venerdì 23 giugno 2023

IL PENSIERO ECOLOGICO-MARXISTA

 -Marino Ruzzenenti-

 § 3  "Una lettura di Marx dal punto di vista ecologico"* Si propone la lettura del 3 paragrafo dell'articolo che riproduce l’intervento  - intitolato dall'autore a Giorgio Nebbia, Laura Conti, Virginio Bettini, Carla Ravaioli  - svolto al seminario “Decrescita: una via ecosociale al cambiamento”, svoltosi il 31 marzo scorso presso la Fondazione Micheletti di Brescia

 

I “nostri” sono stati dei buoni studiosi del pensiero di Marx, con tratti originali comuni.
Il primo consiste in una netta presa di distanza dai “marxismi” all’epoca dominanti che consideravano lo sviluppo tecnologico ed economico un valore indiscusso, da rilanciare cambiando profondamente i rapporti di produzione e di classe. Qui mi piace riportare due citazioni di Carla Ravaioli. L’una, profetica, del 1982 prima della caduta del muro:

Su queste basi si tratta allora di rivedere le motivazioni al rifiuto dei due modelli di vita dominanti. I quali sono ambedue inaccettabili non benché diversissimi, ma perché, al di là delle diversità, sono in realtà molto simili. Non perché l’Occidente garantisce le libertà civili all’interno però di una insuperabile divisione classista, mentre all’Est la dittatura che ha abolito le classi nega la libertà; ma perché una vera libertà e anche una vera giustizia non sono possibili dovunque la società ruota esclusivamente attorno al dato economico, dovunque le categorie produttive sono il referente primario di ogni valore collettivo e individuale, dovunque il «quanto» [è] assunto come alibi e succedaneo del «quale» […] il consumismo che, certo in misura finora assai più limitata e in modi assai meno sofisticati che in Occidente, ma certo con altrettanta capacità di suggestione, va rapidamente prendendo piede anche nei paesi del «socialismo reale», sta a dimostrarlo.
(C. Ravaioli, Il quanto e il quale. La cultura del mutamento, Laterza, Roma-Bari 1982p. 234).

La seconda, quasi vent’anni dopo, una sorta di invettiva contro l’economicismo e il produttivismo:

Il primo «valore» da rifiutare dovrebbe essere il dominio incontrastato della ragione economica […]; il secondo «valore» da rifiutare, d’altronde in piena coerenza col primo, è la «quantità» come misura di tutto il «positivo», su cui fonda la propria certezza la crescita produttiva illimitata, assunta come prioritario obiettivo economico […]; il terzo «valore» che le sinistre non possono permettersi di accettare è «il danaro come religione» […]; quarto «valore» da condannare senza riserve è quello espresso nel popolare aforisma che afferma: «il tempo è danaro», […] perché il tempo è una categoria al cui interno si colloca il vivere umano in tutte le sue espressioni; quinto «valore» non più accettabile è l’illusione della inesauribilità della natura, e la presunzione del diritto umano al suo illimitato sfruttamento, […] «valore» su cui si è impiantata e continua a reggersi l’evoluzione economica degli ultimi due secoli, e di cui (occorre ripeterlo e senza mezzi termini) anche le sinistre sono state pienamente e irresponsabilmente partecipi; sesto «valore» da abiurare è quella tenacissima fede nel progresso che pervade l’intera nostra cultura, e che le sinistre hanno abbracciato nel modo più acritico, […] in gran parte identificato con l’evoluzione scientifica e tecnologica.
(C. Ravaioli, B. Trentin, Processo alla crescita. Ambiente, occupazione, giustizia sociale nel mondo neoliberista, Editori Riuniti, Roma 2000, pp. 199-203).

Inoltre, la lettura di Marx si soffermò in particolare sui Manoscritti economici-filosofici. A questo proposito ricorda Nebbia, citando un passo dei Manoscritti, che, di fronte all’economia politica che governa e orienta i bisogni umani al servizio del guadagno e del profitto dei capitalisti, il giovane Marx individua la soluzione nel:

comunismo come soppressione positiva della proprietà privata intesa come autoestraniazione dell’uomo, e quindi come reale appropriazione dell’essenza dell’uomo mediante l’uomo e per l’uomo; perciò come ritorno dell’uomo per sé, dell’uomo come essere sociale, cioè umano. Questo comunismo … è la vera risoluzione dell’antagonismo fra la natura e l’uomo, fra l’uomo e l’uomo, … tra la libertà e la necessità, tra l’individuo e la specie… L’essenza umana della natura esiste soltanto per l’uomo sociale; infatti soltanto qui la natura esiste per l’uomo come vincolo con l’uomo, come esistenza di lui per l’altro e dell’altro per lui, soltanto qui essa esiste come fondamento della sua propria esistenza umana… Dunque la società è l’unità essenziale, giunta al proprio compimento, dell’uomo con la natura, la vera risurrezione della natura, il naturalismo compiuto dell’uomo e l’umanismo compiuto della natura.
(G. Nebbia, Sui Manoscritti economico-filosofici, in “Capitalismo Natura Socialismo”, n 4, settembre-dicembre 1994, pp. 109-116).

Un ultimo tema ricorrente è l’interesse al dibattito tra Malthus e Marx a proposito della questione demografica in relazione ai limiti naturali dell’economiaLa questione viene affrontata in particolare da Laura Conti nel suo Che cos’è l’ecologia (L. Conti, Che cos’è l’ecologia. Capitale, lavoro e ambiente, Mazzotta, Milano 1977, pp. 115-117) e soprattutto nel suo testo più importante, Questo Pianeta (in particolare il cap. 11,intitolato a Malthus e Darwin, dove si legge che “la scoperta dell’esuberanza delle nascite consente l’interpretazione darwiniana dell’evoluzione biologica […]. Il legame tra Malthus e Darwin sfugge a Marx, anche perché lo stesso Malthus deduce da un’osservazione scientifica una norma sociale”in L. Conti, Questo Pianeta, Editori Riuniti, Roma 1988, II edizione, pp. 118-129).
a lettura di quel confronto permette loro, da un canto, di non sottovalutare il problema dell’aumento della popolazione umana rispetto ai limiti e al degrado delle risorse naturali, addirittura peggiorati dai tempi di Malthus, ma, dall’altro, di mantenere fermo il punto che il problema rinvia al necessario superamento delle profonde diseguaglianze tra le popolazioni privilegiate che godono dell’abbondanza e dello spreco e quelle che invece soffrono la fame e l’indigenza, che fu una delle principali argomentazioni della critica di Marx a Malthus.

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