giovedì 2 febbraio 2023

«PERCHÉ MI SONO IMBARCATO IN COTANTA IMPRESA?»

 - Carlo Formenti -

   dalla Prefazione di  


Il testo è la parte iniziale della Prefazione del libro di Carlo Formenti "Guerra  e rivoluzione" il cui primo volume, "Le macerie dell'impero" sarà in libreria fra pochi giorni per i tipi di Meltemi, mentre il secondo, "Elogio dei socialismi imperfetti" seguirà fra un paio di mesi   

 


L'autore del lavoro che vi apprestate a leggere verrà verosimilmente accusato di eccessiva ambizione: sia per le dimensioni dell'opera (due volumi per un totale di diverse centinaia di pagine), sia per la vastità dei temi trattati (presa di distanza da certi dogmi cari alla tradizione marxista; impatto della controrivoluzione neoliberale sulla mutazione dei sistemi politici e della composizione di classe, nonché sulla morte delle sinistre in Occidente; rinascita del progetto socialista in Oriente e nel Sud del mondo; abbozzo di linee strategiche per la ricostruzione di un movimento comunista occidentale). Forse l'accusa non è priva di fondamento, tuttavia ritengo che la mia vera colpa consista nel non essere stato abbastanza ambizioso, considerato che la situazione del movimento anticapitalista in Occidente è oggi talmente tragica da poter essere affrontata solo coltivando un'ambizione smisurata. A discolpa del fatto di essere rimasto al di sotto di quanto richiederebbe la situazione, posso addurre due giustificazioni: in primo luogo, i miei limiti soggettivi mi hanno impedito di approfondire ulteriormente l'analisi; inoltre, quand'anche le mie capacità fossero state maggiori, le sfide con cui ardisco qui misurarmi richiederebbero l'apporto di una mente collettiva che oggi, dopo decenni di sistematico smantellamento di partiti, istituzioni, centri di ricerca (nonché di frammentazione organizzativa di quanto ne restava), non esiste più. 


Perché mi sono imbarcato in cotanta impresa? Perché sono convinto che sia urgente trovare il coraggio (non dubito che molti lo definiranno piuttosto arroganza) di porvi mano. Mi si potrebbe obiettare che non mancano corposi - e ben più autorevoli del mio - contributi sugli argomenti sopra citati: da Gyorgy Lukács e Costanzo Preve sui fondamenti del marxismo a Giovanni Arrighi, David Harvey, Samir Amin e molti altri sull'evoluzione del capitalismo; da Alvaro Linera sulle rivoluzioni latinoamericane a Domenico Losurdo sulle chance di rinascita di un comunismo occidentale, per tacere delle decine di autori che troverete citati nel libro, fra cui Vladimiro Giacché, Onofrio Romano, Alessandro Somma e Alessandro Visalli, ai quali sono debitore per i loro suggerimenti e contributi critici (Giacché è autore della Postfazione, Romano, Somma e Visalli dei saggi pubblicati in Appendice al Secondo Volume). Cionondimeno rivendico il merito di essermi impegnato a fondo per interpretare criticamente le teorie, le analisi e le ipotesi di tutti questi autori  (aggiungendovi spero non poco del mio) per costruire una visione coerente della grande transizione epocale che stiamo vivendo in questo primo quarto di secolo. In che misura vi sia riuscito giudicherà il lettore. 


Passo a una sommaria descrizione dei contenuti. Il primo capitolo ragiona sulla cassetta degli attrezzi indispensabili per condurre un'analisi del presente, e sulla esigenza di tagliare certi rami secchi (1) che appesantiscono il plurisecolare albero del marxismo. In particolare, seguendo le lezioni di Lukács e Preve (2), viene messa in discussione l'idea del socialismo come esito necessario di presunte leggi immanenti alla storia, una visione che nasce da una lettura “economicista” del marxismo che, da un lato sopravvaluta il peso di fattori oggettivi quali lo sviluppo delle forze produttive, la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, ecc. e subisce l'influenza del progressismo e dello scientismo positivista borghesi, dall'altro lato sottovaluta il ruolo del fattore soggettivo, il solo in grado di sfruttare la possibilità (non la necessità) di trasformazione sistemica associata alle situazioni di crisi radicale, economica, politica e culturale. 


