimento ha permesso a molte piattaforme di tagliare i salari e le condizioni di lavoro di fornitura. Quindi Deliveroo, che offriva un salario fisso al momento di 7,5€ più da 2 a 4€ per deposito (secondo anzianità), ha cominciato a offrire solo contratti con tariffa alla corsa; sono stati rimossi, inoltre, la maggior parte dei bonus (premio per il maltempo e minimi garantiti nei giorni feriali). Questa tendenza al peggioramento è proseguita quest’anno con la cancellazione del contratto a ore e l’implementazione di nuovi programmi (che ha anche portato a termine le assegnazioni di area). A Foodora anche le distanze massime delle corse sono raddoppiate, da 3 a 5 km, aumento assai rilevante. Inoltre, tutto ciò è stato accompagnato da un reclutamento di massa, che ha avuto l’effetto di introdurre una fortissima competizione tra le consegne: così, è abbastanza comune trascorrerediverse ore senza alcuna consegna (e quindi senza essere pagati).
Tutto
ciò per dire che la massificazione della forza lavoro e il continuo
deterioramento delle nostre condizioni di lavoro hanno creato un terreno
fertile per il malcontento generale e quindi la formazione di diversi
collettivi. In Francia le città più organizzate sono Bordeaux che ha creato una
sezione sindacale CGT, Lione con il Coursier collettivo, Nantes e,
naturalmente, Parigi con ilCLAP. Rapidamente si è imposto un modello di
sciopero selvaggio, il primo si svolge a Marsiglia a marzo 2017 in seguito
all’annuncio dell’eliminazione delle tariffe orarie garantite per il mese di
aprile. La stessa sera diversi ristoranti sono bloccati, e anche molti riders
che erano venuti per recuperare gli ordini di consegna si uniscono alla
protesta: la mobilitazione ha consentito di recuperare i bonus, ma non è poi
continuato a causa della minaccia di Deliveroo di lasciare la città. Dopodiché
i bonus sono statiaboliti, ma non vi è più stato alcun movimento di
contestazione.
PEM: Come è nato il CLAP? E quali sono le sue principali
forme di azione?
Hadrien: Il
CLAP si è formato alla fine di marzo 2017 a seguito di un raduno nazionale dei
fattorini che si è svolto il 5 marzo a Place de la République (la piazza di
Nuit-Debout) e a seguito di una call del gruppo face book Blocus Paris-banlieue
(nato dal movimento contro la legge lavoro). Abbiamo iniziato a incontrarne
alcuni per pensare a come organizzarci, quindi le prime azioni pubbliche hanno
avuto luogo nelle manifestazioni di aprile (durante le elezioni presidenziali)
e ben presto si è deciso di creare una struttura abbastanza flessibile da
adattarsi all’eterogeneità della forza lavoro. Quindi CLAP non è un vero
sindacato (anche se ci sono forti legami con la CGT e SUD in particolare), né è
un semplice collettivo di auto-aiuto: si tratta di una rete per permettere
un’organizzazione collettiva e invertire il rapporto di forza in favore dei
lavoratori in un contesto di atomizzazione e individualizzazione del rapporto
di lavoro.
Quindi
cerchiamo di agire ovunque, per costringere lo stato a legiferare sul nostro
status, ma soprattutto a fare pressione sulle piattaforme garantendo al
contempo un minimo di sicurezza per il lavoro dei fattorini. I processi di
riqualificazione del lavoro salariato (specialmente con tutto ciò che sta
accadendo dalle parti di Uber e VTC) sono stati molto efficaci poiché hanno
costretto lo Stato a tenere conto delle nostre richieste. Così, nel quadro
delle revisioni imposte dalla mobilitazione contro la legge sul lavoro, abbiamo
compiuto alcuni progressi con il diritto allo sciopero e alla
sindacalizzazione, compreso il “diritto alla disconnessione”. A ciò si è
aggiunto l’obbligo per le piattaforme di partecipare all’assicurazione malattia
e ai contributi di previdenza sociale (l’entrata in vigore è prevista per il
gennaio 2018). Ovviamente questa risposta dello Stato è abbastanza ambigua
perché ci sono comunque poche garanzie sulla reale applicazione di queste
misure: in primo luogo, è difficile sapere cosa implichi esattamente questo
“diritto alla disconnessione”, e bisogna aggiungere che la seconda misura
(assicurazione malattia e previdenza sociale) è anche abbastanza limitata
perché per beneficiarne bisogna aver già dichiarato 5000€ di fatturato annui.
