- Turi Palidda - No alla discriminazione razziale
Le rivolte delle banlieues si ripetono sin dal 1979 e di fatto hanno memoria delle storiche violenze poliziesche
Durante le grandiose
mobilitazioni contro la scellerata riforma delle pensioni imposta dal
neofascismo di Macron, alcuni avevano rimproverato i giovani delle banlieues di
non parteciparvi. È vero -ma non del tutto – che il “mondo” dei giovani delle
banlieues non è abituato a convergere nelle mobilitazioni sindacali e anche
politiche come quelle dei gilets gialli o delle lotte contro il job act
francese e altre della sinistra antagonista. Da notare che solo ora le sinistre della
NUPES hanno sostenuto quasi unanimemente le attuali rivolte, ma i
sindacati non hanno detto nulla. In realtà le banlieues sono da sempre un
“mondo a parte”, emarginato da tutti (ricordiamo che lo stesso si può dire di
certe zone periferiche di grandi città italiane come Milano, Roma ecc – vedi libro di
Pietro Saitta).
Le rivolte delle
banlieues si ripetono sin dal 1979 nel quartiere della Grappinière, à
Vaulx-en-Velin, vicino Villeurbanne (nei pressi di Lione) e di fatto
hanno memoria delle
storiche violenze poliziesche in Francia. Non è casuale: finito il
periodo dei “trenta gloriosi” (gli anni della ricostruzione postbellica e del
boom economico), la Francia paga il prezzo che la stragrande maggioranza dei
lavoratori e della popolazione ha sopportato con costi umani e materiali immani
per questo “progresso”. Decine furono le bidonville sparse in tutte la Francia
(fra queste quella celebre raccontata da Abdelmalek Sayad, in Una Nanterre
algerina) e i quartieri di case popolari quasi sempre dormitori
invivibili, luoghi di indigenza, bollati dai criminologi come fucine di
devianza minorile e criminalità. La Francia aveva preteso mirare alla prosperità a
tutti i costi e pretendeva anche la creazione di dispositivi e strutture per
forgiare una posterità che avrebbe dovuto assicurare il
ricambio dei genitori manodopera mantenuta a livelli salariali e di qualifica
bloccati (i famosi OS-à-vie, cioè operai comuni a vita, soprattutto immigrati
nordafricani ma anche in parte autoctoni francesi –de souche). Ma l’école
laïque républicaine, considerata il principale crogiuolo per forgiare i
cittadini laboriosi e disciplinati, si era rivelata spesso un luogo di
“acculturazione autoritaria” e di discriminazione razzista, nonostante le
migliaia di insegnanti veramente di sinistra e vocati all’integrazione sociale
di tutti. Basti pensare che la maggioranza dei figli di
immigrati italiani del secondo dopoguerra ebbero il più alto tasso di abbandono
scolastico già alle elementari, perché i genitori parlavano solo
dialetti locali italiani, non erano in grado di aiutarli e allora gli si
diceva: “la scuola non fa per te, impara un mestiere e magari poi guadagnerai
più di chi si diploma”. I figli dei nordafricani erano in parte meno
discriminati perché francofoni, ma lo sciovinismo dominante (a destra ma anche
sinistra) finiva per rigettarli ancor di più se di origine algerina.
