sabato 12 aprile 2025

05#A LO STATO NASCENTE DI UN GRANDE MOVIMENTO PACIFISTA IN ITALIA?

-Toni Casano-


Sabato scorso PRESSENZA ha seguito in diretta la manifestazione NO RIARMO indetta dal M5S, conclusasi ai Fori Imperiali romani inondati – come non mai negli ultimi tempi – da una maggioranza sterminata di partecipanti che non aveva affatto la tessere in tasca del movimento stellato contiano

Alla vigilia nessuno immaginava un cotanto straordinario successo di presenze, moltissime delle quali sono le stesse che hanno fatto crescere il tasso astensionistico nelle ultime tornate elettorali. Un pezzo di società disillusa che non crede affatto più che le risoluzioni delle crisi del nostro tempo possano  risiedere ancora nelle mani di questo ceto politico delegittimato, ma che – purtuttavia –  in modo tracotante pretende di mantenere vivo il “gioco della democrazia rappresentativa”, dividendosi le parti in commedia tra “maggioranza” e “opposizione”, contando soltanto sulla base dei due quinti dei suffragi espressi dall’elettorato attivo; mentre il grosso degli aventi diritto al voto – i tre quinti del corpo elettorato, suddiviso tra radicalismo astensionista e astensionismo partecipato (le “schede bianche”) – evapora del tutto dall’immaginario politico: come per magia di un artifizio stregonesco o per l’abilità truffaldina del biscazziere nel gioco delle tre carte cade nell’oblio; come del resto scompare nel vuoto assoluto lo stesso minoritario elettore dei due quinti che trasferisce astrattamente con mandato di delega una volontà politica sempre più irrilevante.

L’opera mistificatrice del potere viene completata grazie alla copertura offerta dalla gran giostra del mainstream mediatico, secondo il quale “l’astensionista è del tutto ininfluente, non conta nulla ed è causa del suo mal” o – peggio ancora – “è colui che ha favorito la vittoria del campo avverso”. Sostanzialmente il racconto dei mass-media è tutto votato alla rappresentazione politicista di uno spazio istituzionale oligarchizzato, finalizzato alla consumazione rituale dell’atto divinatorio del voto emerso dalle urne, un simulacro evocativo che celebra l’investitura consensuale dell’unto del signore: il principe-partito o il demiurgo di turno che riesce ad incantare le masse.

Orbene, abbiamo voluto ricordare la base della mistificazione politica della realtà sociale, in quanto gli stessi criteri narrativi vengono sistematicamente applicati ogniqualvolta dalla società emergono grandi movimenti di opposizioni conflittuale, come nel caso della giornata del 5 aprile oggetto della nostra disamina. Siccome ad indire l’iniziativa è stato il leader dei cinquestellati, secondo la schiera della fiera “grandi firme” del circo mediatico, il successo è tutto d’attribuire a Giuseppe Conte, il quale annuncia che da quella piazza si riparte se si vuole perimetrare quel “campo largo”, di cui egli – aggiungono i fini commentatori della “libera stampa” – rivendica fieramente la conduzione, giacché forte della legittimazione dalle centomila presenze accorse alla sua chiamata.

Ma su cosa si fonda la radice di questa narrazione se non sulla logica politicista dell’occupazione dello spazio della rappresentanza? Altri ancora, per non lasciar scoperto il fianco all’altro partner in difficoltà nel suo stesso partito, aggiungono – facendo un iperbolico salto – che tra le “piazzuole serraiane” e quella più imponente “contiana”, in realtà non vi sarebbero distanze così incolmabili: potrebbero ritrovarsi sulla stessa lunghezza d’onda nella prospettiva della “difesa comune europea”, mettendo al bando la corsa al riarmo nazional-sovranista e recuperando lo spirito riveduto e corretto del manifesto di Ventotene.

