venerdì 10 marzo 2023

Il governo Meloni a Cutro nasconde la catena di comando e oscura fatti e responsabilità

  dietro un decreto legge incostituzionale - Fulvio Vassallo Paleologo -

Al governo Meloni non basterà certo nascondere le responsabilità istituzionali dietro la lotta agli scafisti/trafficanti che si propaganda con i termini di una campagna elettorale



1.Nessuno può voltare la testa da un altra parte se neppure guarda quello che succede

La conferenza stampa messa in scena dal governo Meloni a Cutro, vicino ai corpi delle vittime del naufragio di domenica 26 febbraio, ha ribadito con veemenza e molta approssimazione la crociata contro i trafficanti di esseri umani, scanbiandoli continuamente con gli scafisti, a differenza di quanto previsto dalla Convenzione ONU contro il crimine transnazionale, che distingue con due Protocolli addizionali il traffico dalla tratta di esseri umani. Documenti diversi con sistemi di intervento diversi, accomunati soltanto dal riconoscimento del valore superiore della vita umana rispetto alle esigenze di contrasto dell’immigrazione irregolare. Un errore di valutazione che priva di basi legali tutte le proposte repressive adottate dal governo nel decreto legge portato in bozza questa mattina in Consiglio dei ministri. E adesso si vogliono “cercare gli scafisti su tutto il globo terracqueo”. Magari si potrebbe cominciare ad interromprere i rapporti con quel governo libic nel quale ministro dell’interno e principale partner dell’Italia è un uomo di dubbia fama, indagato anche dalle Nazioni Unite e bloccato pochi giorni fa con una valigia piena di soldi nell’areoporto francese Charles De Gaulle a Parigi. Dopo numerosi incontri con Piantedosi e Tajani, per “chiudere la rotta libico-tunisina”. Per non parlare del premier tunisino Kais Sayed, all’attacco dei profughi subsahariani presenti nel suo paese, minacciati di espulsione verso gli Stati di origine nei quali potrebbero essere arrestati o uccisi. E questo spiega l’aumento delle partenze di migranti subsahariani verso le coste italiane, perchè la Tunisia non è più un paese sicuro, per loro, tanto che preferiscono rischiare la vita in mare. Ed anche sulla rotta tunisina muoiono centinaia di persone, ma nessuno vede i cadaveri che sprofondano nel mare Mediterraneo. Eppure anche con il premier tunisino si tratta “per fermare le partenze”. Magari con la promessa di vantaggi nella determinazione delle quote di ingresso annuali dalla Tunisia.

Al governo Meloni non basterà certo nascondere le responsabilità istituzionali dietro la lotta agli scafisti/trafficanti che si propaganda con i termini di una campagna elettorale. Dietro la frase “daremo caccia globale agli scafisti”, ancora una volta confusi con i trafficanti, si cela soltanto la mancanza di quelle risposte concrete che aveva sollecitato il Presidente Mattarella davanti alle bare raccolte nella palestra di Crotone. Quale giurisdizione sovranazionale pensa di attribuirsi davvero il governo Meloni, quando tratta abitualmente con governi che non garantiscono neppure l’estradizione degli autori di omicidi atroci come l’uccisione di Giulio Regeni, o che violano sistematicamente il diritto internazionale umanitario come la Turchia di Erdogan ?

Frontex aveva trasmesso alle autorità italiane elementi che avrebbero dovuto fate scattare una operazione di salvataggio. Anche se poi non ha “fatto il suo dovere”, come sostiene la Commissaria UE Johansson. Infatti gli eletti informativi raccolti dall’agenzia, in particolare la mancanza di dotazioni di sicurezza e la presenza di numerose persone rilevata attraverso sensori termici, in base ai criteri vincolanti stabiliti dal Regolamento europeo n.656 del 2014, avrebbero dovuto indurre gia’ dopo ìl primo avvistamento alla dichiarazione immediata di un evento Sar.

