Nei giorni delle elezioni - che si terranno domani in Spagna [ndr] -, mentre il quadro che ci si presenta dice che “è in arrivo il fascismo”, quando le guerre culturali si intensificano per il probabile ingresso di Vox nel governo e quando le azioni del partito di estrema destra occupano le prime pagine e inondano le reti, è necessario ripensare cosa dobbiamo mettere a fuoco e come analizzare ciò che sta accadendo al fine di indirizzare meglio le nostre battaglie
1. Agitare le contraddizioni di Vox qualora entri nel governo
Mazze che rompono i vetri delle finestre, spintoni alla polizia e bandiere spagnole sono stati l’immagine delle proteste degli allevatori nel mese scorso davanti alla sede della Junta de Castilla y León, a Salamanca. Sebbene quei vaqueros taurini incarnino bene la figura dell’ideale elettore di Vox, quella rivolta era in realtà, contro quello stesso partito, il frutto dei suoi tentativi di governare quella giunta (in coalizione con il Partido Popular, ndt) come se fosse una forza antisistema. È stato il suo assessorato all’Agricoltura che aveva promesso di allentare i controlli sulla tubercolosi bovina. A tal fine ha approvato un nuovo regolamento che però è stato bocciato sia dal governo centrale (quello attuale di centrosinistra, ndt) che dalle autorità europee.
Governare a partire dalla radicalità genera molte contraddizioni e le promesse impossibili da mantenere sono granate sul punto di esplodere in faccia agli esponenti dell’ultradestra: possono sfociare in proteste – o fargli perdere il sostegno dei loro antichi sostenitori. C’è una notevole distanza tra il loro discorso infuocato o i fantasmi che agitano e le realtà a cui possono dar forma dall’istituzione. Per questo, nei patti locali e delle autonomie regionali, Vox ha assunto preferibilmente la cultura, i festeggiamenti, la lingua o l’uguaglianza, tutto ciò che può essere funzionale alla battaglia culturale, mentre il PP ha mantenuto le competenze centrali – urbanistica, economia, imprese – . Buona parte del programma elettorale di Vox, inoltre, per esempio quel che riguarda l’immigrazione, è impraticabile – come il blocco navale di tutta la costa spagnola per impedire l’arrivo dei barconi di migranti – o viola gran parte della legislazione europea. Nonostante le paure che si agitano in tempi elettorali, non avranno vita così facile. Queste saranno le contraddizioni che dovranno essere agitate contro Vox, ovunque riesca a conquistare un po’ di potere. La realtà non sorride nemmeno a loro, il loro ingresso nei governi locali nasconde la realtà, ma c’è un calo o una stagnazione elettorale e i sondaggi dicono che perderanno almeno un terzo dei loro rappresentanti parlamentari (oggi ne hanno 52 e sono il terzo partito, ndt).
2. Definire quali battaglie culturali vale la pena intraprendere
Il programma elettorale di Vox, fortemente radicalizzato e anch’esso basato interamente sulla guerra culturale, è in realtà del tutto impraticabile. Nel caso in cui entrasse al governo, inoltre, Vox sarebbe subordinato al PP – lo stesso è successo a Unidas Podemos con i socialisti -, cosa che comporta il fatto che dedicherà molto impegno a cercare di approfittare di qualsiasi misura, per quanto simbolica e irrilevante essa possa essere, per potersi appendere medaglie. Dovremmo cercare di evitare di aiutarli in questo compito. La polarizzazione è del tutto funzionale alla sua strategia, perché la sua politica fondamentale è sostanzialmente una politica della comunicazione. Pertanto, reagire alle loro sciocchezze e lasciare che siano loro a stabilire l’agenda politica ci colloca esattamente dove vogliono che stiamo. Non si tratta del fatto che l’agenda che vorranno imporre riguardi questioni irrilevanti, ma noi dobbiamo definire quali battaglie vale la pena di combattere.
Non vogliono le bandiere LGTBIQ nei municipi? Per quelle di noi che capiscono che le questioni di genere servono a sostenere l’ordine sociale e associano queste lotte a una battaglia contro il capitalismo, non è poi così importante che l’istituzione sventoli questo simbolo per qualche settimana l’anno. Appenderemo le nostre bandiere in molti altri luoghi e convocheremo le nostre manifestazioni contro la violenza maschile. C’è vita oltre l’istituzione. Certo, comprendiamo che la questione delle bandiere è un chiaro esempio di ciò che gli statunitensi chiamano “dog whistle politics“ facendo riferimento a quel fischio che possono sentire i cani ma non gli umani. In altre parole, dal momento che non possono caricare le dissidenze sessuali in modo molto frontale – con le persone trans il quadro è diverso -, parleranno di bandiere, ma i loro elettori ascolteranno il rifiuto delle lotte LQTBIQ e delle persone che le incarnano. In questo modo, oltre a ottenere il voto più reazionario, intendono conquistare anche il voto gay ultraconservatore. Ma questo rifiuto è minoritario nella società spagnola. Dobbiamo ricordare che, anche nell’accettazione delle dissidenze sessuali, stiamo vincendo.