Veniamo agli altri quattro capitoli della Prima Parte (che occupa interamente il Primo Volume). Nel secondo vengono descritti gli scenari della guerra di classe dall'alto (3) che, a partire dagli anni Ottanta, le élite capitalistiche occidentali hanno scatenato contro le classi subalterne, i cui effetti devastanti si sono evidenziati con particolare evidenza e crudezza durante la crisi del 2008, hanno subito un ulteriore aggravamento con la pandemia del Covid19 e hanno trovato una prevedibile conseguenza in quella guerra russo-ucraina che, mentre segna la fine della globalizzazione, minaccia di essere il prodromo di una nuova guerra mondiale. Il terzo ricostruisce le radici storico ideali del neoliberalismo moderno dalla fine della Prima guerra mondiale ad oggi, un avversario che le sinistre occidentali sono state incapaci di fronteggiare, prima perché lo hanno scambiato per una recrudescenza del liberalismo classico, senza coglierne il potenziale dirompente e innovativo, poi perché si sono arresi alla sua fascinazione, al punto di sposarne i principi teorici e i valori ideologico-culturali. Nel quarto capitolo si respingono le tesi di coloro che hanno abbandonato la categoria dell'imperialismo, ritenendola superata dal processo di globalizzazione, dopodiché si ricostruisce il ciclo egemonico dell'imperialismo americano dalle origini al trionfo degli anni Novanta che, grazie alla caduta dell'Unione Sovietica, sembrava averne decretato l'irreversibile e incontrastato dominio. Si descrive poi come questo nemico dell'umanità stia reagendo alla sfida mortale lanciatagli dall'ascesa cinese, vale a dire cementando un blocco occidentale con le ex colonie britanniche e la UE per imporre con la forza delle armi la continuazione del proprio ciclo egemonico. Quanto al processo di unificazione europea, ne viene evidenziata la natura di progetto anti popolare e antisocialista, finalizzato a espropriare le classi subalterne dei singoli Paesi degli  strumenti istituzionali per difendere i propri interessi. Un progetto ispirato all'ordoliberalismo tedesco che, mentre è riuscito a ridurre le nazioni mediterranee allo status di semi periferia, ha fallito l'obiettivo di costruire un blocco imperiale autonomo dagli interessi statunitensi, come conferma il ruolo subalterno che la Ue sta svolgendo nel conflitto russo-ucraino. 


Il quinto capitolo avanza una tesi radicale: per le classi lavoratrici, e per tutti i soggetti interessati a ricostruire una prospettiva comunista, le sinistre occidentali, - sia quelle socialdemocratiche, che oggi sarebbe più corretto definire social-liberali, sia quelle “radicali - sono a tutti gli effetti dei nemici. Nemici di classe, in quanto rappresentano gli interessi materiali degli strati sociali medio alti che abitano i centri delle grandi metropoli gentrificate, nemici ideologici in quanto alimentano culture – femminismo liberale, pacifismo ed ecologismo depurati da qualsiasi velleità anticapitalista, retorica del politicamente corretto, priorità dei diritti individuali e civili sui diritti sociali, celebrazione della democrazia borghese quale unico modello possibile di democrazia, ecc. - che appaiono non solo compatibili con, ma perfettamente funzionali alla, conservazione dell'esistente. Per tale motivo non è più possibile considerare tali forze come compagni di strada (e nemmeno come alleati, se non per limitate e contingenti esigenze tattiche) di un progetto di emancipazione dal dominio del capitale. 


Mentre la Prima Parte rappresenta la pars destruens dell'opera, la Seconda e la Terza (che nell'indice del Secondo Volume compaiono in realtà come Prima e Seconda Parte) ne rappresentano, assieme alla Postfazione e ai tre saggi in Appendice, la pars construens, nella misura in cui analizzando lo stato attuale, le prospettive di tenuta e le possibilità di sviluppo futuro del processo di costruzione del socialismo nel mondo attuale. 



dal blog di Carlo Formenti