di
Elisabetta Teghil
“..Tutti i controlli compiuti da Nsa
sono stati effettuati
nel rispetto della Costituzione..”
Barack Obama
la ribellione al
pensiero unico non è neppure necessario che sia praticata, è sufficiente
pensarla e scriverne il desiderio. Da qui l’invasivo e onnicomprensivo
controllo sociale. Bisogna esercitare in
prima persona il rifiuto del controllo e della norma sulle nostre vite,
sottrarsi ai valori di questa società che pretende di strutturarci sul
carrierismo, sulla promozione individuale, sulla meritocrazia, sull’ossequio
all’autorità, sull’impianto patriarcale, rigettare i suoi codici, i suoi segni
e i suoi linguaggi, nella consapevolezza che questo nostro percorso di liberazione
è parte del percorso di liberazione degli oppressi tutti/e
Gli
USA e i Paesi dell’Europa occidentale hanno indicato la via. La lotta contro il
comunismo è cosa superata. Non si può impegnare tutta una società
tecnologicamente avanzata nella lotta al comunismo con il rischio che la figura
del comunista, nobile e disinteressato, magari alla Che Guevara, sia seducente.
La
religione dello Stato ha coniato una nuova figura su cui far leva per eccitare
e scatenare gli istinti di difesa e di aggressività.
Quella
del terrorista.
Questo
è il nemico pubblico contro cui agire, legiferare e serrare i ranghi.
Il
terrorista è il male per eccellenza, contagioso, contro il quale ogni essere
normale deve sentire l’esigenza di lottare per la difesa, non solo materiale,
ma ideale, della comunità.
È
la lotta del bene contro il male. E il bene non può essere ovviamente che
l’esistente ordinato, il migliore dei mondi possibili nella stagione della fine
della storia, con il fascino di un teorema immutabile.
Quanto
di meglio c’è nella società coincide con la sottomissione consensuale alle
scelte e agli interessi dell’ordine costituito.
L’autovalorizzazione
del capitale, il suo stato attuale, coincide con l’individuazione del nemico
interno ed esterno per sconfiggerlo.
È
il trionfo della dittatura costituzionale.
L’invasione
dello Stato nella sfera privata deve essere assoluta per costringerci a parlare
con il suo linguaggio, con le sue idee, con la sua voce.
L’assetto
autoritario dell’iper-borghesia si manifesta in modo, non certo indolore, in
tutti i momenti in cui si articola la politica nell’ambito economico, sociale
ed istituzionale.
Questa
stagione è caratterizzata dal principio che sono colpevoli tutti/e coloro che
non possono dimostrare di non esserlo. Tutti/e coloro che non dimostrano la
loro lealtà e fedeltà allo Stato collaborando e contribuendo ad indicare i
colpevoli e a provarne la colpevolezza, non sono innocenti.
È
il passaggio dal reato specifico al reato presunto, dal reato materiale al
reato residuale ed esteso. Il passaggio dalla criminalizzazione de facto a
quella de iure, dalla repressione dei singoli individui alla criminalizzazione
politica e storica dei/delle rivoluzionari/e, dei/delle conflittuali, dei/delle
dissidenti, dei movimenti di liberazione.
In
altri termini non si tratta di una misura congiunturale, né di una misura
puramente repressiva, bensì di una scelta programmatica di natura strategica a
largo spettro che investe tutto il sociale.
I
controlli non riguardano gli oppositori, ma tutto e tutti, compresi quelli/e
che una volta si definivano la casalinga “casa e chiesa”e l’uomo “lavoro e
stadio”. Ma questo livello non è casuale, bensì la sublimazione dell’ideologia
neoliberista, il livello, a senso unico da parte di chi il potere ce l’ha,
dello scontro di classe.
Questo
processo è compiuto e nessuno può illudersi di fermarlo con le barricate del
diritto, della legalità, della Costituzione che, intanto, esistono in quanto
sono sincronizzate e incorporate nella materia vivente del dominio dello Stato
del capitale e dell’iper-borghesia.
Per
eliminare la lotta antagonista il capitale ha deciso che occorre legiferare,
incarcerare, deridere, delegittimare, tappare la bocca a chiunque esca fuori
dal coro.
Ed
è arrivato al punto che la ribellione al pensiero unico non è neppure necessario
che sia praticata, è sufficiente pensarla e scriverne il desiderio. Da qui
l’invasivo e onnicomprensivo controllo sociale.
Per
questo serve canonizzare il comportamento e le scelte personali, teorizzare che
i blocchi stradali, i picchetti, le manifestazioni di piazza spontanee, gli
scioperi, le disubbidienze civili , ogni forma di conflittualità individuale e
collettiva non sono altro che terrorismo.