Dimentichiamo quindi le bandiere istituzionali e gli altri scenari della politica-spettacolo. Prima e dopo le elezioni, avremo bisogno di un’analisi accurata su dove si trovano i veri pericoli per individuarli. È il caso della modifica di alcuni aspetti essenziali della legge sui trans, che è una promessa nella campagna del PP – e che sta sollevando le argomentazioni del femminismo reazionario. Ricordiamo che Amelia Valcárcel, leader dell’opposizione alla legge, ha applaudito Feijóo (presidente del Pp, ndt). Dovremo anche continuare a fare progressi su questioni chiave, come garantire l’accesso al diritto all’aborto, quando sappiamo che in molte comunità esso è pieno di ostacoli. La migliore ricetta per affrontarli è essere organizzati dal basso e avere la capacità di rispondere.
Pertanto, non dobbiamo abboccare al drappo rosso di tutte le guerre culturali o concentrarci su misure simboliche che lanceranno, ma piuttosto cercare di reindirizzare le preoccupazioni pubbliche verso la nostra agenda. In questo senso, abbiamo già visto che tutto ciò che ha a che fare con le questioni di genere riesce a mobilitare di più uno o l’altro dei lati dello spettro politico, ma non sarebbe male prestare molta attenzione a questioni come tagli alle tasse, privatizzazione della sanità, politiche abitative, riduzione dell’uguaglianza, ai diritti sociali e perfino a un aumento delle prerogative della polizia per la repressione. Tutti questi temi hanno un impatto più forte sulla vita delle donne o delle persone LGTBIQ rispetto a una bandiera appesa a un edificio ufficiale. Come, naturalmente, lo ha tutto ciò che riguarda le questioni della riproduzione sociale e della divisione sessuale del lavoro, dove risiede la principale proposta trasformativa del femminismo. Non dimentichiamo nemmeno che la guerra culturale è una forma di politica destinata a eludere la lotta di classe – e a creare falsi colpevoli dei problemi sociali: migranti, femministe, chi fa occupazioni… Riuscire a reindirizzarli verso conflitti redistributivi è lo strumento migliore per spezzare la loro cornice.
Se l’estrema destra cresce con l’aumentare della disaffezione politica e di fronte alla crisi dello stesso neoliberismo, è necessario attaccare materialmente la riproduzione di questi malesseri. Non dobbiamo perdere di vista questa questione strutturale, soprattutto alla luce dei primi segnali di un probabile ritorno all’austerità in Europa .
3. Evitare la chiusura del campo politico
Il crescente spazio politico dell’estrema destra – non il voto – genera una sensazione di urgenza e due campi opposti che lasciano poco spazio ad altri modi di intendere la politica. Le guerre culturali e la polarizzazione hanno la capacità di catturare le nostre lotte e reinserirle in un quadro sinistra-destra utile soprattutto per la disputa del potere politico istituzionale. Ecco perché le sinistre si buttano a capofitto in queste battaglie, perché trovano utile mostrarsi come “gli autentici democratici”, i soli capaci di “fermare il fascismo” – non importa se la disaffezione aumenta perché, quando governano, le loro politiche sono fondamentalmente continuiste.
Di fatto, il quadro bipolare e la “paura del fascismo” rafforzano la dinamica di cattura delle nostre lotte, che (in Spagna, ndt) ha cominciato a prendere piede dall’istituzionalizzazione del ciclo 15M. Il quadro che identifica la ministra Irene Montero con il femminismo perché attaccata da Vox e dagli ultras, o l’autocensura quando si tratta di fare pressioni sul ministero delle Pari opportunità perché le sue misure vadano oltre sono un buon esempio di questa dinamica.
