RIDER DI 50 ANNI ISCRITTO ALLA UIL «LICENZIATO»
Gig Economy. La protesta sabato dalle 19 alle 22.
Carmelo Barbagallo (Uil): "Casualità? Vedremo. Sarebbe gravissimo". A
Milano il tribunale nega lo status di lavoratore subordinato a un
ciclo-fattorino di origini egiziane. Due vicende che si abbattono sul tavolo
sui riders con le parti sociali convocato dal ministro del lavoro Di Maio
Un
rider di cinquant’anni è stato disconnesso («licenziato») dalla piattaforma
Glovo dopo essersi iscritto alla Uil di Bologna. A un altro di origini egiziane
il tribunale del lavoro di Milano ha respinto la richiesta di essere
riconosciuto come un lavoratore subordinato dopo avere lavorato per sei mesi
con un co.co.co. per Foodinho, azienda di consegne a domicilio di proprietà
sempre della spagnola Glovo.
Due
casi – il primo riguarda i diritti sindacali, il secondo lo status lavorativo
sospeso nella zona grigia tra lavoro autonomo e subordinato – che si abbattono
sul tavolo con le parti sociali convocato dal ministro del lavoro Luigi Di Maio
finalizzato alla definizione delle tutele e, al momento, solo di «un contratto
per i riders». Entrambi evidenziano il punto mancante nella trattativa in corso: il
riconoscimento della subordinazione, inizialmente promessa dal governo in una
bozza del «decreto dignità», in seguito scomparsa per tenere buone le imprese e
farle sedere al tavolo. Tale norma andrebbe invece ristabilita nella
discussione, volenti o nolenti le imprese, perché permette di definire
l’attività subordinata durante lo svolgimento della
prestazione coordinata dall’algoritmo distinguendola dalla contemporanea
libertà del lavoratore di scegliere quando effettuare le consegne e quella
dell’azienda di farlo lavorare. Così facendo si metterebbe ordine nell’attuale
ordinamento, sul quale evidentemente si fa molta confusione, evitando sentenze
come quelle di Milano e, tre mesi fa, di Torino.
Il
riconoscimento di un rapporto di lavoro con diritti e obblighi, e non di una
semplice prestazione volontaria del lavoratore a favore di una piattaforma,
porterebbe con sé il riconoscimento dei diritti sindacali, oltre che sociali.
Se Di Maio intende fare sul serio, e non perdere tempo in chiacchiere
cosmetiche sulla «lotta contro il precariato», dovrebbe agire di conseguenza e
risolvere un problema che non riguarda solo i «riders». Non è detto che lo
farà, viste le premesse. La Riders Union Bologna ha annunciato per sabato sera
dalle 19 alle 22 il blocco delle consegne di Glovo in solidarietà con il
collega «sloggato». La Uil terrà un presidio in via Indipendenza alle 12,30. Il
segretario generale Carmelo Barbagallo ha ricordato la necessità di riconoscere
il vincolo della subordinazione e ha ricostruito la vicenda: «Si è iscritto
alla Uil: un paio di giorni dopo è stato licenziato, Casualità? Saremmo di
fronte a un fatto gravissimo». Per l’azienda il rider è «stato richiamato più
volte», circostanza negata dalla Uil. Giorni fa il lavoratore ha partecipato a
un volantinaggio di protesta. Solidarietà nei suoi confronti è stata espressa
dalla Cgil. La Uil parla di «caporalato 4.0» e chiederà al tribunale la
«riassunzione». Nel caso dei «riders» sloggati da Foodora dopo la protesta di
due anni fa, il tribunale di Torino non ha riconosciuto tale possibilità.
Questo perché manca la norma che lo permette. Glovo, infine, non ha firmato la
carta dei diritti per i lavoratori digitali di Bologna.
Il
rapporto annuale dell’Inps, presentato ieri dal presidente Tito Boeri, si è
occupato della costellazione del lavoro digitale. I «riders» sarebbero il 10%
dei lavoratori della «gig economy» (l’economia dei lavoretti). Gli altri sono
una folla che oscilla attorno alla cifra di un milione di persone e, a dire
dell’Inps, hanno contratti informali e verbali, sono pagati con buoni regalo o
ricariche telefoniche, non sono soggetti a tutela, contribuzione e tassazione.
Tra 137 e 175mila individui lo fanno come primo lavoro, 589-753mila come
secondo. Tra chi fa il «rider» 1 su 2 vorrebbe un lavoro più stabile e il
pagamento delle spese. Nel 50% dei casi si parla di studenti, il 30% sono
lavoratori, il 20% sono disoccupati. Variabili i rapporti di lavoro: dai
co.co.co. di Foodora al lavoro autonomo occasionale con pagamento misto di
Deliveroo. Difficilmente si superano i 5 mila euro annui. Questo il ritratto di
un segmento del nuovo proletariato.