Lo sviluppo delle cooperative può anche essere un buon contrappeso, consentendo
sia di fare pressione sulle piattaforme e di competere in tal modo con esse,
sia di fornire allo stesso tempo una rete di sicurezza per i fattorini che sono
particolarmente coinvolti nella lotta sindacale. Ecco perché lavoriamo molto
con le persone di Coopcycle e con il loro progetto di software open source per
lanciare piattaforme cooperative.
In
generale, a mio parere, ciò che funziona meglio, rimangono comunque i movimenti
collettivi con azioni di blocco. Ve ne furono molte durante il mese di agosto,
quando Deliveroo cancellò i contratti orari per imporre contratti singoli sulla
corsa. L’11 e il 27 agosto, in seguito a una chiamata al raduno della Piazza
della Repubblica, sono state lanciate proteste “selvagge” per bloccare i grandi
ristoranti (tra cui Le Petit Cambodge, Caroussel e Blend), arrivando con
striscioni, fumogeni e torce per fare un picchetto che impedisse agli ordini di
partire. È un metodo piuttosto efficace perché oltre ad essere spettacolare,
permette di avvicinare i corrieri alla nostra causa assicurando al tempo stesso
che gli ordini vengano pagati al ristorante e al fattorino, dal momento che non
appena l’ordine lascia il ristorante non è più sottoposto alla loro
responsabilità. La persona che deve fare la consegna deve solo chiamare il
servizio clienti per avvisare che ci sono problemi nel ristorante che gli
impediscono di lavorare. L’ordine viene poi pagato e il fattorino può o
continuare da un’altra parte o unirsi alla protesta: ciò permette di non
scontentare i ristoratori e allo stesso tempo colpire il portafoglio delle
piattaforme. Alla fine siamo riusciti a disconnettere questi ristoranti per
tutta la serata. Il 27 è stato molto importante visto che le quattro città
(Bordeaux, Lione, Nantes e Parigi) hanno partecipato allo stesso tempo. Non
siamo ancora riusciti a ottenere miglioramenti con Deliveroo, ma questo non ci
ha impedito di continuare il movimento: il 30 agosto abbiamo partecipato a un
“incontro di discussione” sul nuovo programma nei locali della logistica di
Deliveroo. Dal momento che non c’era nessun manager in loco, abbiamo chiesto un
incontro con Hugues Decosse (capo Deliveroo Francia) altrimenti non avremmo
lasciato il posto. Alla fine abbiamo avuto il nostro incontro qualche giorno
dopo, e ce n’è un altro in programma a fine novembre. Ora si tratta di non
cedere ai tempi lunghi della direzione…
Pem: Torniamo alle condizioni di lavoro: avete
individuato dei cambiamenti da questo punto di vista?
