A rivederla, questa
sequenza, ha del grottesco. Elkann chiude il settore automotive. Non succede
nulla. Ragazzi buttano all’aria delle carte nella redazione di un giornale. Apriti
cielo! interviene anche Mattarella. Elkann pochi giorni dopo vende quel
giornale, una testata che fa parte dell’identità di Torino. Non succede ancora
nulla, sì i giornalisti fanno gli offesi (“Come, a noi colonne della
democrazia, questa partaccia, sig. Elkann!”) in sostanza tutti zitti, perché è
vero che si vende, ma a un amico della Meloni. Qualche giorno dopo dei ragazzi
vengono trovati a dormire nel centro sociale Askatasuna. Dormivano, non stavano
confezionando ordigni esplosivi. E succede il finimondo, il Ministro
dell’Interno scatena le sue truppe, il sindaco con fare solenne indossa la
fascia tricolore e dichiara che quei ragazzi non sono più cittadini
rispettabili. E quando mai lo sono stati, quando mai lo hanno voluto essere!
Un ricordo personale. Il
tema è la Torino-Lione e il movimento di rivolta nella Val di Susa. Una tema
che fa parte dell’identità di Askatasuna. Siamo al volgere del secolo, da più
di un anno mi hanno inserito in un comitato di esperti che deve tracciare al
Ministero le linee guida del nuovo Piano dei Trasporti e della Logistica. Tutto
il trasporto merci è di mia competenza, autostrade del mare, trasporto
intermodale su rotaia, come si fa a ridurre l’impatto del traffico di camion
sulle strade ecc.. Per questo la Torino-Lione non serve, i colleghi che sono
responsabili dei problemi infrastrutturali, ambientali, regolativi, sono
d’accordo. Diremo diplomaticamente che “non è una priorità”. Il nostro
documento va al CIPE, in Parlamento passa con voto bipartisan, ma poco dopo ci
sono le elezioni, Berlusconi rivince e il nostro bel Piano finisce nel cestino.
Passo dal Ministero alle
FS, consulente dell’AD di Trenitalia, e lì ho informazioni di prima mano su
come stanno le cose nel traffico merci su ferrovia. Tra tutti i diversi (sono
cinque) valichi alpini su rotaia il Fréjus sembra il meno importante rispetto
al Gottardo, al Brennero, a Tarvisio e financo Opicina. Prima di lavorare per
Trenitalia però mi capita di andare a Torino, per un evento di associazioni
d’imprenditori. Ricordo che avevo Pininfarina (buonanima) in prima fila seduto
accanto a Virano (buonanima), che è stato per decenni il principale promotore
della Torino-Lione. Io faccio il mio ragionamento, la Torino-Lione non serve. E
spiego perché. In economia dei trasporti – che io non ho mai studiato ma che mi
è stata insegnata dai lavoratori – le caratteristiche del traffico dipendono
dalla composizione merceologica dell’interscambio tra due paesi. Tra Francia e
Italia c’era molta merce di massa (cereali per esempio), soprattutto in import.
Le merci di massa si trasportano su carri particolari ma fanno parte ancora di
un’epoca fordista, il trasporto merci del futuro sarà sempre più intermodale
(container, casse mobili, semirimorchi) per portare componenti, semilavorati, beni
di consumo. Un traffico che ha spedizioni molto più frequenti, dunque il carico
sulla linea aumenta. Sul Gottardo, sul Brennero, stava già diventando l’unico
traffico, dunque era sotto gli occhi di tutti la tendenza del mercato. È vero
che la linea ferroviaria del Fréjus era quasi satura, ma la sua crescita era
gestibile, non era necessario fare una nuova linea, con lunghe gallerie e tempi
lunghissimi di realizzazione. Se il governo italiano avesse dovuto scegliere
quali investimenti erano più urgenti, avrebbe dovuto investire sul Gottardo,
sul Brennero, tanto più che Svizzera ed Austria, ben consapevoli
dell’evoluzione del mercato, ci sollecitavano a farlo. Mentre ai francesi non
importava gran che e nemmeno adesso, dopo vent’anni, hanno fretta di fare la
Torno-Lione. Ero andato anche a Parigi, accompagnato da un alto funzionario del
CNEL, per capire come la pensavano. Ci ricevettero al Senato nel Jardin du
Luxembourg e li trovammo piuttosto freddi.
Dissi queste cose e vidi
gli sguardi allibiti di Pininfarina e di Virano, ma ero pur sempre un
consulente del Ministero, inghiottirono in silenzio, anzi, Pininfarina mi
ringraziò per averli informati su come la pensavano a Roma (magari subito dopo
avranno telefonato al Ministro, era Bersani se non sbaglio, “ma che razza di
consulente si è preso”?). Passai poco dopo alle FS e lì mi convinsi ancor più
di avere ragione. Divenni amico addirittura della funzionaria che aveva la
responsabilità della circolazione sulla linea del Fréjus, coi suoi dati di
prima mano sbaragliavo qualunque avversario. Come vicepresidente
dell’Associazione Italiana di Logistica (per pochi mesi) avevo fatto amicizia
coi colleghi tedeschi, erano allora i leader mondiali, mi nominarono socio
onorario della loro Associazione. Potevo parlare con il direttore del traffico
merci della Deutsche Bahn, coi manager dei più potenti spedizionieri europei,
Schenker, Kühne&Nagel, DSV. A quei livelli si decide il mercato, chi li
frequenta non ha bisogno di grandi studi. La forza del consulente vero – poi ci
sono i faccendieri, ma è un altro discorso – sono le informazioni riservate.
Così mi convinsi che la battaglia degli abitanti della Val di Susa era una
battaglia sacrosanta, per impedire un’opera inutile o, nel migliore dei casi,
non prioritaria. Invece le lobby del cemento, gli sventra-montagne, hanno vinto
una volta ancora e il potenziamento del Gottardo e del Brennero lo hanno dovuto
fare gli svizzeri e gli austriaci, con gli italiani assenti o a rimorchio.
In Val di Susa questo
nostro paese ha rischiato la guerra civile per imporre un’opera inutile e oggi
minaccia d’infliggere anni e anni di carcere a chi ha combattuto una battaglia
giusta.
Per questo gridiamo “Viva
Askatasuna”! Ci sono andato una volta sola a parlare di lotte nella logistica e
mi dispiace. Era il tempo del Covid e ci passò davanti un corteo di No Vax,
uscimmo per vederli passare, ci fischiarono, un esaltato mi venne quasi
addosso, “traditori!”. Tanto per non farmi mancare nulla.
Quando penso alla storia
della Torino-Lione mi coglie una tristezza infinita. Gli avversari di allora
avevano un’altra statura rispetto alle mezze calzette di oggi. Penso alle
merducole di Stellantis, che mettono sul lastrico migliaia di famiglie e si
beccano i bonus. Al loro confronto Pininfarina sembra un gigante.
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