-T. Palmi e M. Piccolo-
MELLINO:"GESTIONE RAZZIALE DELLE MIGRAZIONI"
\ la sostanziale continuità governativa securitaria da Minniti a
Salvini \ il ri-bilanciamento dei sovranisti
dentro il quadro dell’ordine neoliberale europeo \ riaprire i porti oltre l’umanitarismo,
ovvero il migrante come corpo
separato dal resto della società, come mera merce lavoro servile
Dall’insediamento del governo “giallo-verde”, di
fatto quasi interamente verde, si è diffusa una reazione di paura e confusione
nella sinistra e in buona parte degli ambienti di movimento. La recente vicenda
dell’Aquarius ha ulteriormente amplificato tale clima. Paura e confusione,
però, non sono mai gli approcci migliori per affrontare con lucidità di analisi
politica questa contingenza e dunque per poter intervenire. Con Miguel Mellino,
noto studioso antirazzista e docente dell’Orientale di Napoli, abbiamo provato
a mettere ordine nei problemi che ci troviamo di fronte: dalla gestione delle
migrazioni all’eredità coloniale europea, dalla chiusura dei porti al ruolo
delle Ong, dal razzismo aggressivo salviniano all’ordine del discorso
umanitario. Lo abbiamo fatto partendo dalle continuità e discontinuità tra
l’attuale governo, quello che l’ha preceduto e la governance europea.
Ci sono delle continuità e delle discontinuità, pur
all’interno di una grammatica politica generale più o meno condivisa su alcune
questioni, che riguardano soprattutto la gestione e il governo dei migranti,
per quanto chiaramente Salvini mostri una maggiore enfasi aggressiva per
differenziarsi. Continuità e discontinuità poi vanno lette nel contesto
generale di lungo termine della crisi economica, in cui siamo immersi ormai da
una decina d’anni. Un elemento di discontinuità in Europa è il discorso
sovranista emerso negli ultimi anni sempre con più virulenza, incarnato in
Italia da Salvini, che non mi pare però qualcosa di esterno alla costituzione
materiale dell’Europa di Schengen, ma una sorta di nemesi dell’Europa
neoliberale, quella rappresentata dalla UE e dai partiti che hanno gestito il
processo di liberalizzazione. Se vogliamo parlare di Salvini nelle specifico,
io penso che politicamente punti più che altro a due cose. La prima è una
richiesta di sovranità che passi soprattutto attraverso un controllo più
violento, repressivo, razzista e securitario delle migrazioni e della forza
lavoro migrante in Europa. Non credo abbia in programma un protezionismo
economico, come per esempio sta accadendo con Trump. Il presidente americano,
oltre ad avere un concetto apertamente suprematista e razzista di gestione e
controllo delle migrazioni, aspira anche a una ristrutturazione globale
dell’ordine neoliberale degli ultimi 20-25 anni. I sovranisti europei non penso
abbiano in mente la volontà di una rottura reale –che passi anche attraverso
l’uscita dell’Euro - con la governance dell’Unione europea. Secondo me non
entrano nemmeno in contrasto, nel senso che se in futuro ci sarà una rottura in
qualche modo legata alla moneta o a un doppio spazio economico e monetario
verrà probabilmente dai paesi centrali dell’Unione Europea, in particolare
dalla Germania. Movimenti come quello di Salvini e di altri sovranismi europei
di destra, vogliono piuttosto rinegoziare alcune cose con la UE. Sicuramente,
un maggiore e più deciso contrasto dei flussi migratori, ma anche misure
finalizzate a un ridimensionamento dei rapporti economici soprattutto con la
Cina, per ridurre le importazioni in Europa, e soprattutto provvedimenti
miranti ad alleggerire un po’ la pressione fiscale (la flat tax è una misura
pensata per valorizzare i ceti imprenditoriali italiani), facendo pendere l’ago
della bilancia maggiormente verso la parte più regressiva e autoritaria del neoliberalismo
europeo. Una rottura sistemica con la governance europea implicherebbe un
conflitto sociale piuttosto importante, e non credo che i movimenti di destra
siano interessati a questo. Diciamolo più chiaramente: la torsione regressiva
incarnata dai principali sovranismi europei passa quasi esclusivamente per un
governo razzista della crisi come articolazione politica
primaria per un rilancio – in chiave identitaria, proprietaria,
securitaria e concorrenziale, interna e globale – degli
assetti produttivi nazionali all’interno del modo stesso di
accumulazione neoliberale.
Quindi, da quello che dici, emerge una linea di
continuità tra PD e Lega, tra Minniti e Salvini. I democratici si proponevano
esplicitamente di non sconvolgere gli equilibri interni all’Europa, Salvini
propone di turbarli nella sua facciata retorica ma nella realtà dei fatti bada
bene a non rompere. Tutto sommato lo si è visto con la recente questione
dell’Aquarius: sembra che negli stessi giorni siano approdati la stessa
quantità di migranti...
