lunedì 27 luglio 2015

Deleuze’s World

di Manuel De Landa

“Tra tutti i concetti che popolano il lavoro di Gilles Deleuze, c’è ne è uno che risalta per la sua longevità: il concetto di molteplicità… Le molteplicità specificano le strutture spaziali delle possibilità, spazi che, a loro volta, spiegano le regolarità evidenziate dai processi morfogenetici”. La nozione di  ‘spazio’  non è strictu sensu geometrica, ma è direttamente connessa ai processi storici 
L'ontologia di un filosofo è l'insieme di entità che lui o lei assumono come esistenti nella realtà, quei tipi di entità che lui o lei si sono impegnati a asserire come attualmente esistenti. 
Sebbene nella storia della filosofia ci siano una grande varietà di simili impegni ontologici (ontological commitments) siamo in grado molto grossolanamente di classificarli in tre gruppi principali.
Per alcuni filosofi la realtà non ha un'esistenza indipendente dalla mente umana che la percepisce, per cui la loro ontologia consiste principalmente di entità mentali, se questi sono pensati come oggetti trascendenti, o, al contrario, come rappresentazioni linguistiche o convenzioni sociali.
Altri filosofi concedono agli oggetti dell'esperienza quotidiana un’esistenza indipendente dalla nostra mente (mindindependent), ma restano convinti che le entità teoriche - siano relazioni non osservabili, quali le cause fisiche, o entità inosservabili come gli elettroni - possiedano una qualche ontologica autonomia.
Infine, ci sono filosofi che garantiscono alla realtà una piena autonomia dalla mente umana, senza tener conto della differenza tra entità osservabili e non osservabili, e senza considerare l'antropocentrismo che questa distinzione implica.
Si dice che questi filosofi hanno una ontologia realista.
Deleuze è da considerarsi un esempio di filosofo realista, un fatto che di per sé dovrebbe distinguerlo dalla maggior parte delle filosofie post-moderne che restano fondamentalmente non realiste.
I filosofi realisti, d'altra parte, non han bisogno di essere daccordo sul contenuto di questa realtà indipendente dalla mente. In particolare, Deleuze respinge degli enti dati per scontati in forme ordinarie di realismo.Per fare l'esempio più evidente, in alcuni approcci realisti il mondo è pensato come composto da oggetti completamente formati la cui identità è garantita dal loro possesso di un'essenza, da un nucleo di proprietà che definisce ciò che questi oggetti sono. Deleuze non è un realista per le essenze, o per qualsiasi altra entità trascendente, così nella sua filosofia è necessario qualcos'altro per spiegare cosa dà agli oggetti la loro identità e cosa mantiene questa identità attraverso il tempo. In breve, questo qualcosa d'altro sono processi dinamici. Alcuni di questi processi sono materiali ed energetici, alcuni non lo sono, ma anche questi ultimi restano immanenti al mondo di materia ed energia. Così, una ontologia di processo in Deleuze rompe
con l'essenzialismo che caratterizza il realismo ingenuo e, allo stesso tempo, rimuove una delle principali obiezioni che i non realisti muovono al postulato di una realtà autonoma.
La misura in cui egli infatti priva i non-realisti da questa semplice soluzione dipende, d'altra parte, dai dettagli del suo modo di intendere come i soggetti che popolano la realtà vengano prodotti senza bisogno di nulla di trascendente. Per questo motivo non mi interesserò in questa ricostruzione delle fonti letterali delle idee di Deleuze, né del suo stile di argomentazione o deil suo uso del linguaggio. In breve, non voglio preoccuparmi delle parole di Deleuze ma solo del mondo di Deleuze.
Il progetto di base del libro è il seguente. Il capitolo 1 introduce le idee formali necessarie per pensare l'astratta (o meglio la virtuale) struttura dei processi dinamici. Vorrei attingere alle stesse fonti matematiche di Deleuze (geometria differenziale, teoria dei gruppi), ma, a differenza di
lui, non presumo che il lettore abbia già familiarità con questi ambiti.
La presa di Deleuze sui dettagli tecnici è, spero di mostrarlo,completamente adeguata (almeno per gli standard della filosofia analitica), ma la sua discussione dei dettagli tecnici è così compressa, e presume così tanto da parte del lettore, che ill fraintendimento è lì in agguato..
Il Capitolo 1 è stato scritto come un'alternativa alla presentazione vera e propria del soggetto, guidando il lettore passo passo attraverso le diverse idee matematiche coinvolte (collettori, gruppi di trasformazioni, campi di vettore) e dando esempi di applicazione di queste idee astratte con l'obiettivo di realizzare dei paradigmi di processi fisici concreti. Nonostante i miei sforzi
per esplicitare il più possibile il contenuto di descrizioni altamente compresse nel test di Deleuze, tuttavia, l'oggetto rimane tecnico e alcuni lettori potrebbero trovarlo ancora difficile da seguire.
Consiglio a questi lettori di saltare questo primo capitolo e, se servisse, tornarci una volta che la prospettiva tracciata sul piano delle premesse teoriche diventi chiara nel suo campo di applicazioni a questioni meno astratte nei capitoli seguenti. I Capitoli 2 e 3 riguardano la produzione delle diverse entità (enti) che popolano il mondo di Deleuze. Il tema di fondo è che, all'interno di una prospettiva realista, uno non si libera delle essenze fino a quando non le sostituisce con qualcos'altro. Si tratta di un onere che riguarda solo il filosofo realista dato che un non-realista può semplicemente dichiarare entità le essenze mentali o ridurle alle convenzioni sociali. Un modo di pensare l’essenzialismo è vederlo come una teoria della genesi della forma, che è il modo in cui, come morfogenesi, sono considerati gli oggetti nella fisica, vedendoli come più o meno fedeli realizzazioni di forme ideali.


