rassegna stampa
Cortei verso piazza
Taksim con l’obiettivo di riprendere piazza Taksim. Lacrimogeni e potenti getti
d’acqua con sostanze urticanti (“medicamentose”, secondo le autorità turche) sparati sui manifestanti.
Intanto continuano le violenti cariche per disperdere la marea umana
Cronaca in continuo aggiornamento in diretta da Istanbul
Non accettano di
restare a casa i manifestanti, nonostante le dichiarazioni rese dal governo sul
fatto che chi si avvicina a Taksim Place è considerato un terrorista.
Fin dalla mattina
cariche della polizia CHE USA SOSTANZE TOSSICHE DENTRO L'ACQUA DEGLI IDRANTI come
testimoniato dalle foto di
Globalproject.
Le prime cariche in
mattinata sono contro il presidio all'hotel Divan, teatro della violenta
incursione della polizia la scorsa notte.
Poi cariche e
scontri avvengono in tutte le strade verso Piazza Taksim, presidiata dalla
polizia, dove ci si è dati appuntamento a partire dalle 16.00 #1milyonbuguntaksime
Intanto Erdogan
cerca il bagno di folla nella periferia di Istanbul, alcune fonti parlano di un
milione di persone per il comizio organizzato dall'AKP come inizio della
campagna elettorale sia per amministrative che per le presidenziali. Sono
arrivati anche da altre parti della Turchia.
Immagini di una
Turchia divisa in due: la folla al comizio del Presidente e le migliaia di
turchi caricati e feriti che resistono nel cuore di Istanbul e delle altre
città.
Per tutto il giorno
i poliziotti non hanno fatto altro che attaccare qualsiasi concentramento,
gassando con sostanze chimiche i manifestanti per ottenere il risultato di
impedire l'accesso a Piazza Taksim. La piazza spettrale in serata era vuota,
protetta da blindati e ruspe con intorno il fumo acre dei lacrimogeni nelle vie
circostanti.
Il governo ha usato
la mano di ferro per proteggere l'immagine del presidente acclamato dalla
"sua" folla e mostrare gli oppositori come irresponsabili facinorosi,
che vogliono portare la Turchia nel caos.
Ma le immagini di
ieri ed oggi, di questo intenso inizio giugno dicono che tutte le questioni. le
richieste i desideri simbolicamente rappresentati dagli alberi di Gezy Park
rimangono aperte ... e comunque la notte è lunga.
CRONACA
19:43 La polizia
continua come x tutta la giornata ad attaccare qualsiasi assembramento di
manifestanti
18:33 A Tunel l'aria é irrespirabile.
Anche la Torre di Galata è coperta dal fumo dei gas.
18:16 A Tunel: aria
irrespirabile e nuove barricate
18:15 Berlino corteo verso
ambasciata turca
18:03 Contro i
manifestanti ruspe x distruggere le barricate, intanto vengono denunciate le
violenze della polizia la notte scorsa: centinaia di feriti
17:14 Si segnalano ancora
interventi della polizia negli ospedali e l'arresto di personale che presta
soccorso ai manifestanti feriti.
16:50 Herdogan si
gioca l'ultima carta e con diversi pullman cerca di portare i suoi sostenitori
nella capitale.
16:35 La gente cerca di
concentrarsi tra Istiklal, Osmanbey e piazza Besiktas dove è schierata la
polizia.
16:13 La polizia vuole
impedire che i manifestanti si concentrino a Besiktas. La gente non molla.
15:56 A Besiktas la
polizia si prepara ad intervenire duramente. La gente si prepara a resistere
15:53 I manifestanti
cercano da diversi punti di riconquistare piazza Taksim.
15:27 Aria pesante,
chi può indossa la maschera antigas, chi non la possiede di cosparge di latte,
maalox o accetta quello che gli viene proposto da infermieri e compagni.
Barricate proteggono le strade di accesso al quartiere
15:06 Scontri a Istiklal,
la Polizia ha spazzato tutta la parte della via. Nuovi punti di convergenza a
Besiktas e Harbye.
ORE 13.00 - 15.00
Da più parti i manifestastanti
vogliono convergere in Piazza Taksim, presidiata dalle forze dell'ordine. Tutte
le entrate sono bloccate.
In diversi punti la polizia ha
iniziato ad usare gli idranti contro i manifestanti
ORE
11.00-13.00
Anche Istiklal Caddesi è piena di
polizia, che ha sparato gas contro i manifestanti.