Hadrien: Sì,
chiaramente. Come ho già detto, le condizioni di lavoro sono davvero peggiorate
e continuano a degradarsi. Poco importa quali siano le piattaforme, c’è stata
un’assunzione di massa che si basa su un importante turn-over (si calcola che
in media i fattorini non restano più di sei mesi in una piattaforma),
l’estensione dei servizi, ecc. per cui è sempre più difficile avere degli
ordini. Nel caso di Deliveroo c’è stata un’abolizione di tutte le indennità e i
bonus intemperie (pioggia, canicola, eventi particolari) come anche una quasi
totale abolizione della ripartizione geografica. In passato, al momento
dell’iscrizione, era attribuita una zona di intervento particolare, mentre da
settembre e dall’entrata in vigore dei nuovi piani, è possibile iscriversi
ovunque. Questo rende il compito molto più difficile perché quando si va in
zone meno conosciute si è per forza più lenti e altrettanto meno attenti ai
pericoli del traffico e della circolazione. Senza parlare del fatto che
attualmente è possibile ritrovarsi a lavorare su zone diverse nell’arco della
stessa giornata, situazione che complica davvero le missioni (ad esempio si può
essere penalizzati se si è in ritardo per entrare nella zona seguente).
Il
nuovo piano di Deliveroo è alquanto rappresentativo di questi metodi di
controllo [flicage] con l’accesso diretto di iscrizione al piano, ogni
piccolo errore, ogni piccolo ritardo acquisisce un peso e ti penalizza. Ma non
sono i soli, in altre numerose imprese (come Stuart ad esempio) il fatto di
mancare dei turni può portare alla cancellazione di bonus o di ore di lavoro,
ecc.
Pem: E dal punto di vista della lotta, quale prospettiva
vi sembra più interessante, il cooperativismo, le pratiche antagoniste ecc.?
Hadrien: Il
rapporto alle cooperative mi sembra molto ambiguo: come ho già detto, da un
lato può essere una buona idea proporre una rete di sicurezza ai/alle compagn*
che militano, ai/alle collegh* che si fanno licenziare e che non possono
permettersi di ritrovarsi senza lavoro. Può inoltre essere una strategia utile
per mettere pressione alle piattaforme classiche, proponendo altre possibilità
ai fattorini che si troveranno senza dubbio in un ambiente lavorativo più sano.
Tuttavia, mi sembrerebbe pericoloso farne un progetto politico in sé, poiché
sarebbe fare astrazione della società di classe nella quale viviamo e della
divisione del lavoro presente già tra gli stessi fattorini.
Da
un lato il modello economico in questione si basa su dei bassi costi di
spedizione (le piattaforme hanno alti costi d’inquadramento e dunque di spesa
salariale, non di salari indiretti e contributi e pagano un salario basso ai
corrieri) ed è un mercato con un basso valore aggiunto, soprattutto perché si
trasportano in generale degli ordini di medio valore (in media quando si
superano gli 80-100€ di ordine d’acquisto, la spedizione è realizzata da due
corrieri). Quindi è necessario domandarsi in che modo, le cooperative, vorranno
essere competitive: potrebbe funzionare, ad esempio, un prezzo più alto per
servizio di consegna? Questo vorrebbe dire rinunciare a una buona parte di
clientela che, facendo massa, garantisce il basso rendimento di queste
piattaforme. Ugualmente si dovrà vedere con quali ristoranti e negozi le
cooperative vorranno associarsi: se è per continuare a fare consegne per KFC ma
in maniera autogestita, non ne vedo troppo l’interesse. Inoltre, molti grandi
ristoranti hanno dei contratti di distribuzione esclusiva con alcune piattaforme
e non credo che dall’oggi al domani accettino di lasciare il loro accordo di
fornitura per mettersi a lavorare con delle cooperative. Non penso che l’idea
sia di sostituire le piattaforme esistenti con delle cooperative, ma piuttosto
poter prendere in considerazione un “mercato alternativo”.
Inoltre,
è necessario sapere che tipo di fattorini la cooperativa vorrà e potrà
assumere: poco è fatto per permettere ai lavoratori in scooter di lavorare per
la cooperativa (nonostante rappresentino una buona fetta delle piattaforme,
soprattutto coloro che restano più di sei mesi). Inoltre, le cooperative
potranno permettersi di assumere fattorini meno competenti? Corrieri che
non sanno particolarmente come lavorare in bici? Lavoratori più lenti? È bene
non scordarsi che non siamo tutti uguali davanti a questo lavoro:
l’equipaggiamento gioca un ruolo importante; per molti si tratta di un lavoro
stagionale ma quando arriva l’inverno bisogna saper e poter attrezzarsi.