Le matematiche del Virtuale: Multipiani, campi vettoriali e gruppi trasformazionali [Cap.1]
Tra tutti i concetti che popolano il lavoro di Gilles Deleuze, c’è ne è uno che risalta per la sua longevità: il concetto di molteplicità. Il concetto fa la sua comparsa nei suoi primi libri e rimane di centrale importanza, mantenendosi immodificato nel significato e nella funzione fino alla sua produzione finale. La sua definizione formale, è spiccatamente tecnica e include elementi da molteplici, differenti branche della matematica: geometria differenziale, teoria dei gruppi e teoria dei sistemi dinamici. In questo capitolo discuterò il background tecnico necessario a definire questo importante concetto, ma alcune osservazioni preliminari e informali si riveleranno utili a stabilire l’ambito in cui la discussione formale può aver luogo. In prima battuta ci si può chiedere che ruolo giochi il concetto di molteplicità e la risposta potrebbe essere: sostituire il concetto di essenza, molto più vetusto. L’ essenza di una cosa è ciò che dà conto della sua identità, ovvero di quei tratti fondamentali senza i quali un oggetto non potrebbe essere ciò che è. Se tale essenza fosse condivisa da più oggetti, il possesso di un’essenza comune darebbe conto del fatto che questi oggetti si somigliano l’un l’altro, in altri termini che essi formano un genere di cose naturalmente distinto dagli altri. 
Consideriamo una delle più tradizionali esemplificazioni dell’essenza. Quando ci si interroga su cosa renda qualcuno un membro della specie umana la risposta potrebbe essere ad esempio: essere ‘un animale razionale’. Qui non è in questione l’esatta definizione dell’essenza umana (se la razionalità e l’ animalità non venissero considerate proprietà essenziali dell’ essere umano, altre ne prenderebbero il posto). Il punto importante è che vi sia un insieme dato (set), di caratteristiche definitorie e che questo insieme spieghi al contempo sia l’identità della specie umana che la somiglianza reciproca tra i rappresentanti particolari della specie. Nell’ ontologia deleuziana, d’ altra parte, una specie (o qualsivoglia genere naturale) non è definita dai suoi tratti essenziali, ma piuttosto dal processo morfogenetico alla sua origine. Anziché rappresentare categorie senza tempo, le specie sono entità storicamente costituite; la rassomiglianza tra i loro membri essendo spiegata dall’ essere stati sottoposti a processi comuni di selezione naturale, la perdurante identità delle specie venendo a sua volta garantita dal fatto che essa si è isolata progressivamente, dal punto di vista riproduttivo, dalle altre specie. In breve, mentre una considerazione essenzialistica delle specie è fondamentalmente statica, una considerazione morfogenetica, è inerentemente dinamica. E mentre un assunto essenzialistico tende a poggiare su fattori che trascendono il regno della materia e dell’energia, un assunto morfogenetico si libera di tutti i fattori trascendenti, facendo ricorso a risorse generanti-forme, immanenti al mondo materiale. Le specie animali e vegetali, non sono, naturalmente, i soli generi naturali definiti dalle essenze. Molti altri generi naturali: gli elementi chimici o gli insiemi di particelle elementari, per esempio, sono anch’ essi definiti tipicamente in tal modo. In ciascuno di questi casi, si dovrebbero sostituire le categorie senza tempo, con i processi storici. Tuttavia anche se si riuscisse ad agire in tal senso, questa sostituzione condurrebbe solo a mezza strada, rispetto al raggiungimento della meta. La ragione è che pur se i dettagli di un processo dato giustifichino le somiglianze tra i suoi esiti, le similarità che li fanno classificare come membri di uno stesso genere, potrebbero rappresentare delle similarità di processo che richiedono ancora una spiegazione. E quando fossimo impegnati a dar conto di tali tratti comuni, potremmo essere tentati di fare rientrare le essenze dalla porta di servizio. Esse si presenterebbero non come essenze di oggetti o di generi di oggetti, ma come essenze di processi, pur sempre essenze tuttavia. Le varie forme della molteplicità sono introdotte, proprio per spezzare questo circolo vizioso. Ed è in ragione della tenacia di questo circolo che si deve costruire accuratamente il concetto di molteplicità giustificando ogni fase nella costruzione al fine di evitare di incorrere nelle trappole dell’essenzialismo. Per anticipare la conclusione alla quale perverrò al termine di un percorso definitorio lungo e impegnativo sul piano tecnico. Le molteplicità specificano le strutture spaziali delle possibilità, spazi che, a loro volta, spiegano le regolarità evidenziate dai processi morfogenetici. Comincerò definendo un’appropriata nozione di ‘spazio’. Una nozione che non deve essere puramente geometrica, ma che possa essere connessa a questioni inerenti processi. Il termine ‘molteplicità’, è strettamente correlato a quello di ‘multipiano’, che a sua volta definisce uno spazio geometrico con determinate caratteristiche.

[Estratto da Manuel De Landa, intensive science and virtual philosophy.pdf]
tr. it. di Michele Ambrogio e Domenico Quaranta