-Antonio Minaldi- Ovvero
“della fragilità umana”
a. L’assalto da parte dei militanti di Forza Nuova alla sede della
CGIL ha provocato tante reazioni e lasciato tanti dubbi. Pare che la deviazione
del corteo fosse concordata con le forze dell’ordine. Per evitare guai
maggiori, dice il ministro Lamorgese, senza però spiegare come è possibile che
a quel punto non siano state messe in opera misure di protezione della sede
sindacale. Come accade spesso nelle situazioni difficilmente spiegabili, ogni
illazione dietrologica diventa possibile, ed in qualche modo plausibile al
comune sentire. Il complottismo è tuttavia sport che non ci entusiasma. Ci
limiteremo pertanto a considerare solo ciò che, in conseguenza dei fatti, ci
appare evidente.
La CGIL, insieme agli altri sindacati storici e a tutte le forze
di sinistra, ha immediatamente chiesto lo scioglimento di Forza Nuova e di
tutti i movimenti neo-fascisti, che per la verità sarebbe atto dovuto, a
prescindere da quanto accaduto, in considerazione della normativa vigente sul
divieto di ricostituzione del partito fascista. Qualcuno tuttavia ha voluto
sottolineare come, in questo modo, possa anche passare surrettiziamente l’idea
(voluta o no che sia) di come l’opposizione a questo governo non possa che
essere violenta e tendenzialmente fascista, compresa quella dei “non green
pass”. Su questo diremo in seguito.
La destra intanto ha cercato di parare il colpo proponendo di
sciogliere tutte le organizzazioni sovversive di destra o di sinistra che
siano. Posizione che purtroppo ha tutti i crismi per apparire di buon senso di
fronte all’opinione pubblica, e che è invece inaccettabile e pericolosissima.
Innanzitutto per la sua genericità (che vuol dire “sovversivo”?) e che sarebbe
ancora peggiorata da una eventuale mediazione parlamentare, che potrebbe
portare ad una legge di vuoto-principio. Una vera e propria “arma di
distruzione di massa” nelle mani di giudici volenterosi e compiacenti. Sarebbe
oltretutto un modo per sancire il nuovo corso della politica: La grande
ammucchiata di tutte le forze sotto il comando di capitan Draghi. Una riedizione
dell’arco costituzionale in lotta contro gli opposti estremismi. Come dire:
ognuno la può pensare come vuole, purché si rimanga nell’ambito delle forze
parlamentari. In caso contrario sei “fuori”, e sei un pericoloso sovversivo.
Non credo sia un caso che il direttore di Repubblica si sia
affrettato, in un suo editoriale, a bollare come sovversivo il movimento No Tav. D’altra parte si
sa che i “cattivi” sono cattivi a prescindere dalle bandiere che vengono
agitate e dalle idee che vengono proposte. Si consideri oltretutto che
sciogliere una organizzazione come Forza Nuova non comporta necessariamente
l’incriminazione di tutti i suoi aderenti. Ma un movimento come si scioglie?
Sono spesso gli stessi militanti a dire di non avere capi. Tutti responsabili e
dunque potenzialmente tutti in galera!
Non credo tuttavia che il PD sia così stupido da cadere, almeno in
questa fase, in una simile trappola. In fondo le difficoltà della Meloni sono
oggi reali ed evidenti. Per un verso è infatti facile capire in quale passato
lontano, ma anche recente, affonda le sue radici “Fratelli d’Italia”. Una
tradizione di cui il partito non vuole e non può fare a meno, innanzitutto per
l’intima convinzione di una parte significativa dei suoi militanti. D’altra
parte però è innegabile che i recenti successi sono legati ad una deriva
nazional-populista legata in parte alla acquisizione di modi e atteggiamenti di
origine “libertariana” e anarco-capitalista.
Si tratta in sostanza di quella tendenza, oggi dominante nei
social e purtroppo presente anche in tante piazze di protesta, a porre come
parola d’ordine il grido “Libertà! Libertà!”, intesa semplicemente come
autoaffermazione egoistica di sé e della propria parte. Alla base sta l’idea
che ogni individuo ha il diritto di trasformare la massimizzazione degli
interessi personali e di parte, e le proprie opinioni, anche non meditate e
verificate, nell’immediatezza di un agire sociale e politico che disprezza il
confronto, la discussione ed ogni forma di agire comunicativo finalizzato alla
comprensione delle ragioni dell’altro. Insomma, non importa chi tu sia. Importa
con chi stai. O la pensi come me, oppure sei un nemico, senza altre
discussioni. E soprattutto sei un nemico della libera espressione della mia
libertà senza confini.