La polarizzazione implica una chiusura della potenza e dell’immaginazione. Si chiude così il campo della critica per “non dare armi al nemico”, facendo diminuire in questo modo le possibilità di spingere le politiche verso altri luoghi o di lottare con orizzonti che mettano in discussione radicalmente elementi che toccano gli interessi capitalistici. Pertanto, la possibilità di lottare anche contro i governi progressisti e le loro timide politiche di riforma, di spingere per migliorare le condizioni di vita e ampliare le possibilità di ciò che è pensabile e dicibile, è preclusa. Le nostre rivendicazioni, invece, non possono essere limitate da ciò che può essere ottenuto dall’istituzione. Se diciamo “non attaccate il governo perché quello che sta arrivando è peggio” dimentichiamo di lottare contro l’intollerabile. Come spiegavo in un altro recente articolo, il massacro di Melilla è avvenuto con questo governo, e le condizioni di vita di molte sono già insopportabili anche se Vox oggi non governa.
Il quadro della crisi ecosociale non ammette tregue. Dobbiamo continuare a guardare la luna e non fissare il dito di Vox. La sfida è creare contropoteri autonomi che spingano la situazione e aprano possibilità di azione e di pensiero al di fuori dei ristretti schemi di ciò che è possibile all’interno dello Stato. Ciò che vogliamo – porre fine alle sofferenze causate dal capitalismo – non è contenuto nello Stato ma, in larga misura, contro di esso.
4. Generare autonomia al di là della legge
Il movimento per la casa di Madrid ci ha segnato il cammino: piuttosto che denunciare perché venga rimosso lo striscione dei paramilitari di Desokupa, possiamo intervenire noi. Questa azione implica un ritorno all’azione diretta e la nostra capacità di riprendere l’iniziativa. I movimenti devono smettere di parlare il linguaggio della legge e iniziare a cambiare il linguaggio del potere. L’emergere degli ultras sposta il campo politico a destra, tendiamo a dire, ma non possiamo permettere che lo faccia alle lotte di base.
Questo discorso si può estendere al tic ricorrente di chiedere che il loro “incitamento all’odio” venga denunciato, perché mostra che l’unica soluzione è metterli a tacere. Ciò rafforza la loro immagine di anti-sistema – subiscono la “repressione” – e legittima risposte – come lo stesso delitto d’odio – che poi vengono applicate preferibilmente contro le lotte sociali o contro gli stessi antifascisti. L’esempio dell’attivista condannato a otto mesi di carcere per aver appeso a un albero una figura stilizzata con la faccia di Abascal (il leader di Vox, ndt) ne è la prova –Vox ha chiesto tre anni–. Dobbiamo attivarci per generare le nostre risposte al di là del quadro punitivo. In Francia, è stato Macron, non l’estrema destra, a mettere fuori legge il principale movimento ambientalista, Lés Soulèvements de la Terre, per frenare la potenza delle loro proteste.
Non dimentichiamo nemmeno che in tutta Europa i sindacati di polizia agiscono come movimenti politici a sostegno degli ultras, bloccando attivamente le lotte contro il razzismo istituzionale, la possibilità di affrontare i movimenti di strada neonazisti o i tentativi di vietare le armi letali che usano per reprimerci. Sostenendo nuovi delitti e la loro applicazione, rafforziamo le loro prerogative e rafforziamo il loro quadro e la loro legittimità sociale come “garanti della democrazia”. E cosa succede quando sono proprio loro a commettere delitti d’odio come i carabinieri italiani che picchiano brutalmente una donna trans? Rovesciare la “ley mordaza” e limitare il potere della polizia deve continuare ad essere una delle nostre priorità.
5. Fare meglio e in modo più organizzato
Le nostre lotte sono dunque sfidate a prendere le distanze da queste forme politiche di guerra culturale, vanno reindirizzate verso questioni che ci consentano di andare avanti piuttosto che stare sulla difensiva. Devono cercare di stimolare discussioni complesse al di fuori della logica amico-nemico, devono svincolarsi da soluzioni apparentemente facili – per esempio quelle penali – perché funzionali al perdurare dell’ingiustizia e della disuguaglianza.
D’altra parte, se loro sono contrari a qualsiasi organizzazione o legame sociale che non sia la famiglia o la nazione, noi dobbiamo far andare più in profondità le nostre comunità e le capacità organizzative. Avremo bisogno anche di alleanze bastarde che mettano al centro le lotte per i diritti dei migranti per contrastare il loro potere, ma anche la penetrazione delle loro idee nel sociale, un pericolo che non si può scongiurare dall’istituzione, ma organizzandosi dal basso in spazi di ogni tipo, anche di mutuo sostegno. Contro la paura, organizzazione.
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Traduzione per comune-info di Marco Calabria