L’elezione di
Mitterrand con l’unione delle sinistre nel 1981 aveva suscitato enormi speranze
… di breve durata. Fu lanciato un grande programma di risanamento dei quartieri
popolari, fu abolito il blocco delle mobilità socioprofessionale, la pena di
morte e qualche altra riforma. Ma, dal 1983 Mitterrand si convertì al neoliberismo
ormai in auge in tutto il mondo. Da allora la sinistra francese si converte
-come quella italiana- al liberismo. Dopo, tutti i governi dell’ex-sinistra e
quelli delle destre massacrano le politiche sociali e a livello locale mirano
solo a leccare i centri-città, a speculazioni immobiliari, grandi opere o di
facciata. I servizi sociali delle banlieues sono in parte smantellati e in
parte diventano dispositivi di controllo e di discriminazione (vedi il libro Il
burocrate e il povero). Gli assistenti sociali, come gli
insegnanti, effettivamente di sinistra si trovano in una situazione drammatica
perché sottoposti a controlli e a fare da ausiliari della polizia, alla
“misura” della loro produttività che ovviamente consiste nella quantità di
persone radiate dagli assegni di disoccupazione o di povertà ecc. Così le
ragioni delle rivolte non fanno che accumularsi sin dal 1983, sommandosi a
quelle pre-esistenti sin dal periodo di De Gaulle, Pompidou e soprattutto di
Giscard. La Francia continua a pretendere di essere una delle prime potenze
economiche e militari del mondo… mentre al suo interno esplodono la nuova
povertà, il razzismo e il disastro sanitario-ambientale dovuto al gigantesco sviluppo
delle contaminazioni tossiche.
Per imporre “a tutti i
costi” (come spesso ha proclamato Macron che si atteggia a nuovo re sole)
questo sviluppo liberista, le destre, l’ex-sinistra e poi i governi di Macron
puntano su un dispositivo
poliziesco il più brutale d’Europa. Per primo fu Sarkozy ad aizzare
la polizia e l’opinione pubblica contro i giovani delle banlieues che definì
“feccia” da spazzare via con il Karcher. In questo clima di incitamento al
razzismo è poi esploso lo stato d’emergenza per il terrorismo. Da allora la
Francia è stata dominata da un’accanita crociata contro i musulmani o islamici
in genere, comunemente intesi innanzitutto come magrebini e quindi abitanti
delle banlieues.
L’ex-socialista ed
ex-capo del primo governo del settennato Hollande, Valls alzò la posta sperando
di superare Sarkozy, e insieme a intellettuali dell’ex-sinistra creò
l’associazione –Printemps Républicain– per aizzare lo sciovinismo
razzista (come scriveva anche Sayad, l’universalismo alla
francese è sciovinista e razzista). Da parte sua Cazeneve, nuovo pupillo
dell’ignobile Hollande, nel 2017 fece votare la legge sul “rifiuto d’obbedire
allo stop da parte delle polizie” (réfus d’ottémperer), dispositivo a
sua volta manipolabile in nome del diritto alla legittima difesa (delle
polizie). Come dice Simon Varaine: “Nella polizia le direttive
date dai vertici hanno indicato che non c’è più bisogno
di una minaccia immediata contro gli agenti per procedere a far fuoco“.
È in nome di queste
facoltà che è stato ucciso Nahel a Nanterre il 27 giugno scorso e che, come
documenta il Basta!, in questi ultimi
due anni sono state uccise 44 persone.
La tendenza a passare
alle brutalità e a sparare a vista è comune a tutte le polizie del mondo e in
particolare a quelle degli Stati Uniti che hanno il primato di assassinii da
parte di sbirri. In Inghilterra e altrove le rivolte giovanili (i riots)
si riproducono e in Francia ancora
di più come esplicita reazione contro gli abusi, le brutalità e
gli omicidi da parte
delle forze di polizia che sono proliferati (come anche in
Italia dopo il G8 di Genova).
Il comportamento
abituale della polizia francese nelle banlieues è sfacciatamente provocatorio,
oltraggioso e razzista. Esempio flagrante:
“Un pomeriggio di
domenica cinque giovani adulti (di origine nordafricana) sui
trenta-trentacinque anni, quasi tutti sposati e con un lavoro più o meno
stabile, come abitualmente si ritrovano nella cité (il quartiere marchiato
come la parte peggiore della banlieue prima di andare alla partita della
squadra locale di calcio. Arriva allora una 106 bianca “banalizzata” con a
bordo degli sbirri che li guardano con sospetto e uno sbirro abbassa il vetro
della portiera e dice: “Allora, piccoli
froci, come va?!”