A ben vedere questa logica libertariana dell’agire libero da
qualsiasi restrizione non è poi così lontana dalla “volontà di potenza” della
azione diretta del vecchio militante in camicia nera. Ma questa radice è meglio
lasciarla dietro le quinte. Meglio supportare il grido “Libertà! Libertà!”,
come oggi spesso fa la Meloni, con generici richiami alla Costituzione, non più
“nata dalla resistenza”, e mai citata veramente. D’altra parte la piazza No
Vax, così appetibile per la destra, è piena di militanti provenienti dalla
sinistra radicale e antifascista, e oggi più o meno confusi.
In ogni caso, le presunte o reali difficoltà della destra e il
contemporaneo relativo riavvicinamento di 5 stelle e PD, sono tutti fenomeni
che vanno visti nel quadro dell’attuale situazione politico istituzionale, che
è caratterizzata dalla centralità della figura di Mario Draghi, quale garante
di fronte alle istituzioni europee, del rispetto delle regole comunitarie da
parte del nostro riottoso, e per molti inaffidabile, paese. In ballo ci sono i
191 miliardi del Recovery
fund, troppo appetibili per essere messi in discussione da
qualche bega di schieramento.
Ma cosa vuol dire che Draghi è garante di fronte all’Europa? Senza
entrare troppo nel merito, è tuttavia necessario ricordare un paio di cose per
capire meglio le vicende di casa nostra:
1- le cifre investite nell’ambito del PNRR non vengono elargite
automaticamente e in modo preventivo dall’Europa, ma restituite con scadenza
semestrale dopo essere state spese, e previa approvazione da parte della
commissione europea che valuta l’aderenza ai programmi concordati. Un no
dell’Europa sarebbe una catastrofe finanziaria.
2- dal 2023 tornerà operativo il Patto di Stabilità, che se fosse
applicato alla lettera, dovrebbe prevedere per l’Italia rientri del deficit con
avanzi primari del bilancio dello Stato mostruosi e valutabili intorno ai 150
miliardi (vi risparmio i dettagli del calcolo).
E’ difficile, e anzi pressoché impossibile, che si arrivi a tanto.
Resta tuttavia il fatto che la pandemia in atto, porterà ad una sempre maggiora
dipendenza del nostro paese dai ricatti finanziari e politici delle istituzioni
europee. In questo quadro è ragionevole pensare che, in prossimità di tempi che
potrebbero essere molto duri, la politica dell’arco parlamentare, da destra a
sinistra, e malgrado la veemenza dello scontro verbale, finirà per compattarsi
verso una qualche forma di criminalizzazione o almeno di marginalizzazione dei
movimenti e delle opposizioni di piazza. La logica degli opposti estremismi, in
fondo, è già implicita nella compattezza del sostegno della politica
all’operato di Draghi (malgrado qualche sbiadita critica opportunista e di
circostanza).
A questo punto sarebbe necessario ribaltare il discorso e vedere
il tutto da un opposto punto di vista: quello dei tanto variegati movimenti di
lotta e di opposizione. Ma questo è un altro (fondamentale, difficile e
complesso) discorso che rimandiamo ad altro luogo.
b. La parola d’ordine dei movimenti No Green Pass è, come è noto, “Libertà! Libertà!”. Ci sarebbe molto da scrivere (come abbiamo già fatto e come ancora faremo) su questo concetto vissuto (e urlato) come un assoluto, senza considerare che esso si caratterizza in realtà come una relazione sociale, fondata sulla ricerca, pratica e teoretica, di un sempre difficile e precario equilibrio tra individuo e comunità, tra diritti e doveri, tra valorizzazione di se e responsabilità verso “l’altro”.
Ma in verità,
all’interno del movimento, i veri “idealisti della libertà” sono una minoranza.