Per quanto riguarda la vicenda dell’Acquarius, Salvini non
ha preso nessuna decisione che gli altri governi non avessero già preso, non è
uscito dalla grammatica giuridico-politica che si è data nell’Unione Europea
negli ultimi anni. Ricordiamoci la vicenda della Cap Anamur, per esempio, ma
anche il codice di comportamento per le ONG varato da Minniti, che presupponeva
anche il divieto soccorso per i naufragi in mare per le ONG non autorizzate.
Ricordiamoci anche il violento blitz della Gendarmerie di Macron a
Bardonecchia, oppure la disposizione voluta da Merkel di istituire i cosiddetti
Centri per il rimpatrio, per accelerare le espulsioni. Su questo c’è continuità
non solo con Minniti, ma anche con il regime migratorio della UE. La soluzione di
Salvini è solo più enfatica, mediatica, perché si vuole distinguere e segnare
una discontinuità che nei fatti non c’è. Più in generale in Europa non è che ci
sia tutto questo smarcamento dal centro politico, come dicevo alcune cose
promesse o fatte da Salvini sono state già approvate dalla stessa Merkel. Lo
ripeto: a me pare che Il neoliberalismo rilanciato dai movimenti sovranisti,
anche dalla coalizione giallo-verde in Italia, non è qualcosa di esterno alla
grammatica politico-economica della UE, rappresenta una sorta di resa dei conti
indotta dagli stessi squilibri economici e politici che lo stesso processo di
neoliberalizzazione ha generato. La struttura economico-politica europea negli
ultimi vent’anni è stata export-oriented, una sorta di neo-mercantilismo
strutturato attorno all’economia tedesca, con tutti gli squilibri che questo
provoca. Finanziarizzazione, securitarismo, umanitarismo, neoliberalismo: sono
stati questi i perni del governo della UE negli ultimi, e ora i sovranisti
propongono un diverso bilanciamento degli stessi elementi, ma non certo una
rottura con l’ordine neoliberale europeo.
Restiamo ancora sulla figura di Salvini e le sue
connotazioni politiche. Nella contrapposizione all’attuale governo di fatto
guidato dalla Lega il pericolo è di essere schiacciati sul frontismo
democratico, cioè su un fronte comune che raccoglie anche quelle figure e
quelle forze che – come tu hai sottolineato – si sono fatti promotori delle
politiche che oggi Salvini porta avanti.
Siamo chiamati a ragionare in un momento politico delicato,
e secondo me il rischio è quello che voi ponete, cioè di restare schiacciati in
un’opposizione tra un certo europeismo con diverse sfumature istituzionali da
una parte, e i movimenti xenofobi e sovranisti alla Salvini dall’altra.
Riguardo la vicenda della nave Aquarius emergono queste ipocrisie. Lo slogan
“Riapriamo i porti” chiaramente va benissimo, ma senza ulteriori precisazioni e
prese di posizioni si rischia di restare schiacciati su un problematico profilo
umanitario. L’umanitarismo fa parte del dispositivo di potere europeo di
gestione delle migrazioni da almeno venticinque anni, si è particolarmente
accentuato con la crisi dei rifugiati dal 2015. L’umanitarismo va di pari passo
con il razzismo securitario e repressivo, con il contrasto militare delle
migrazioni. Securitarismo e umanitarismo sono due tecnologie di governo che
funzionano insieme, non possono essere separate, fanno parte di un unico
dispositivo non solo di governo delle migrazioni, ma anche di produzione delle
popolazioni europee. Così, senza ulteriori precisazioni, c’è il rischio di
restare schiacciati all’interno di questa forbice. Il problema è come uscirne.
Riapriamo i porti, certo, però che facciamo con dispositivo umanitario e con le
ONG che lo supportano? Sappiamo tutti che il sistema dell’accoglienza è
diventato sempre di più uno strumento del capitalismo estrattivo, di
accumulazione per spossessamento, per dirla con Harvey. Vogliamo regalare
questo discorso a Salvini? Il sistema di accoglienza è chiaramente un business
che si gioca sulla pelle dei migranti, ma questo business, contrariamente a
quanto dice Salvini, non dipende solo dalle ONG e dai salvataggi in mare. E’
l’intero apparato di governo umanitario a essere non direi un business, ma una macchina
di rendita, di profitto, e anche di produzione di forza lavoro precaria e
servile. E si tratta di una macchina messa a punto negli anni certo dalla UE e
dal PD, ma anche da governi di destra a cui il partito di Salvini ha preso
pienamente parte. E’ un dispositivo di governo con un’origine chiaramente
trasversale tra i partiti politici istituzionali. L’umanitarismo poi è stato
uno degli strumenti del neoliberalismo per assorbire e disinnescare alcuni
conflitti. La cosiddetta ragione umanitaria ha depoliticizzato il discorso
sulle migrazioni, sostituendosi a un linguaggio politico molto più radicale e
antagonista. Queste sono questioni che noi ci dobbiamo porre. Non voglio
sminuire l’impegno di chi si è speso in questi giorni per protestare contro quello
che sta accadendo. Ma rischiamo di rimanere imprigionati in qualcosa che a
lungo termine può essere politicamente perdente. Forse in un qualche modo quel
“riapriamo i porti” doveva comportare anche il “ma cominciamo a chiudere con
l’umanitarismo e le ONG che lo supportano” in quanto dispositivo centrale nel
controllo delle migrazioni. Sarebbe necessario esplicitare durante la
mobilitazione anche questo aspetto della gestione monetarista dei flussi.