Questa
società riposa su una concezione dell’essere umano che è quella di un individuo
mediocre, docile e conformista, produttore efficiente e consumatore onnivoro e,
naturalmente, sulla diseguaglianza e l’ esclusione. La sua azione si esercita,
necessariamente, attraverso il controllo a tutto campo di tutti i momenti della
vita: telefonate, internet, carte di credito, luoghi di aggregazione, locali
pubblici e ambienti privati. Un’invasione totale.
Intanto
si accumulano i dati e poi ci si riserva di utilizzarli all’occorrenza. E vero
che gli Stati Uniti sono all’avanguardia anche in questo campo, ma non sottovalutiamo
i livelli di controllo che ci sono in Italia. Certo, gli USA, essendo la
potenza mondiale per antonomasia si permettono di portare la guerra in tutti i
Paesi e di sperimentare le ultime tecnologie con la Cyberwar.
Contemporaneamente,
secondo un copione già visto e sperimentato nel passato con l’URSS, gli USA
enfatizzano le forze degli avversari, oggi materializzati nei BRICS e in
particolare nella Cina, per potersi lamentare e presentarsi come vittime, in
modo che l’opinione pubblica si schieri dalla loro parte.
A
questo scopo servono le prefiche della non violenza, le vestali della legalità,
i bonzi della triplice, i dirigenti dei partitini della così detta “sinistra
radicale” e, soprattutto, del PD. Ma, generosamente, si offrono intellettuali e
professori universitari che devono dare una parvenza culturale a questo
progetto. Non si facciano illusioni, possono anche essere elevati, qualcuno, al
rango di consigliere della corona, ma non saranno cooptati nell’iper-borghesia,
lì si entra per nascita o matrimonio. Questo, comunque, per i più bravi/e e
fortunati/e, agli altri sarà riservato il ruolo di piazzisti dell’ideologia
neoliberista. E non si diano tante arie, un funzionario dei Servizi conta più
di tutti loro messi insieme.
Data
questa logica progettuale, per il neoliberismo si tratta di eliminare tutti gli
scogli, tutti gli “anormali” e gli “asociali”, maniera elegante per dire che si
tratta di affossare la questione sociale nei paesi a capitalismo avanzato e
l’aspirazione all’effettiva indipendenza nei paesi del terzo mondo.
Questo,oggi,
si traduce nella messa sotto accusa di tutta la società antagonista, nella
distruzione di ogni autonomia, nell’estirpazione della lotta sociale e di
classe, presupposto per l’avvento di un’epoca normalizzata e subalterna priva
di zone d’ombra eversive, illuminata in ogni ora del giorno e della notte da un
controllo rigoroso e inflessibile.
Per
fare ciò, la borghesia imperialista, priva di scrupoli com’è, si impegna con
tutte le sue forze chiamando a raccolta tutte le realtà colluse per gettare
nell’apatia, nella paura e nell’odio intestino, milioni di oppressi/e e i
popoli del terzo mondo, passando attraverso una società dove le tensioni siano
sublimate nella lotta al terrorismo, nella denuncia, nella delazione o
dissipate nel suicidio o nel qualunquismo.
Da
questo bassorilievo emerge una struttura sociale in cui politici e poliziotti,
think tank e ong, intellettuali e militari, guerre umanitarie e rivoluzioni
colorate si scambiano ruoli e divise.
Cosa
possiamo fare in un frangente come questo? Cominciare a praticare una virtù che
molti/e, troppi/e hanno dimenticato, l’onestà intellettuale, esercitare in
prima persona il rifiuto del controllo e della norma sulle nostre vite,
sottrarsi ai valori di questa società che pretende di strutturarci sul
carrierismo, sulla promozione individuale, sulla meritocrazia, sull’ossequio
all’autorità, sull’impianto patriarcale, rigettare i suoi codici, i suoi segni
e i suoi linguaggi, nella consapevolezza che questo nostro percorso di liberazione
è parte del percorso di liberazione degli oppressi tutti/e.
Creare
supporti simbolici e semantici dove esercitare la sensibilità, l’emozione, la
passione finalizzate ad una interpretazione altra del mondo, della vita, della
morte al fine di costruire una rappresentazione il più possibile coerente del
tempo e dello spazio in cui viviamo contro la società della piramide sociale,
della pulizia etnica, della segregazione, della discriminazione, del razzismo e
del sessismo. Rovesciare questo impianto, aprirci alla lotta di classe con la
capacità che differenzia i rivoluzionari dai riformisti di vivere il presente
con la forza di quello che sarà.