ORE 10.00-11.00
La prima immagine davanti ai nostri
occhi richiama subito l'acre sensazione della notte appena trascorsa: dei
poliziotti stanno versando taniche di liquido urticante,marca Jenix, color
rosso fuoco, nel serbatoio dell'idrante.
Nel frattempo stanno procedendo con
ruspe per terminare lo sgombero del parco e tutte le vie da piazza Taksim sono
presidiate. Nastro bianco e rosso a delimitare la zona.
Ieri dopo l'attacco al parco la
polizia ha fatto irruzione anche al Divan Hotel, che fin dai primi giorni si è
dimostrato solidale e pronto ad accogliere i manifestanti in fuga dalle
cariche.
Un centinaio di persone questa
mattina si è ritrovato davanti all'albergo in presidio.
Dopo poco la polizia è intervenuta
con cariche e idranti. Un manifestante è stato portato via in barella.
Anche via Istiklal è impraticabile.
Gezi Park, ad Instabul si
moltiplicano le piazze della protesta
di Fabio Sebastiani
Ad Instabul, ma anche ad Ankara e in
molte altre città della Turchia (Canakkale, Mersin, Smirne, Eskisehir),
nonostante le minacce di Erdogan la protesta non si ferma. Anche se l’obiettivo
di riprendersi piazza Taksim partendo da diversi punti della città ancora non è
stato raggiunto, di fatto il fronte “militare” si è moltiplicato in gran parte
della metropoli. E dappertutto la polizia spara lacrimogeni a non finire e
lancia potenti getti di acqua con sostanze fortemente urticanti, il cui
utilizzo è stato ammesso dal governatore di Instabul come “sostanza
medicamentosa”. Il premier turco Recep Tayyip Erdogan, che ha ordinato lo
sradicamento degli alberi di Gezi Park, ha difeso la violenta repressione dei
manifestanti che occupavano il parco, e ha avvertito i dimostranti, chiedendo
di non tornare a piazza Taksim. Il premier ha sottolineato come fosse suo
"dovere" ordinare l'evacuazione del parco, dopo che i dimostranti
avevano rifiutato di andarsene. "Avevo detto che eravamo arrivati alla
fine, che la situazione era intollerabile", ha spiegato il premier
parlando ai suoi sostenitori a poca distanza da piazza Taksim. "Era mio
dovere come primo ministro", ha aggiunto. Erdogan inoltre ha avvertito di
non farsi ingannare e non rispondere alla chiamata di manifestare a piazza
Taksim. "Non si può manifestare dove si vuole", ha detto, spiegando
che durante i 18 giorni di proteste "sono stati commessi atti di
vandalismo e gli hotel della zona sono vuoti". Proclami e minacce che non
hanno certo fermato la protesta.
Nel quartiere di Siraelviler la
polizia ha ripreso da poco con violenza le cariche per disperdere una vera e
propria marea umana che da ore si e radunata cantando "Questo è solo
l'inizio, la resistenza continua!". Allo svincolo Kurtulus-Feriköy sono
stae organizzate delle barricate a cui è stato dato fuoco. A Karaköy, centinaia
di persone hanno bloccato la strada. Un veicolo dell'AKP (il partito al
governo) che si era messo in mezzo, è stato demolito in poco tempo. Nei
quartieri di Nurtepe e Guzeltepe le forze di polizia si sono dovute ritirare
dopo aver terminato i lacrimogeni. Gli abitanti di Nurtepe hanno bloccato il
traffico sull'autostrada. Studenti universitari a Kurtulus tirano uova contro
le unità antisommossa. Due dei principali sindacati turchi, Kesk e Disk, hanno
deciso oggi di proclamare uno sciopero nazionale da domani per denunciare la
dura repressione attuata contro i manifestanti anti-Erdogan e chiedere la fine
della violenza della polizia. Secondo un portavoce di Kesk altri sindacati sono
stati invitati a aderire alla protesta.
Da Gezi Park Ai Movimenti Dell'Europa
Mediterranea Che Viene. La Strada Tracciata
Il tiranno turco
crede che la polizia, gas ed idranti servano a spegnere. Invece spargono a
incendio la rivolta degli alberi (Erri De Luca)
Scriviamo dopo una notte non ancora finita ed una mattina che rincorre tweets e portali di movimento nell'intreccio della partecipazione politica attiva e della narrazione dei movimenti per i movimenti.
Siamo stati parti dell'insurrezione
di Istanbul, l'abbiamo raccontata, partecipata, vissuta fino in fondo per come
è la politica per noi: non esiste un narratore autistico degli eventi, noi
siamo empatici con l'evento politico ed in questo senso non è possibile
separare comunicazione e politica.
