Toni Casano
Una ricerca dei Sociologi del Dipartimento “Culture e società” dell’Università di Palermo
L’ossessione del neoliberismo capitalistico per la
sicurezza è il risultato di una grande manipolazione,
attraverso la quale si rappresentano i migranti “come nemici dello stile di vita e del benessere dei paesi ricchi”,
raggiungendo lo scopo duplice
sicurezza è il risultato di una grande manipolazione,
attraverso la quale si rappresentano i migranti “come nemici dello stile di vita e del benessere dei paesi ricchi”,
raggiungendo lo scopo duplice
“di nascondere lo sfacelo indotto
dal dominio neoliberista” –da un
lato-
e “di consentire ai dominanti la precarizzazione e la schiavizzazione
della forza lavoro autoctona e straniera” –dall’altro-
Con non pochi riflessi sulla condizione migrante nei quartieri della città è stata pubblicata - per tipi di PM-Edizioni - la ricerca condotta dai sociologi del Dipartimento “Culture e società”. Il volume collettaneo “Razzismi, Insicurezza e Criminalità” (a cura di Michele Mannoia e Marco Antonio Pirrone) restituisce i risultati di uno studio parte di uno step del progetto A New form of European Citizenship in a Migration Era (NECME), finanziato dall’Unione Europea. Trattasi di un lavoro sociologico che, senza nulla perdere dal lato del rigore scientifico, si offre anche ad un riflessione sull’attualità, con riferimento alla vicenda emigrazione e al suo utilizzo politico strumentale “in grado di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica da tutti i problemi generati dal neoliberismo mondiale”, così come si sottolinea nella nota editoriale del libro.
La ricerca effettuata dal gruppo di sociologi
dell’Università palermitana fa emergere le condizioni che generano il razzismo diffuso, andando oltre le
esemplificazioni di una certa letteratura della emigrazione, secondo la quale
il fenomeno del razzismo e la sua contaminazione sociale sono essenzialmente
causati da “un ritardo culturale”. Cosicché, recuperato questo ritardo, il
fenomeno dovrebbe rientrare. Quel che si registra – invece - nel lavoro di
ricerca è una emersioni di dati che danno sulla “questione razzismo” un quadro
realistico drammatico, ben più complesso ed articolato. In sostanza: quel che
emerge dai dati elaborati dal gruppo di lavoro è una analisi sociologica che
«indica non soltanto una tendenza all’omologazione totalitaria che esclude la
possibilità di essere “altrimenti” e di pensare “diversamente”, ma anche come
la difesa della particolarità rischi di produrre uno sterile localismo e una
pericolosa ossessione identitaria che alimenta la discriminazione e
l’antagonismo tra attori sociali con status
giuridici diseguali».
È chiaro che le determinazioni sociali in atto
non sono un portato neutrale, oggettivamente ineluttabile, cioè frutto della
crisi economica che segna “naturalmente”
il destino degli individui nel “gioco della sopravvivenza”, basato sulla competizione ad excludendum del sistema economico concorrenziale del
libero mercato. Vi sono attori politici, economici e “morali” che agiscono
consapevolmente dentro le dinamiche sociali. Insomma un sistema di potere, la
cui ideologia è ben piantata al centro del processo di globalizzazione
capitalista, imponendo la visione eurocentrica come dominazione universale,
punto di vista attraverso il quale s’è interpretato e scritto la storia, così
come rilevano Michele Mannoia e Marco Antonio Pirrone (p.10).
Nello specifico i curatori del volume mettono sul
banco degli imputati «non soltanto quegli attori istituzionali che,
colpevolmente, hanno preferito puntare sullo straniero solo nella sua qualità
di forza-lavoro facilmente ricattabile, anziché mettere in atto politiche di
piena inclusione dei migranti nel tessuto connettivo della nostra società; ma
anche “imprenditori morali” senza scrupoli che, con la complicità dell’apparato
mediatico, diffondono sentimenti di intolleranza e di ostilità sui quali cresce
l’humus favorevole alla proliferazione
di atti e di violenze razziste». Su questo humus
c’è chi ha investito facendo
fruttare il proprio consenso politico. In questo senso, senza tralasciare le
speculazioni della Sinistra – con le ipocrisie ed ambiguità dei suoi governi
(leggasi: ius loci e le securitarie
scelleratezze minnitiane)-, ci riferiamo alle fortune elettorali leghiste che,
pur mantenendo geneticamente inalterato il proprio genoma razzista (leggi “autonomia differenziata”, con la quale si
tenta di nascondere il malcelato spirito antimeridionalista, fino a ieri
evocato dal suo leader che inneggiava
“Forza Etna… Forza Vesuvio”), ha esteso il proprio raggio d’influenza,
soggiogando paradossalmente le moltitudini del sud, sempre più marginalizzate
dalle politiche redistributive: l’elemosina del reddito di cittadinanza ha
attenuato lievemente lo stato di bisogno di chi sta in fondo alla sacca di
povertà, dentro cui, però, continuano a precipitare ampie fasce di popolazione.
Solo un cambio di prospettiva politica ed economica, a cominciare da “un
riposizionamento dei paesi del Mediterraneo nel contesto europeo” e una
politica economica-monetaria espansiva, capace di incidere sulla distribuzione
più equa della ricchezza, potrà generare nuove condizioni per una società
basata sulla cooperazione sociale e sulla solidarietà umana e la libera
circolazione degli individui, e non soltanto delle merci.