l’impossibilità di pensare un futuro per Taranto
oltre la Metalmezzadria
captazione della ricchezza sociale in fabbrica
e impoverimento delle altre risorse del territorio
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Girolamo De Michele nell'articolo di oggi su il manifesto ci segnala tre testi che "tutti quelli che parlano di Ilva-Mittal dovrebbero conoscere, e per la più parte -aggiunge- dicono di averli letti". Le letture suggerite sono: le inchieste di Antonio Cederna sul Corriere del 1972 e di Walter Tobagi (vedi l'articolo sul Metalmezzadro, Corriere della sera 15 ottobre 1979) ed il romanzo La dismissione di Ermanno Rea.
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In questi scritti c’è tutto quello che ci sarebbe da dire, oggi: con buona pace di chi continua a recitare la fiaba del modello di sviluppo trainato dal Centro Siderurgico, che con un salto logico incongruo diventa la premessa all’ineluttabilità della sua esistenza, dunque all’impossibilità di pensare un futuro per Taranto senza Fabbrica, l’Italsider-Ilva-Arcelo Mittal ha costituito per Taranto una sorta di Alien che, mentre la teneva in vita, le succhiava ogni risorsa vitale, fino a ucciderla. Avvelenandone non solo l’aria, con emissioni e polveri, e il sottosuolo, con scarichi dei quali tutt’ora si sa poco; ma anche, devastandone la struttura sociale, e imponendosi come la tetra forma mentale di un destino al quale non si può sfuggire.
l'articolo di De Michele NEANCHE I MORTI SONO AL SICURO A TARANTO può essere letto integralmente anche su EURONOMADE.info