Ieri notte, ma anche le precedenti,
di certo anche le successive, sono le Nuove Giornate della democrazia turca,
mettono in discussione gli equilibri di potere, ibridano i soggetti politici
dell'opposizione ad Erdogan (cosa ci vuole più di ieri per chiamare distillato
di fascismo l'ordine del dittatore?) e creano un'esperienza comune, con molti
giovani, tantissime donne -velo o non velo, chi lo aveva lo ha usato per
proteggersi la gola e gli occhi dai lacrimogeni!).
Globalproject.info le
ha raccontate con coraggio ed i suoi redattori sono ancora intossicati, qui trovate il loro lavoro.
Si parte da qua, dalla resistenza
di Taksim Solidarity Platform, da tutti coloro -centinaia di
migliaia di uomini e donne- che l'hanno sostenuta in Istanbul-, da chi l'ha
moltiplicata e fatta propria ad Ankara, nelle Università, nello sciopero di
domani.
Nulla è finito. Tutto è aperto, pieno
di vita, in movimento. Ampio e ricco, potente e virale. Nonostante le botte, i
tier gas sparati a migliaia; nonostante i colpi di pistola delle scorse
settimane, gli assassini, le torture, gli stupri, gli arresti di tutti e per
nulla.
Nonostante il torvo Erdogan abbia annunciato che “chiunque si avvicini a Taksim sarà trattato da terrorista”, so far but so close a Netanyahu.
Nonostante il torvo Erdogan abbia annunciato che “chiunque si avvicini a Taksim sarà trattato da terrorista”, so far but so close a Netanyahu.
Le tende bruciate le ricostruiremo,
gli alberi di Gezi verranno rimpiantati lì ed altrove, la discussione avanza.
Ma non è solo Gezi anche se è soprattutto Gezi; io la chiamo pratica simbolica, ovvero la potenza che i movimenti costituenti hanno di conferire ad un simbolo un'energia euristica immensa, che travolge gli occhiali dell'ideologia che ordinariamente -ovvero in assenza di lotta- dominano stupidamente la comprensione della materialità delle cose.
Ma non è solo Gezi anche se è soprattutto Gezi; io la chiamo pratica simbolica, ovvero la potenza che i movimenti costituenti hanno di conferire ad un simbolo un'energia euristica immensa, che travolge gli occhiali dell'ideologia che ordinariamente -ovvero in assenza di lotta- dominano stupidamente la comprensione della materialità delle cose.
Come ogni lotta vera essa è
centripeta, attrae interesse collettivo e generale e sa comporsi con altre,
senza diventare un indistinto “voler essere” ma è capace di vivere la potenza
sovversiva e costituente della composizione delle differenze, quasi a
delineare, partendo dallo scontro, dal conflitto durissimo, dalla resistenza
generosa ed a tratti davvero eroica, i prolegomeni della nuova società.
Così alle associazioni di carattere
ambientale si sono uniti gli studenti di Galata ed altre Università, poi altri
movimenti, anche femministi, e sindacati, partiti, movimenti di liberazione
nazionale, l'universo di chi ha un buon motivo di lottare contro il regime
feroce e liberticida del padre padrone dell'AKP.
Insomma, Gezi Park era (no: è!) una piazza che contiene molte piazze, che funziona (migliaia di pasti offerti, pulizie sempre in corso, un costante occhio alle guardie, la disponibilità assoluta alla relazione ed alla comunicazione, che è virale, on line, singolarizzata con l'utilizzo degli smartphones e socializzata liberamente con i social networks) e che va attraversata al di là della categorizzazione semplicistica che da sempre si usa contro le soggettività di movimento: vittoria o sconfitta, com'è andata?
Non ha senso porre questo discrimine, innanzitutto perché i movimenti sociali reali non si pongono questo problema, (e cosa significa poi Vincere o Perdere? Come misureremmo questa categoria? Chi decide dell'una o dell'altra? Quando finisce la partita?) ed è comunque un dibattito non contestuale alla lotta ma ad essa successivo ed infinitamente subordinato.
La società si trasforma, non si conquista, dicono gli attivisti di Instanbul.
Ed ancora: le barricate, i blindati bruciati, la serenità determinata con la quale vengono offerti i caschetti per proteggere il capo, la gioia collettiva e piena di sapienza delle decine di migliaia di compagni a Osnam Bay alle 3 a.m. di questa mattina nel mezzo delle barricate e nelle nuvole di tier gas e nei fiumi -non era acqua: è gas altamente urticante- sparati dai tanti toma sono elementi potenti di un dizionario nuovo.