Parlando di umanitarismo potremmo aggiungere che questo
si accompagna con un elemento di emergenzialità che vede il soggetto migrante
completamente depauperato della sua autonomia soggettiva e schiacciato
sull’immagine del profugo costantemente vittima e bisognoso di aiuto.
Questo è sicuramente un elemento importante che rimanda a
quella mentalità coloniale che vede il migrante come un oggetto. Il sistema di
accoglienza e il nuovo regime di asilo proposto dall’Unione Europea e accettato
da tutti i paesi è stato finalizzato alla produzione di lavoro servile e
semi-servile istituzionalizzato. Pensiamo a quello che è successo a San
Ferdinando, quelle tendopoli erano gestite dalla prefettura e la maggior parte
di chi le occupava erano migranti con permesso di soggiorno. E questo non si
può più sottovalutare, non esiste un’integrazione “buona” se fa parte di questo
sistema marcio. Andrebbe anche detto spesso sono proprio i comuni di
centro-sinistra a promuovere questo inserimento differenziale – o servile – dei
migranti o richiedenti asilo nei territori, questo loro sfruttamento altamente
precarizzato. L’umanitarismo sta favorendo la produzione a livello
istituzionale di una forza lavoro servile incarnata dal migrante. Il fatto che
il diritto di asilo, proprio come il permesso di soggiorno, venga concesso con
rigidi limiti temporali, rende i rifugiati estremamente dipendenti dal mercato
del lavoro. E questo vale per chi ottiene lo status, per tutti gli altri la
situazione è ancora più problematica. Questo sistema di accoglienza - una parola
davvero orribile, è anche banale ricordarlo, coloniale, gerarchizzante,
inferiorizzante, che accentua l’idea del concedere qualcosa a qualcuno, non
certo dell’affermazione di un diritto in quanto persona – anche attraverso
l’integrazione progressista, per così dire, non fa che contribuire con quello
che si possiamo la razzializzazione del mercato del lavoro.
Un’ultima battuta di approfondimento sul al tema
dell’accoglienza a cui si accennava in precedenza...
Abbiamo sempre detto che la logica umanitaria neutralizza il
conflitto, lo anestetizza, e lo rimette in qualche modo a lavorare per il
sistema. Non è un mistero che funziona come un dispositivo di cattura. Il
sistema di accoglienza per come si è sviluppato in questi anni ha maturato un
certo tipo di gestione e management neoliberale del lavoro, che non ha
interessato solo l’immigrazione, ma ha più complessivamente riguardato la
produzione della popolazione e dei territori. E’ chiaramente un elemento attivo
nei processi complessivi di gerarchizzazione della cittadinanza. Tendiamo a
ragionare all’interno dell’ordine del discorso dominante sui migranti e
separiamo la gestione dei migranti da ciò che quel tipo di gestione implica,
ciò che Foucault chiamava la produzione dei territori e della popolazione e la
loro messa al lavoro. È importante sottolineare che se stiamo parlando di
razzismo e antirazzismo parliamo di gestione, amministrazione e produzione di
popolazioni e territori. Per non ridurre tutto il ragionamento su razzismo e
antirazzismo alle migrazioni, a quello che è stato anche chiamato, giustamente,
il processo di spettacolarizzazione delle frontiere, si deve parlare di come
tutto questo abbia una ricaduta nella costituzione materiale stessa Europa, di
come questi due fenomeni non possano essere separati. E qui ritorna anche il
passato coloniale dell’Europa, che in qualche modo è stato rielaborato e
rimesso al lavoro alla luce di una contingenza come quella del presente. Tale
passato non ha mai smesso di plasmare la gestione non solo delle migrazioni ma
dei migranti e dei cittadini post-coloniali, quelli che hanno tutti i
documenti, ma che trovano ugualmente un limite importante nella materialità
della cittadinanza. A me sembra che si continui a ragionare su questi temi in
maniera separata, invece bisogna tenere tutto insieme. E separandoli, alla
fine, non facciamo che restare dentro l’ordine del discorso neoliberale sulle
migrazioni, che produce continuamente il migrante come un corpo separato dal
resto della società.