Askatasuna è stato, fino a
un paio di anni fa, il centro sociale
più noto e frequentato della città, attivo da trent’anni in un ex asilo occupato in corso Regina Margherita 47, luogo di attività sociali
e di eventi culturali e musicali, politicamente impegnato su molti fronti
(dalla lotta per la casa all’opposizione al Tav), portatore di una forte
carica antagonista. Ma, da ultimo, esso è stato anche
protagonista di un’inedita iniziativa di confronto/collaborazione con le
istituzioni cittadine. In particolare, insieme con altre realtà del territorio, Aska, come abitualmente chiamato dai suoi
frequentatori, ha lanciato l’idea di
una trasformazione del centro sociale in una struttura
articolata e partecipata a disposizione del quartiere. L’iniziativa ha
avuto seguito e il 30 gennaio 2024 la Giunta
comunale ha adottato una delibera con la quale lo stabile
occupato da Askatasuna è stato individuato come “bene comune” da assoggettare a un “governo
condiviso” con il gruppo dei proponenti, rappresentativo
anche degli occupanti. È così iniziata una fase di
“co-progettazione” finalizzata a mettere
l’edificio in condizioni di sicurezza e di maggior agibilità per attività
sociali, culturali e ricreative utili al territorio (https://volerelaluna.it/politica/2024/02/02/ce-qualcosa-di-nuovo-sotto-il-sole-askatasuna-e-il-futuro-dei-centri-sociali/ ). Il progetto –
seppur con la lentezza tipica delle operazioni burocratiche e con rapporti
spesso complicati tra le parti – è proseguito in questi due anni, nel corso dei
quali il collettivo di Askatasuna ha mantenuto
un’intensa attività, soprattutto in città e in Valle di Susa, ma ha sostanzialmente dismesso l’edificio di corso Regina
Margherita di cui è stato usato per iniziative solo – e saltuariamente
– il cortile (non interessato ai lavori di
riqualificazione).
Questo lo
stato delle cose oggi, quando è intervenuto lo sgombero,
effettuato da ingenti forze di polizia, carabinieri e guardia di finanza in
tenuta antisommossa, che hanno bloccato il quartiere Vanchiglia, chiuso due
scuole, deviato il traffico e finanche il tragitto dei mezzi pubblici e fatto
irruzione nello stabile dell’ex asilo, provvedendo, all’esito, a murarne gli
accessi e a disattivare le utenze di acqua e luce. Superfluo dire che la dismissione dell’edificio è stata
constatata dalle stesse forze di polizia intervenute che, nel corso
della perquisizione effettuata, hanno trovato solo, ai piani superiori, sei
“attivisti” dormienti e due gatti (sic!):
davvero poco per un centro sociale operativo e tale da attentare, addirittura,
all’ordine pubblico! Nonostante ciò, la vicenda ha avuto grande eco di stampa,
accompagnata da dichiarazioni trionfalistiche del Governo e della destra. Ciò
impone alcune considerazioni.
Primo.
L’avversione della destra
per i centri sociali non è certo una novità. Negli anni, poi, Askatasuna è diventata, per l’attuale maggioranza politica (a livello locale
e nazionale), una vera e propria ossessione,
contrassegnata da reiterate richieste di sgombero e da una campagna di
criminalizzazione a cui hanno dato sponda le forze di
polizia (con frequenti perquisizioni e arresti di suoi aderenti), la Procura della
Repubblica cittadina (che si è spinta a istruire un processo per associazione a delinquere, dichiarata totalmente inesistente, all’esito del dibattimento di primo grado, dal
Tribunale di Torino: https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2025/04/16/15-giorni-dopo-lassoluzione-di-askatasuna-un-silenzio-istruttivo/) e la stampa, che si è
distinta, quasi senza eccezioni, nell’indicare il centro sociale come responsabile
di ogni disordine o nefandezza avvenuta a Torino,
in Valle
di Susa
e, da qualche tempo, in ogni parte (o quasi) del territorio nazionale. Fino ad oggi,
tuttavia, nessuno sgombero era stato neppure tentato. L’attuale operazione, avvenuta senza alcun nuovo elemento, rappresenta,
dunque, un salto di qualità dettato da scelte politiche nazionali, essendo evidente la sproporzione –
a dir poco – tra lo sgombero e il perseguimento
di eventuali specifici reati commessi da
persone presenti nel centro sociale. La sua finalità è chiara e consiste nel tentativo del Governo e della
maggioranza politica di riguadagnare terreno dopo le ripetute smentite
ricevute dall’autorità giudiziaria (a cominciare dall’esito del già
ricordato processo per associazione a delinquere); di contrastare e indebolire le mobilitazioni (di cui Askatasuna è stata ed è parte significativa) contro il
genocidio in Palestina e contro le derive autoritarie e la repressione delle opinioni
dissenzienti in atto in città e nel Paese; di ostacolare la politica di governo
inclusivo del territorio intrapresa, in questo caso, dal Comune
di Torino.