Insomma, Gezi Park era (no: è!) una piazza che contiene molte piazze, che funziona (migliaia di pasti offerti, pulizie sempre in corso, un costante occhio alle guardie, la disponibilità assoluta alla relazione ed alla comunicazione, che è virale, on line, singolarizzata con l'utilizzo degli smartphones e socializzata liberamente con i social networks) e che va attraversata al di là della categorizzazione semplicistica che da sempre si usa contro le soggettività di movimento: vittoria o sconfitta, com'è andata?
Non ha senso porre questo discrimine, innanzitutto perché i movimenti sociali reali non si pongono questo problema, (e cosa significa poi Vincere o Perdere? Come misureremmo questa categoria? Chi decide dell'una o dell'altra? Quando finisce la partita?) ed è comunque un dibattito non contestuale alla lotta ma ad essa successivo ed infinitamente subordinato.
La società si trasforma, non si conquista, dicono gli attivisti di Instanbul.
Ed ancora: le barricate, i blindati bruciati, la serenità determinata con la quale vengono offerti i caschetti per proteggere il capo, la gioia collettiva e piena di sapienza delle decine di migliaia di compagni a Osnam Bay alle 3 a.m. di questa mattina nel mezzo delle barricate e nelle nuvole di tier gas e nei fiumi -non era acqua: è gas altamente urticante- sparati dai tanti toma sono elementi potenti di un dizionario nuovo.
Questa notte siamo stati moltitudine.
Vi è, a saperlo leggere, un sentimento comune nei movimenti sociali (reali) nello spazio politico euromediterraneo.
Ad esempio, il tema della difesa della risorsa ambientale, ovvero la resistenza contro la privatizzazione del pubblico a mezzo di nuove enclosures nei territori, siano essi metropolitani o distribuiti.
Vi è, a saperlo leggere, un sentimento comune nei movimenti sociali (reali) nello spazio politico euromediterraneo.
Ad esempio, il tema della difesa della risorsa ambientale, ovvero la resistenza contro la privatizzazione del pubblico a mezzo di nuove enclosures nei territori, siano essi metropolitani o distribuiti.
Nella tradizione socialista questo
tema era secondario ed occultato dalla principale contraddizione tra lavoro
(nel lavoro, durante il lavoro) e capitale; ora invece esse sono di
un'importanza cruciale e sono spesso la leva per processi ricompositivi e
generalizzanti, capaci di federare in coalizioni soggettività e movimenti ed
impongono un ordine del discorso rivoluzionario e non debole.
L'accento sullo iato tra democrazia
rappresentativa e democrazia reale è un altro spartiacque di fase: ovunque e sempre
si pone con urgenza la critica radicale a chi decide per cosa. Lo vediamo dalle
lotte per la difesa della risorsa ambientale e territoriale, ai conflitti sui
posto di lavoro, dalle battaglie contro i regimi corrotti ai movimenti sociali
contro la Troika. Lo sentiamo in Taksim.
Non siamo in grado di dire come andrà a finire questa gigantesca partita del nuovo secolo, ma di certo dalle resistenze alla crisi nel tempo della separazione del capitalismo dalla democrazia, ci sono molteplici elementi di speranza. Ed una grande tristezza: dov'è la voce dell'Unione europea? La commissione? I rappresentanti della Democrazia europa questa notte dormivano? Non avevano accesso a web? Non hanno visto gli assalti della polizia contro uomini e donne feriti che cercavano riparo in Ostello? Non hanno nulla da dire su quello che accade sull'uscio di casa?
Non siamo in grado di dire come andrà a finire questa gigantesca partita del nuovo secolo, ma di certo dalle resistenze alla crisi nel tempo della separazione del capitalismo dalla democrazia, ci sono molteplici elementi di speranza. Ed una grande tristezza: dov'è la voce dell'Unione europea? La commissione? I rappresentanti della Democrazia europa questa notte dormivano? Non avevano accesso a web? Non hanno visto gli assalti della polizia contro uomini e donne feriti che cercavano riparo in Ostello? Non hanno nulla da dire su quello che accade sull'uscio di casa?
Sono solo valvassori di un impero che
cade a pezzi.
Ma è già tempo di tornare nelle strade di Istanbul. Rimaniamo connessi. I tweets chiamano viralmente in Taksim, noi retweettiamo e ci andiamo.
Ma è già tempo di tornare nelle strade di Istanbul. Rimaniamo connessi. I tweets chiamano viralmente in Taksim, noi retweettiamo e ci andiamo.