Infatti ci sono lavoratori che usano biciclette con assistenza elettrica e
altri che utilizzano mountain bike di bassa gamma, molto più pesanti. Ho paura,
ad esempio, che si privilegino i ciclisti più qualificati che possono
permettersi una bicicletta dotata di portapacchi (per poter trasportare più
volume) a scapito di lavoratori più precari, che fanno questo tipo di lavoro
qualche mese o qualche anno per crearsi del risparmio e poi tornare su un altro
impiego più classico. Per questo mi sembra che il CLAP debba lavorare con le
cooperative ma senza farsi assorbire perché si dovrà sempre avere una risposta
critica rispetto al deterioramento delle condizioni di lavoro.
Mi
sembra evidente che dobbiamo prendere posizione rispetto al processo di
“uberizzazione” e dobbiamo farlo in funzione di una problematica di classe, in
favore dei lavoratori più precari. Per questo è necessario misurarsi con la
grande eterogeneità da cui è costituita la massa di corrieri, non concentrarsi
sui più qualificati. Molti discorsi di sinistra e anche quelli “a sinistra
della sinistra” identificano il problema delle piattaforme in quanto
produttrici di lavoro precario, ma a me sembra piuttosto che queste piattaforme
si appoggino e riproducano lavoro precario. L’idea non è quella di opporsi
all’uberizzazione per rivendicare una struttura salariale classica, un ritorno
all’impresa come “comunità” dalle caratteristiche comunque alienanti e non meno
centrata sullo sfruttamento. Molti fattorini che hanno lavorato in imprese più
tradizionali preferiscono diventare lavoratori autonomi, “auto-imprenditori”,
poiché l’autonomia proposta, per quanto poi si riveli illusoria, è comunque
allettante per molti. E ciò è da tenere presente. Per me avrebbe molto più
senso lottare con altri lavoratori precari dello stesso settore (gli
aiuto-cuochi o i camerieri dei ristoranti, i lavoratori dei call center, ecc.)
che con altri “uberizzati” solo perché abbiamo lo stesso tipo di contratto di
sfruttamento.
PEM: Ultima domanda, rispetto alla clientela. La
diffusione di questi servizi è legata alla riproduzione di quali strati
sociali?
Hadrien: Nella mia esperienza ho notato che la quasi totalità
delle persone che usano il servizio a pranzo, al di là dei periodi di vacanza,
sono soprattutto gli impiegati negli uffici (spesso piuttosto ricchi, si tratta
soprattutto di aziende immobiliari, di uffici di avocati, ecc.). La sera,
invece, è molto più vario, vi si trova un po’ di tutto: quadri,
famiglie, studenti, ecc., in generale i lavoratori qualificati sono bene
rappresentati, ma spesso vi è anche una clientela più popolare a far ricorso a
tale servizio, in ragione dei bassi costi di consegna. Ciò detto, si tratta
comunque sia di abitanti di Parigi, e soprattutto di coloro che risiedono più
vicini al centro per via dell’accesso ai ristoranti e alla disponibilità di
fattorini. Più in generale, sono in particolare i quartieri più ricchi e
dinamici di Parigi che funzionano meglio, ossia il centro (i primi
quattro arrondissements, il 5° e il 6°), l’11° e i quartieri d’affari,
come la Défense, ecc.
l’intervista
a Hadrien (membro del CLAP-Collettivo dei fattorini autonomi di Parigi) è stata
pubblicata l’11 novembre sul blog
di Plateformes
d’enquêtes militantes
la
traduzione italiana (Effimera)
è stata curata da Davide Gallo Lassere, Andrea Fumagalli e Alice Monticelli