Il ministro dell’interno Piantedosi ha continuato a nascondere, anche davanti ai cronisti, come già aveva fatto davanti al Parlamento, la catena di comando che decide sulle attività di contrasto dell’immigrazione irregolare (law enforcement) e sulle attività di ricerca e salvataggio, senza spiegare chi quella notte, dopo il rientro delle motovedette della Guardia di finanza, decise di continuare a trattare il caso come un normale evento di immigrazione irregolare. Ma su questo, se non indagheranno autonomamente le procure di Crotone e Roma, saranno le denunce della sociietà civile che chiederanno verità e giustizia anche a livello internazionale. Certamente non si può continuare ad ignorare la gravità del comportamento di chi omette di rendere pubblica una catena di comando sulle attività di law enforcement e di ricerca e salvataggio chiaramente indicata dal Regolamento Frontex n.656 del 2014 e dal Piano nazionale SAR 2020. Norme del Decreto legge approvato a gennaio, n.1 del 2023, e norme del decreto legge, ancora in bozza, propagandato a Cutro, per la prevalenza del controllo politico sul coordinamento delle attività di ricerca e salvataggio, potrebbero essere in contrasto con Convenzioni internazionali, e per effetto del richiamo costituzionale (art.117) al diritto internazionale, potrebbero essere oggetto di un intervento della Corte Costituzionale se non della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Una sola frase di Gorgia Meloni riassume bene cosa si vuole nascondere dietro un decreto legge che mira soltanto a rafforzare gli aspetti repressivi delle politiche migratorie “una barca che alla prima difficoltà è andata in mille pezzi”. Neanche una parola su quello che è successo nelle ore antecedenti il naufragio, dopo che Frontex sei ore prima dello schianto sulla secca di Cutro aveva dato un allarme ed una posizione esatta del caicco in navigazione verso le coste calabresi.

Secondo l’art.7 del Regolamento Frontex (Guardia di frontiera e costiera europea) n.1896, che richiama per intero il precedente Regolamento n.656 del 2014 “La guardia di frontiera e costiera europea attua la gestione europea integrata delle frontiere come responsabilità condivisa tra l’Agenzia e le autorità nazionali preposte alla gestione delle frontiere, comprese le guardie costiere nella misura in cui svolgono operazioni di sorveglianza delle frontiere marittime e qualsiasi altro compito di controllo di frontiera. Gli Stati membri mantengono la responsabilità primaria della gestione delle loro sezioni di frontiera esterna.

Secondo l’art. 5 ( Localizzazione) del Regolamento Frontex n.656 del 2014 ” Una volta localizzato, le unità partecipanti avvicinano il natante sospettato di trasportare persone che eludono o hanno l’intenzione di eludere le verifiche ai valichi di frontiera o di essere utilizzato per il traffico di migranti via mare per gli accertamenti di identità e nazionalità e, in attesa di altre misure, sorvegliano tale natante a prudente distanza prendendo tutte le dovute precauzioni. Le unità partecipanti raccolgono e comunicano immediatamente le informazioni su tale natante al centro internazionale di coordinamento, comprese, se possibile, quelle sulla situazione delle persone a bordo, in particolare se sussiste un rischio imminente per la loro vita o se vi sono persone che necessitano di assistenza medica urgente. Il centro internazionale di coordinamento trasmette tali informazioni al centro nazionale di coordinamento dello Stato membro ospitante”.

Secondo l’art.9 del Regolamento UE n.656 del 2014, che disciplina le situazioni di ricerca e soccorso “Gli Stati membri osservano l’obbligo di prestare assistenza a qualunque natante o persona in pericolo in mare e durante un’operazione marittima assicurano che le rispettive unità partecipanti si attengano a tale obbligo, conformemente al diritto internazionale e nel rispetto dei diritti fondamentali, indipendentemente dalla cittadinanza o dalla situazione giuridica dell’interessato o dalle circostanze in cui si trova”. Sempre secondo l’art. 9 del Regolamento UE n.656 del 2014 “se, nel corso di un’operazione marittima, le unità partecipanti hanno motivo di ritenere di trovarsi di fronte a una fase di incertezza, allarme o pericolo per un natante o qualunque persona a bordo, esse trasmettono tempestivamente tutte le informazioni disponibili al centro di coordinamento del soccorso competente per la regione di ricerca e soccorso in cui si è verificata la situazione e si mettono a disposizione di tale centro di coordinamento del soccorso;

2. Un decreto legge sulla pelle delle vittime

Le risposte date con decreto legge alla strage di Cutro, che anche la Stampa ha definito come una strage di Stato sono ipocrite e controproducenti. Mentre gli sbarchi autonomi proseguono numerosi, malgrado l’allontanamento delle ONG colpite anche con fermi amministrativi, come nel caso della Geo Barents di MSF. La smentita della teoria del pull factor, sulla quale è stato costruito l’attacco nediatico-giudiziario alle ONG e il processo Iuventa a Trapani. Certo, la estensione della giurisdizione italiana alle acque internazionali, concepita come arma vincente contro gli scafisti, peraltro già prevista da una consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, non potrà non riguardare anche altri reati comemssi al di fuori delle acque teritoriali, come naufragio colposo ed omissione di soccorso, da chiunque siano commessi. Un ministro della giustizia in evidente difficoltà ha prospettato modifiche al codice penale che potranno finire presto all’esame della Corte Costituzionale.