Questa è una delle
modalità correnti con cui gli sbirri si rivolgono persino ad adulti. Peggio è
con i più giovani: i casi di violenze persino inaudite sono noti e raccontati
in decine di articoli e anche libri (vedi sul web “violences policières en
France”: circa 4.090.000 risultati).
Fra questi casi resta
terribilmente scioccante quello di Théo:
“Era una serata di
partite di calcio. A Drancy, a nord di Parigi, Théo stava bevendo un bicchiere
con i suoi amici quando un’auto della polizia irruppe nel suo palazzo, tipico
dei dormitori della periferia parigina. Sotto l’effetto dell’alcol, il giovane
avrebbe insultato gli agenti di polizia che lo hanno preso e portato in
questura. Poco dopo finì in ospedale con una ferita anale di 1,5 cm causata da
un manganello telescopico. Il sangue venne trovato sui suoi vestiti e anche
nell’auto della polizia. All’estremità del manganello, tracce del suo DNA (da fonte di un
media generico … a prova dello sconcerto che hanno suscitato
queste “modalità operative” delle polizie).
I casi di brutalità e
omicidi razzisti sono altrettanto impressionanti (qui un dossier non
di militanti di sinistra).
L’assassinio di Nahel,
17 anni, con un colpo di pistola sulla guancia da parte di un poliziotto a
Nanterre ha scatenato 4 giorni di rivolte in tutta la Francia, persino nelle
piccole città. Questo omicidio ha suscitato ancora più rabbia perché i social
hanno diffuso il video in cui si vede e si sente lo sbirro: qui il video girato dall’amico di
Nahel che racconta che erano su un’auto prestata loro e che affiancati dai
poliziotti si sono fermati e allora uno dei due poliziotti ha detto: “Spegni il
motore che ti sparo in testa”). Sicuramente uno sbirro esaltato, ma
anche convinto di poter godere dell’IMPUNITA’ che abitualmente Macron, Darmanin
e i vertici della polizia riescono ad assicurare agli operatori delle polizie.
Impunità di fatto garantita non solo dalla celebre Ispezione interna (IPGN) che
scatta se ci sono denunce da parte di vittime o famigliari di queste, ma
raramente gli abusi, le brutalità e persino omicidi sono puniti (così come
avviene in Italia dove il censimento
dei crimini delle polizie si deve fare solo sulla base di quanto si ritrova nei
media). Impunità da anni continuamente reiterata da Macron e il suo
ministro della polizia Darmanin nonché l’attuale capa del governo Madame Borne
(per loro l’espressione “violenze poliziesche è falsa e inaccettabile”).
Ma la rivolta
generalizzata in tutta la Francia sostenuta dalla maggioranza della popolazione
di fronte alla flagranza dell’omicidio volontario di Nahel li ha obbligati a
dire che in questo caso non sono state rispettate le “regole operative”. Salvo
che Macron non ha per nulla smesso di bollare i comportamenti dei giovani come
“scene di violenze ingiustificabili contro le istituzioni e la
Repubblica”. E il suo ministro degli interni ha promesso: “la Repubblica
vincerà” e per questo ha inviato oltre 45 MILA agenti, i blindati e di fatto ha
instaurato lo stato d’assedio in tutte le città mentre l’altrettanto losco
ministro della giustizia, Moretti, ha dato direttive per incriminare anche i
genitori visto che fra gli oltre 1.300arrestati in gran parte minorenni.
Tanti si sono di nuovo
chiesti perché i giovani hanno attaccato anche scuole, municipi, servizi
sociali, biblioteche comunali. Come scriveva già per rivolte degli anni
scorsi Didier Laperronye:
“L’azione di bruciare
le scuole è per questi giovani il mezzo per avere l’occasione di un movimento
di ribellione sebbene sprovvisto d’ideologia e di regole, ma che mira a
provocare una “reazione” da parte delle stesse istituzioni. La rivolta è una
sorta di cortocircuito: permette in un istante di oltrepassare gli ostacoli, di
diventare un attore riconosciuto, anche in modo negativo, effimero e illusorio
e ottenere delle ‘conquiste’ per senza poter controllare e ancor meno negoziare
né il riconoscimento né i benefici eventuali”. (NB: alcuni gilets gialli ebbero a dire: “l’unico
modo per farci ascoltare è creare casino” oltre a muoversi al di fuori delle
modalità concordate con le autorità).