Sono infatti relativamente pochi coloro che credono veramente che il problema
sia il Green Pass e l’illegittimità dalla sua imposizione, a prescindere di
cosa si pensi sui vaccini e sulla pandemia. La grande maggioranza è in realtà
su posizioni No Vax. Per costoro il Green Pass è solo l’ultimo anello del
dispiegarsi di un dominio globale che viene spiegato secondo logiche
complottiste e negazioniste.
Anche su complottismo e
negazionismo ci sarebbe da fare un lungo discorso, in quanto risposte
“impotenti”, perché sostanzialmente prive di certezze di verità e di articolate
capacità analitiche e senza credibili prospettive di cambiamento, nei confronti
della pur giusta esigenza di non piegarsi al comando dell’imperante capitalismo
globalizzato.
Stiamo parlando di
posizioni minoritarie. Tuttavia la mia preoccupazione è che complottismo e
negazionismo possano partorire un figlio minore, una sorta di
negazionismo soft. Una forma di riduzionismo che potrebbe
propagarsi in più ampi strati di popolazione, producendo minore attenzione alle
misure di sicurezza e magari inducendo molti a evitare, per esempio, la terza
dose. Come dire: il virus c’è ma alla fine non è tanto catastrofico, e per lui
non vale la pena perdere la nostra libertà o anche affrontare i rischi (saranno
anche minimi, ma non si sa mai!) di un’altra vaccinazione.
In fondo una forma di
riduzionismo potrebbe essere una reazione di adattamento, magari non del tutto
consapevole, motivata da quel bisogno di normalità,che credo cresca
inevitabilmente dopo anni di grandi rinunce e difficoltà. Così come “il panico”
fu la prima reazione all’esplodere della pandemia che metteva in discussione il
saputo scorrere delle nostre esistenze. Sarebbe interessante approfondire
l’argomento, ma la “psicologia di massa” non è di mia competenza.
Di mia competenza è
invece la storia che ho insegnato per tutta la mia vita lavorativa, Ebbene,
riflettevo proprio in questi giorni di come le grandi pandemie che hanno
accompagnato e fortemente condizionato il cammino degli uomini nei tempi, siano
quasi del tutto assenti sui manuali in uso nelle nostre scuole e nelle nostre
università. Giusto un paragrafo sulla peste del 300, e praticamente null’altro.
Malgrado il fatto che di grandi catastrofi pandemiche si parli in tutti i testi
del passato, a partire dalla Bibbia, e poi, per esempio, nel mondo greco: da
Tucidide a Platone e Aristotele, fino ai padri della medicina moderna,
Ippocrate e Galeno.
A volere approfondire
l’argomento si resta innanzitutto impressionati dai numeri. Almeno un terzo
della popolazione europea decimata dalla Peste Nera nel 300. Ma secondo altre
stime, meno ottimistiche, la popolazione si ridusse da 80 milioni a 30 milioni.
Si consideri inoltre che a quei tempi gli uomini circolavano pochissimo e che
comunque la peste ritornò in Europa ad ondate successive tra i sei e i
vent’anni di intervallo, fino all’inizio del 700 (ancora nel 1720 uccise la
metà degli abitanti di Marsiglia). Prima di allora, tra l’anno 500 e il 700 si
ebbe “la peste di Giustiniano”, con stimati tra i 50 e i 100 milioni di morti
(ho controllato più fonti perché la cosa mi pareva inverosimile). E ancora 10
milioni di morti in India nell’800, fino alla recente epidemia di Spagnola di
appena un secolo fa con 50 milioni di morti. Ma tutti questi non sono che
esempi.
Se abbiamo insistito sui
numeri non è per sensazionalismo, ma perché evidentemente l’impatto di fenomeni
di tale portata sull’insieme dei fatti del passato non può essere praticamente
pari a zero, come appare nella storia insegnata ai nostri studenti. Ed infatti
una storiografia più moderna e attenta ci dice cose diverse. Anche qui a mo’ di
puro esempio: Pare che la strage provocata dalla “Peste di Giustiniano “
provocò un massiccio esodo dalle città verso le più sicure campagne, che
secondo alcuni potrebbe essere una delle principali cause della nascita del
feudalesimo, di cui è nota la vocazione rurale. O ancora: uno dei più grandi
misteri della storia, e cioè come sia stato possibile che un pugno di
conquistadores poté abbattere i secolari imperi amerindi, potrebbe trovare una
spiegazione, o almeno una concausa, nella epidemia di vaiolo che, in quegli
anni, uccise almeno tre milioni di indios.