Detto senza alcuna esaltazione, a nostro avviso la piazza di sabato scorso – partendo dalle considerazioni sopra enunciate –  non può essere ridotta ad una semplice esibizione muscolare tra due amici concorrenti. Anzi, per dirla tutta, quella soggettività che ha manifestato per le vie romane non ha nulla a che vedere con le “logiche politiciste” e, molto probabilmente, proprio il monopolio massmediatico esercitato dai “serraioli” è stato uno stimolo in più perché il vero movimento pacifista senza se e senza ma prendesse la parola.

Ha ragione Gustavo Zagrebelsky quando risponde alla domanda sul perché la piazza di Conte è stata più affollata di quelle per l’Europa a Roma e a Bologna. Dice il costituzionalista: «C’è una spiegazione evidente: in quella piazza c’era un afflato democratico dal basso. Il messaggio dei manifestanti era: ‘Noi contiamo, il problema della pace e della guerra deve essere visto non solo dal punto di vista dei potenti, ma prima di tutto da quello nostro, perché le vittime delle guerre siamo noi… I politici di solito accusano le piazze di essere contraddittorie, senza rendersi conto che i problemi della pace e della guerra, e in generale tutti i grandi problemi politici, possono essere visti da due punti di vista diversi: da quello di chi dispone del potere e da quello di chi al potere è sottomesso. Nel caso delle guerre, la disuguaglianza è radicale perché ci sono i potenti che decidono l’inizio e la fine delle guerre e poi ci sono coloro che sono vittime delle guerre».

Bellissima, voglio sottolineare, la considerazione sulle vittime principali di una guerra: da un lato la verità  «quando il clima di guerra si espande la menzogna politica domina»; dall’altro le nuove generazioni che sul tema della guerra sono particolarmente sensibili. Ripete il Nostro, sintetizzando il suo pensiero: «i temi della pace e della guerra possono essere affrontati da due punti di vista. E io dico che quelle piazze stanno guardando il tema della pace dal punto di vista degli umili, dei sottomessi, delle potenziali vittime».

Anche dal palco dei Fori Imperiali, si sono levate parole inequivocabili sul tema della Pace e del Disarmo, interventi di cui nessuno potrà mettere in dubbio la chiara limpidezza pacifista: figure di primissimo  piano che in questi anni terribili di morte non hanno fatto mai mancare il loro netto rifiuto della guerra e delle armi. Ci riferiamo a Tomaso Montanari, Alessandro Barbero, Alex Zanotelli, Barbara Spinelli e tanti altri ancora che si sono alternati dal palco, sapendo ben interpretare lo spirito della massiccia partecipazione: una composita moltitudine capace di  cogliere l’opportunità per esprimere la distanza siderale che la divide dalle sinistre coll’elmetto.

Tutto ciò dimostra, ancora una volta – se ce ne fosse bisogno – come i movimenti sociali  statu nascenti decidono non solo  il loro momento di emersione, bensì anche le modalità e le forme più opportune – autonome o transitorie – per essere protagonisti. Ed il 5 aprile crediamo – o perlomeno ci auguriamo – possa essere stato un’importante appuntamento con la storia dello stato nascente di una nuova realtà, perché in esso riconosciamo la potenziale espansione della nitida tendenza emersa nella manifestazione della capitale, sia  per il disarmo totale sia per la costruzione di una nuova dimensione europeista, sotto forma di una effettiva nuova potenza mondiale pacifista, costituita dal basso dalle moltitudini europee che lottano contro le logiche necessitanti della geopolitica.

Lotte che vanno accresciute e sostenute a partire da quelle che si sono già manifestate in Francia prima e in  Germania dopo contro le destre sovraniste. Speriamo che nel nostro paese possano risuonare forte a grancassa gli echi di questi conflitti sociali, di cui abbiamo sentito le prime armoniose note lungo il composito spartito collettivo, compostosi dentro le fila del corteo che ha attraversato il sabato passato le vie di quel di Roma.


pubblicato anche su Pressenza.com