Secondo.
L’ultimo rilievo introduce una seconda, inquietante
considerazione. L’operazione di sgombero
effettuata dalla polizia è stata diretta non solo contro Askatasuna ma anche contro il Comune di Torino, a cui – insieme
ai cittadini proponenti – fa attualmente capo lo stabile sgomberato e che ha
approvato e gestito il progetto di riqualificazione bruscamente e
autoritativamente interrotto. Il fatto, rivelatore di un conflitto aperto tra
istituzioni sulle modalità di governo della città (https://volerelaluna.it/politica/2024/02/06/torino-e-il-caso-askatasuna-due-modelli-di-citta/), è di una
gravità inaudita. Per questo, ha
dell’incredibile l’atteggiamento del sindaco che, lungi dall’opporsi – come pure sarebbe
stato doveroso – a un intervento teso a vanificare un proprio progetto, ha dichiarato in tempo
reale la “cessazione” del patto di
collaborazione per la riqualificazione dello stabile in conseguenza dell’“accertamento
della violazione delle prescrizioni relative all’interdizione all’accesso ai
locali” (circostanza idonea a motivare, eventualmente, richieste di
chiarimento e successive prescrizioni ma
non certo la chiusura d’autorità – e da parte di altri – dell’edificio e
del progetto per esso elaborato). La dichiarazione è del tutto incongrua (non foss’altro
perché il “patto di collaborazione” era stato sottoscritto non con Askatasuna ma con i
proponenti il percorso di riqualificazione) e, per i suoi tempi
e il suo tenore, evidenzia un’intesa con
l’autorità di polizia e una subalternità al Governo centrale che si
addice a un podestà di epoca fascista più che a un sindaco di una
Repubblica costituzionale.
Terzo.
Lo sgombero apre nuovi scenari, anzitutto per Askatasuna, la cui scelta di aprire
un rapporto
con l’istituzione cittadina, fin dall’inizio non indolore, lasciava
intravedere nuove possibili strategie per i
movimenti antagonisti (https://volerelaluna.it/politica/2024/02/02/ce-qualcosa-di-nuovo-sotto-il-sole-askatasuna-e-il-futuro-dei-centri-sociali/). Oggi ciò è ancor più
necessario. Lo scrivevamo qualche mese fa, all’indomani dello
sgombero, a Milano, del Leoncavallo: «In società complesse e conflittuali come la nostra
non è pensabile che le realtà aggregative si riducano alle parrocchie e ai
circoli Arci… Le realtà borderline come
i centri sociali non sono un lusso ma una necessità. Oggi più di ieri. Ma la
loro realizzazione richiede, probabilmente, nuove modalità, nuove strade, nuove
alleanze» (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2025/08/25/cera-una-volta-il-leoncavallo/). All’inizio del
percorso che ieri si è traumaticamente interrotto, il collettivo di Askatasuna, in un comunicato stampa dall’ironico titolo “Così è se vi pare”, scriveva: «Sospenderemo la programmazione delle serate musicali
e culturali, con la promessa di farne un orizzonte reale. Temporaneamente faremo in modo
che queste iniziative possano vivere nelle strade della nostra città e del
quartiere. Sicuramente continueremo a partecipare alle numerose lotte e
percorsi che da anni portiamo avanti in città». Una rivendicazione di continuità, pur in una
dimensione nuova, che ieri era una
scelta, oggi diventa una necessità. Ed è una questione che coinvolge tutti.
Quarto.
La vicenda
interpella anche le forze democratiche della città, già ferita da
recenti attentati alle libertà più elementari, dall’annullamento
di autorità di un incontro sulla imperante russofobia, anche allora con un
coinvolgimento del Comune (https://volerelaluna.it/controcanto/2025/11/11/liberta-vigilata/), al provvedimento
di espulsione dell’imam di San Salvario (https://volerelaluna.it/commenti/2025/12/01/limam-mohamed-shahin-noi-il-maccartismo/). È tempo che le forze democratiche riprendano
l’iniziativa e facciano sentire la propria voce. Un’indicazione
in tal senso viene dai “garanti” dell’operazione di riqualificazione e rilancio
del centro sociale di corso Regina Margherita che, in un comunicato emesso
subito dopo lo sgombero, propongono di riaprite la partita: «Chiediamo alla
Giunta comunale e alle forze politiche che la sostengono di adoperarsi per la
riattivazione del progetto e ribadiamo il nostro impegno ad operare in tale
direzione, convinti che le complesse dinamiche cittadine richiedono dialogo e
confronto e non interventi autoritari e repressivi che – è facile prevederlo –
determineranno solo ulteriori contrapposizioni e violenze» (https://viatrivero.volerelaluna.it/comunicato-stampa-su-sgombero-di-askatasuna/).
