-Toni Casano-
Un seminario sulla valorizzazione del lavoro cognitivo
oltre la produzione materiale
Per seguire i lavori del seminario oltre che in presenza è possibile collegarsi in remoto su Google Meet (https://meet.google.com/yxt-fjoz-xrx – codice di acceso: yxtfjozxrx) o sui canali social (vedi info)
Pressenza-Redazione di Palermo e il Caffè filosofico “Beppe Bonetti”, nel quadro della programmazione del ciclo dei seminari su “Il sistema capitalistico nel terzo millennio”, organizzano oggi al Laboratorio “Andrea Ballarò” (Largo Rodrigo Pantaleone, ore 17.00) il 3^ incontro tematico dal titolo “Il capitalismo oltre la produzione materiale”, al quale parteciperanno gli studiosi: Andrea Fumagalli, economista (Università di Pavia e Varese) Giorgio Griziotti, ingegnere informatico (Ricercatore TIC- Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) Francesco Maria Pezzulli, sociologo (Università Roma-3).
Nei precedenti appuntamenti del ciclo dei seminari sono stati dedicati ai temi su “Antropocene o Capitalocene?” e “Il capitalismo della sorveglianza”: con il primo sono stati approfonditi gli aspetti sulla sostenibilità ecologica con il sistema di crescita economica dominante; con il secondo si sono voluti registrare gli effetti sociali di quella che è definita la rivoluzione informatica delle piattaforme del capitale.
Quello che si propone adesso riprende la critica marxiana sui processi di valorizzazione, riesaminando le dinamiche della determinazioni storica della forma di soggettivazione antagonista al modello di produzione postindustriale affermatosi dopo la crisi sociale del fordismo.
A grandi linee di seguito possiamo sintetizzare così l’oggetto dell’incontro seminariale dallo scrivente coordinato.
La messa in valore dei processi cognitivi nella macchina post-fordista di lavorizzazione diffusa, a partire dalle dinamiche relazionali sviluppate sull’intero asse della vita sociale individuale e collettiva, con l’abbandono di ogni centralità imperniata sul lavoro-fisico, ha trasformato radicalmente i dispositivi estrattivi di pluslavoro.
Pur mantenendo la stessa ferrea disciplina esercitata nell’organizzazione generale della trasformazione industriale, sotto la forma dei nuovi processi di valorizzazione del lavoro mentale, il modello produttivo capitalistico si è autonomizzato dalla forza-lavoro materiale storicamente determinata nella forma della produzione di merci assunta nella centralità della fabbrica.
Nella società postindustriale il capitalismo non ha più alcun limite per l’espansione dello sfruttamento della cooperazione sociale e per la riproducibilità del suo comando; non ha più alcuna necessità a dissimulare col lavoro salariato l’essenza stessa della società capitalista che la critica marxiana aveva disvelato, portando al centro della dinamica dello sviluppo il general intellect come fattore fondamentale di ogni attività generatrice.
Ovviamente il lavoro-fisico continua ad essere presente anche nei nuovi processi di valorizzazione postindustriali, tuttavia rispetto alla determinazione dei processi precedenti, esso quantitativamente non ha più lo stesso peso, giacché è la forma cognitiva del lavoro sociale a sostanziare – non solo qualitativamente – il processo che da valore alle merci.
Detto in altri termini, così come ha ben descritto Negri in un suo articolo sul numero zero di “Sudcomune”: «Questo non significa che sia finito il lavoro materiale, ma che anche il lavoro immateriale è sottoposto a forme di disciplina e di sfruttamento che somigliano molto da vicino a quelle del lavoro materiale: tra la Fiat Mirafiori del 1950 e un call center di oggi esistono pochissime differenze dal punto di vista della disciplina, mentre ne esistono enormemente dal punto di vista del lavoro che viene valorizzato».
Nello spirito del capitalismo cognitivo, il processo di sussunzione vitale – senza più alcuna marxiana ortodossia distintiva tra “reale” e “formale”- intercetta ogni attività relazionale umana come fattore produttivo e la cattura come se fosse un qualsiasi altro bene in “offerta” mercificabile in piena regola, cioè scambiabile nel gran fiera della società mercatizzata, dove domina forzatamente una legge dello scambio oltre ogni misura sostanziale dei valori d’uso, non essendo più condizionato da una qualche forma specifica di sfruttamento della forza-lavoro né avendo più la necessità di ri-articolare il comando gerarchico sulla produzione dentro uno spazio fisico centralizzato dell’organizzazione del lavoro.
Ciò di cui necessita il capitale, oggi più che mai, è la rete di controllo del – e attraverso il – gigantesco sistema d’informatizzazione (sempre alla ricerca di più veloci ed avanzati algoritmi di efficienza valorizzativa) esteso a copertura totale dello spazio globalizzato, dove – mediante la finestra aperte sul mondo dal monitor del computer – si intrecciano codici relazionali, linguistici e culturali e si snodano i flussi processuali del cognitariato reticolare, tutta “im\materia prima” necessaria alla trasformazione capitalistica al di là della produzione delle materiche merci.