il ministro delle infrastrutture Salvini, che sulle bare raccolte nella palestra di Cutro incassa il ripristino dei suoi decreti sicurezza che penalizzavano i soccorsi ed i richiedenti asilo, con la restrizione della protezione speciale, e le restrizioni procedurali introdotte per chi chiede asilo, rilancia il suo lugubre slogan elettorale, “meno partenze meno vittime”, come nel 2019. Ma nasconde il costo enorme pagato dalle migliaia di persone che dal 2019 vengono bloccate in mare e riportate in Libia, molte delle quali perdono la vita nei campi lager in Libia o nei paesi di transito. Il richiamo al 2019, all’anno del Papetee e della richiesta dei pieni poteri, all’anno del caso Open Arms per cui è ancora sotto processo a Palermo, costituisce la peggiore offesa alle bare raccolte nella palestra di Cutro. Perchè inserisce un argomento di propaganda elettorale personale in una vicenda nella quale il ministro delle infrastrutture, dunque vertice politico del Corpo delle Capitanerie di Porto e della Guardia costiera, non ha ritenuto opportuno difendere uomini e donne alle sue dirette dipendenze.

Le previsioni del bollettino Meteomar, indicate come valide fino alle 6 di domenica 26 febbraio, con tendenza per le 12 ore successive, per il mar Ionio settentrionale indicavano mare forza 7 a Sud Est, “visibilità buona, localmente discreta”, ma anche mare “molto mosso in aumento” con una “tendenza Sud Est” ancora a forza 7. Una situazione che costringeva le motovedette della Guardia di finanza a rientrare in porto, ma nella quale i mezzi della Guardia costiera hanno svolto decine di soccorsi, operando soprattutto con le motovedette /ogni tempo”, inaffondabili ed incapovolgibili ,classe 300, per non parlare dei rimorchiatori di alto mare, come Asso 28, che a sua volta ha operato decine di soccorsi a nord delle coste libiche, che in quelle stesse ore si trovava di fronte al porto di Crotone. In questa situazione la catena di comando del ministero dell’interno (NCC) doveva cedere il coordinamento delle operazioni alla Centrale di coordinamento della Guardia costiera (IMRRC), cosa che NON è successa. Ma la Meloni ripete ancora oggi che il caicco era in una normale navigazione di avvicinamento alle coste di Cutro e che sarebbero stati gli scafisti a ritardare l’arrivo sulla costa per sfuggire alle forze dell’ordine. Una ricostruzione smentita dai fatti già accertati direttamente anche dalla popolazione di Cutro e dai pescatori che per primi hanno avvertito i carabinieri del barcone che si era frantumato sulla secca distante 100 metri ( e non 40) dalla spiaggia. Il codice penale non può diventare uno strumento per la gestione delle politiche migratorie. Sembra addirittura che sia in “valutazione” una norma del decreto che abrogherebbe l’art.12 comma 2 del Testo Unico sull’immigrazione n. 286 del 1998, che oggi prevede la non punibilità degli interventi di soccorso e di assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti di stranieri irregolari in condizioni di bisogno. Con un colpo di mano in un decreto d’urgenza si vuole abrogare quella norma che ha permesso alla giurisprudenza di archiviare le notizie di reato formate dalle autorità di polizia a fronte di interventi meramente solidaristici.