Macron e i suoi adepti
non potranno e non vorranno mai capire e riconoscere che queste rivolte sono
dovute innanzitutto al fatto che i giovani hanno perfettamente compreso di
essere considerati “posterità
inopportuna” (espressione che si rifà a Sayad rispetto al modello
tradizionale francese), umanità in surplus o a perdere nell’attuale contesto
liberista (waste life scriveva Bauman). Constatano che i dominanti
nella Francia di oggi li odiano e li vorrebbero eliminare tutti. Se non trovano
lavori malpagati e precari, i giovani delle banlieues sono costretti a
sopravvivere di piccoli lavoretti al nero oppure costretti a scivolare nello
spaccio e nella piccola ricettazione. Allora quale futuro possono offrire loro
la scuola, i servizi sociali, il municipio, la biblioteca e i commissariati di
polizia? (vedi podcast «Giovani di quartiere: il loro quotidiano
raccontato da loro stessi”).
Ancora sabato 1 luglio
45 MILA sbirri sono stati sguinzagliati dappertutto con anche blindati e altri dispositivi in
tante città. Ma, palesemente, i poliziotti hanno paura dell’azione dei giovani
in rivolta perché è imprevedibile e generalizzata, ancor di più di quella agita
dai gilets gialli. E Darmanin reagisce con sfrontatezza estrema dichiarando: “Non
confondo le poche migliaia di delinquenti con la stragrande maggioranza
dei nostri connazionali che vivono nei quartieri popolari”. Ovviamente
il partito di Le Pen e il resto delle destre sollecita Macron a instaurare
uno stato d’assedio
permanente e continua a offrire il pieno sostegno al governo
contro la “teppa incivile” delle periferie. Il capitalismo
coloniale interno perdura. Darmanin sogna di diventare lui
presidente dopo la fine del mandato di Macron prendendo voti al partito della
Le Pen e poi con l’appoggio di questo al ballottaggio, tranne che le sinistre
della NUPES riescano ad essere unite e passare al ballottaggio (cosa possibile
come lo era anche alle ultime elezioni). Il duo Darmanin-Le Pen più il resto
della destra è l’approdo dei due mandati di Macron che non ha smesso di
spostarsi a destra.
I giovani e la
popolazione delle banlieues non possono che chiedersi “Chi ci protegge dalle
polizie?”: queste non proteggono gli abitanti ma solo i dominanti, non
proteggono da abusi, soprusi, brutalità e omicidi, ma sono garantite
dall’impunità che accorda loro il potere proprio perché di fatto è ormai in
guerra contro la maggioranza della popolazione. Questo regime liberista
sfrenato è di fatto fascismo “democratico”: Macron come il governo della
signora Meloni sono eletti solo da una minoranza di aventi diritto al voto. Ma
le riforme elettorali e poi le leggi di questa minoranza che passa per
maggioranza “democratica”, permettono al dominante di turno di strafare e di
pretendere di essere sempre “legittimo”.
In Francia come in tutta l’Europa siamo in una delle congiunture più devastanti dal secondo dopoguerra. La resistenza a questa deriva sarà dura e probabilmente durerà a lungo; ma non c’è sopravvivenza senza RESISTENZA. I giovani delle banlieues francesi mostrano questo !
Post scriptum: anche domenica sera Darmanin ha
sgunziagliato 45 mila poliziotti e gendarmi nelle principali città
francesi, dall’inizio delle rivolte si sono avuti oltre QUATTROMILA
ARRESTI