A parte poi andrebbe
considerato il grande valore educativo che potrebbe avere la conoscenza, quanto
più possibile diffusa a livello di massa, degli effetti, positivi o meno, che
ebbero nel passato i vari modi in cui si cercò di contrastare il diffondersi
del male, magari mettendoli a confronto con quelli attuali. Un esempio su
tutti: Durante la peste del 300 mentre a Firenze morivano i quattro quinti
della popolazione a Milano gli effetti furono molto meno devastanti. Gli
storici oggi sono propensi a credere che ciò sia dovuto alla signoria dei
Visconti, che imposero misure draconiane, compreso una prima forma di loockdown, seppure
limitato alle famiglie degli infetti.
Perché queste strane
dimenticanze da parte della storia? La risposta sta molto probabilmente nella
logica fortemente antropocentrica che caratterizza la cultura oggi dominante a
livello globale, e che da sempre sta a fondamento del mondo occidentale. La
storia è vista innanzitutto e principalmente come il prodotto di relazioni
semplicemente umane, all’interno delle quali la natura è intesa nel senso
ristretto di “natura umana”, oppure in senso più ampio, come puro strumento di
dominio, funzionale all’affermarsi della nostra specie. Nella dimensione
tradizionale e premoderna la natura è funzionale al rapporto uomo-Dio, e il
prodursi di eventuali malefici è solo espressione della volontà divina contro
l’umano peccare . Nella cultura moderna d’origine illuminista la natura diventa
invece strumento di sfruttamento per il continuo farsi del progresso umano. In
ogni caso il dominio dell’uomo sulla natura è considerato un fatto destinale,
un dato assiomatico. In questo senso l’idea della fragilità dell’uomo di fronte
alla potenza della natura non può essere neppure presa in considerazione se non
come puro incidente; come eccezione e non come regola; come stato di crisi
sempre superabile e risolvibile. Puro disturbo o rumore di fondo nell’eterno
riproporsi della grandezza umana. La potenza della natura non ha luogo nella
scrittura della storia, almeno in quella non specialistica e finalizzata ad una
educazione di massa. La conseguenza è un diffuso senso comune di presunzione e
un falso pudore che ci spinge a nascondere le fragilità umane.
E’ vero che oggi una
nuova consapevolezza dei rischi ambientali provocati dall’uomo è parte del
nostro sentire. Tuttavia se ci fate caso espressioni come “stiamo uccidendo la
madre terra” sono, seppure in modo del tutto inconsapevole, figlie del delirio
d’onnipotenza della nostra storia. L’uomo non sta distruggendo la terra, ma semplicemente
il proprio habitat, e dunque sta distruggendo se stesso. La terra sopravviverà
per i prossimi quattro miliardi e mezzo di anni, ammenochè un impatto cosmico
non la riduca in polvere. Il che è cosa ben diversa di un “banale” effetto
serra, al quale, a differenza di noi umani, si può adattare benissimo.
Concludendo penso che
oggi una sottovalutazione della possibile capacità distruttiva della natura, e
soprattutto, e nello specifico, la diffusa e pressocchè totale ignoranza degli
effetti che nella storia hanno avuto le precedenti pandemie, anche molto più
catastrofiche di quella attuale, innanzitutto per l’assenza di quelle misure di
sicurezza che sono oggi a nostra disposizione, possano rappresentare un
concreto pericolo di spinta al riduzionismo e alla banalizzazione della gravità
della situazione.
A questo proposito i
mezzi di informazione di massa e la scuola potrebbero fare molto. Ma non sono
ottimista. Per i professionisti dell’informazione il passato non fa notizia. E
per quanto riguarda la scuola si è transitati dai banchi a rotelle del
precedente ministro all’assoluto mutismo di quello attuale.
Perché? Una forma di
riduzionismo storico? La risposta che mi sono dato è SI!
gli articoli quì riuniti sono stati pubblicati su PRESSENZA il 19.10.21 e il 20.10.21