Questo l’incrocio di “catene di comando” che permette di individuare chi distingue tra un evento SAR e un evento di imigrazione irregolare.Se fare partire una operazione di ricerca e salvayaggio, oppure proseguire il monitoraggio a distanza di un comune evento di immigrazione irregolare. Che comunque va monitorato, seppure a distanza, anche per salvaguardare comunque la vita umana, che ha la comunque prevalenza sulle esigenze di contrasto dell’immigrazione irregolare. Se si perdono i contatti, deve riprendere la ricerca, perchè già la perdita di contatti può costituire un fattore di pericolo che va qualificato come distress. Su questo si dovrà indagare. Con il nuovo decreto si voleva intervenire anche su questa materia, accentrando nuove competenze sul ministero della difesa, ma poi questa previsione è saltata e Crosetto è rimasto a bocca asciutta. Continuerà dunque ad operare il sistema già vigente. “Presso la direzione centrale dell’immigrazione, al ministero dell’interno, è istituita una cabina di regia unica, (Centro nazionale di coordinamento per l’immigrazione (National Coordinantion Center – ncc) ove operano in stretta collaborazione oltre ai rappresentanti della polizia di stato anche gli operatori della Guardia di finanza, dei carabinieri, della capitaneria di porto, nonché della Marina militare, conformemente al quadro legislativo nazionale ed europeo”. Questa struttura di coordinamento a livello centrale è frutto di una decisione amministrativa di coordinamento tra enti ministeriali diversi, sia pure in attuazione di normative eurounitarie (EUROSUR), e sembra destinata a svolgere prevalenti fiunzioni di coordinamento delle attività di law enforcement / contrasto del’immigrazione irregolare,ma non può evidentemente sottrarre competenze stabilite per legge, per Convenzioni internazionali e per Regolamenti europei vincolanti, ad altre autorità statali. Per quanto riguarda le attività di ricerca e salvataggio in mare, sono le Convenzioni internazionali, il Regolamento europeo n.656 del 2014, ed il Piano Sar nazionale del 2020 che stabiliscono le competenze primarie di coordinamento assegnato alla Centrale operativa della Guardia costiera. Perchè quella notte le motovedette della Guardia costiera, che potevano operare in condizioni di mare agitato, che anche la Meloni dimostra di dimenticare, non sono uscite, come avvenuto invece in centinaia di altri casi ? Non sarà facile continuare ancora a lungo addossare responsabilità esclusivamente su Frontex, come avverte adesso anche la Commissione Europea. Si profila dunque l’ennesima crisi con l’Europa se nella ricostruzione dei fatti, quando arriverà, si continuasse a scaricare tutte le responsabilità su Frontex, che ne ha sicuramente e gravi, ma operava nell’ambito di una operazione coordinata dalle autorità italiane..

Un imbarazzato ministro degli esteri Tajani, che non sapeva più da che parte guardare, mentre i giornalisti incalzavano con le loro domande e la Meloni incespicava, dimostrando di non conoscere neppure tanto bene i dossier che stava trattando, sui quali aveva convocato il Consiglio dei ministri a Cutro, rilanciava la tesi dello scambio, meglio sarebbe dire ricatto, con i paesi di origine, per barattare maggiore collaborazione nei rimpatri e nelle attività di polizia per bloccare le partenze, con quote riservate, nei prossimi decreti sui flussi di ingresso per lavoro. Un meccanismo che, se non si va all’abrogazione della Bossi-Fini ed alla modifica sostanziale dei meccanismi di incontro tra offerta e domanda di manodopera straniera, non potrà funzionare. Come non ha funzionato da quando sono cessate le grandi sanatorie ed i deceti flussi annuali per i quali si estendeva la portata a tutti coloro che trovandosi in Italia, con requisiti di inserimento lavorativo e sociale, facevano richiesta di regolarizzazione. Al contrario si ritorna al decreto sicurezza Salvini n.113 del 2018 con le nuove norme sui centri di permanenza per i rimpatri (CPR). Si prevede un allungamento dei tempi di detenzione in attesa del rimpatrio (sembrerebbe da tre a sei mesi) e la realizzazione di nuovi centri (uno per ogni regione) insieme al potenziamento dei dieci già esistenti, misure che si sono dimostrate già fallimentari dai tempi di Minniti in poi, e che sono state respinte persino da regioni a guida leghista. Dalla prima bozza del decreto approvato nella mattinata dal Consiglio dei ministri sembra che sia stata eliminata la convalida giurisdizionale nelle procedure di allontanamento forzato, in violazione di quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.105 del 2001. Sarebbe infatti questo il risultato del gioco di rinvii che il nuovo Decreto legge fa all’art.13 comma 5 ter del Testo Unico sull’immigrazione n.286 del 1998.

3. La guerra alla solidarietà continua

Con la sua passerella a Cutro, e con il nuovo Decreto legge ancora in bozza, il governo mostra la sua vera faccia. La faccia feroce di chi deve rendere conto al proprio elettorato dopo una campagba elettorale tutta impostata sulla guerra ai poveri e tra i poveri, e dunque con un piano organico di contrasto di qualunque inziativa di solidarietà, fino al soccorso civile in mare, e di inclusione sociale a terra. Troveranno una risposta determinata e duratura nel tempo, nessuno dei cittadini solidali, che sono molto più numerosi di quanto dicano i dati elettorali, si tirerà indietro nello scontro con questo governo. Nessuna azione di protesta e di denuncia sarà lasciata intentata, nei tribunali, sui territori, a livello internazionale. E non saranno certo gli spot nei paesi di origine, annunciati dalla Meloni, a fermare partenze, che in realtà sono fughe per la vita.


pubblicato anche su A-dif.org il 9\3\23