-Collettivo
EuroNomade-
PER
UN MOVIMENTO DI CITTÀ SOLIDALI
\sindaci
di importanti città portuali italiane pronti a disobbedire alle
direttive del governo nazionale, aprendo i propri porti alle operazioni di
soccorso umanitario
\anche
i sindaci di Barcellona e Valencia sono pronti alla disobbedienza dando così rilevanza
sovranazionale ed europea
\tuttociò
prefigura una diversa pratica di
accoglienza e di solidarietà a cominciare dai territori urbani e metropolitani che
riaffermi l’antirazzismo e la solidarietà internazionale
\il
mondo dell’associazionismo cooperante e del movimento solidaristico coi migranti è chiamato
a mettere in campo una mobilitazione
popolare sui cennati valori costituenti per un’Europa senza frontiere e liberata
dalle guerre
Nel
manifesto-appello “Criminalizzazione della solidarietà, diritto alla fuga, città
solidali” che diffondemmo circa due mesi fa all’indomani del sequestro della
nave umanitaria Proactiva Open Arms da parte delle autorità italiane,
individuavamo nelle “città solidali”, ossia nello “strato diffuso di
associazioni, movimenti, gruppi spontanei e singoli cittadini solidali” che
anima le città e metropoli contemporanee, la possibilità concreta di
un’alternativa politica e culturale all’involuzione autoritaria e nazionalista
in corso in Italia e in altri paesi occidentali. I migranti e coloro che si
riconoscono in altre confessioni religiose, in particolare quella islamica,
sono diventati i capri espiatori della profonda crisi economica e sociale che
ha investito il mondo occidentale nell’ultimo decennio, dopo il crack
finanziario del 2008 negli Stati Uniti e la successiva crisi dell’eurozona nei
primi anni 2010.
In
Italia, con rare e in verità poco significative eccezioni sul piano elettorale,
tutte le forze politiche hanno contribuito attivamente alla sempre più estesa
campagna securitaria e xenofoba che ha caratterizzato il dibattito pubblico
negli ultimi anni. All’interno del risorto centro-destra la Lega – messa da
parte la propria caratterizzazione regionalista a favore di una linea politica
apertamente nazionalista – ha acquisito un’egemonia che a ogni tornata
elettorale appare sempre più incontrastata. Il Movimento Cinque Stelle, il
primo partito italiano per numero di consensi nelle recenti elezioni
parlamentari, già prima del cosiddetto “contratto di governo” con la Lega aveva
fatto largo a una leadership nazionale che tradiva la sua originaria
sensibilità per i diritti umani: le prime uscite pubbliche di Luigi Di Maio
nell’aprile del 2017 si erano distinte per affermazioni aggressive contro le
organizzazioni umanitarie impegnate nel soccorso dei migranti definite
oltraggiosamente “taxi del mare”. Infine, il Partito Democratico oggi si dice
pronto a mettersi alla guida di un “fronte repubblicano” in opposizione al
“governo populista” ma nel periodo immediatamente pre-elettorale si era distinto
per ben altre iniziative: nel disperato tentativo di arginare il calo
vertiginoso di consensi, le cui cause erano da ricercare nelle politiche
anti-popolari sulle pensioni e sul lavoro da esso stesso messe in atto, si era
disciplinatamente allineato al credo revanchista della Lega e della nuova
leadership dei Cinque Stelle con l’approvazione del Codice Minniti per le
organizzazioni umanitarie attive nel Canale di Sicilia e con un attacco
violento ai diritti dei rifugiati e dei migranti guidato dallo stesso Minniti.
Un tassello di questo attacco è stata una più ampia torsione autoritaria nella
gestione del cosiddetto ordine pubblico, tramite il varo del cosiddetto “Daspo
urbano” e singoli atti che hanno scosso l’opinione pubblica democratica come lo
sgombero violento di circa settecento stranieri residenti in Piazza
dell’Indipendenza a Roma. D’altro canto, anche alla sinistra del PD,
all’interno di forze e aree politiche variegate, abbondano posizioni ambigue,
che indugiano nel vagheggiare un’improbabile quanto velleitaria versione di
sinistra del sovranismo nazionale oggi dominante.
Nel
quadro certo non incoraggiante di “stabilizzazione reazionaria” – come lo
abbiamo definito – emerso dal voto del 4 marzo, un elemento di rottura che
riaccende le nostre speranze ha iniziato a prendere forma in questi giorni, in
risposta alla decisione del Ministro degli Interni Salvini (Lega) e del
Ministro per le Infrastrutture Toninelli (Cinque Stelle) di rifiutare
l’accoglienza nei porti italiani della nave Aquarius, che ospita a bordo circa
600 migranti: un atto assolutamente inaccettabile di egoismo nazionale e
disumanità, contrario alle convenzioni di diritto internazionale cui l’Italia
aderisce. I sindaci di importanti città portuali come Napoli, Palermo, Messina,
Reggio Calabria, Taranto e Cagliari – espressioni di diverse coalizioni
politiche – si sono dichiarati pronti a disobbedire alle direttive del governo
nazionale, aprendo i propri porti alle operazioni di soccorso umanitario. Anche
all’interno del Movimento Cinque Stelle si stanno manifestando tensioni e
contraddizioni, evidenti ad esempio nelle dichiarazioni favorevoli
all’accoglienza del sindaco di Livorno Nogarin, pur velocemente “ritirate”.
L’analoga iniziativa assunta dai sindaci di Barcellona e Valencia dà
immediatamente rilievo sovranazionale ed europeo a un appello alla
disobbedienza che prefigura una diversa pratica di accoglienza e di solidarietà
a partire dai territori urbani e metropolitani.
Quest’importante
e coraggiosa iniziativa conferma la convinzione con la quale chiudevamo il
manifesto-appello dell’aprile scorso secondo cui “a partire dalle città e
metropoli, ma anche dai luoghi di frontiera come la Val di Susa, è possibile
lanciare una sfida alla criminalizzazione della solidarietà cui oggi si assiste
e, al tempo stesso, dare avvio a un più ampio processo costituente capace di
ridefinire l’idea e l’esperienza stessa di Europa e di globalizzazione”. La
scelta di disobbedienza proposta dai sindaci che abbiamo ricordato deve ora
risuonare e articolarsi con le mobilitazioni e le lotte che attorno al tema
delle migrazioni continuano a prodursi quotidianamente. L’immediata
mobilitazione di NonUnadiMeno, e di molte reti cittadine raccolte negli hashtag
come #apriamoiporti, contro la chiusura dei porti italiani alla Nave Aquarius
in molte città italiane si colloca in questo senso in una linea di continuità
con la risposta dei migranti all’omicidio di Soumaila Sakko in Calabria e
anticipa le manifestazioni previste a Roma, il 16 giugno, e a Ventimiglia, il
14 luglio. Attorno a queste e ad altre date spetterà allo strato diffuso di
associazioni, movimenti e realtà istituzionali variamente impegnate nel
movimento di solidarietà e cooperazione con i migranti mettere in campo una
vasta mobilitazione popolare che riaffermi l’antirazzismo e la solidarietà
internazionale quali valori costitutivi di un’Europa liberata da guerre e
frontiere esterne.