lunedì 27 luglio 2015

Spazio comune e diritto alla città

di Augusto Illuminati -

Il General Intellect abita, ha trovato casa.
Ma è una dimora miserabile  (A.  Negri, 2015)

“due operazioni simultanee e complementari nei luoghi fisici e nell’ordine del discorso, due declinazioni del diritto post-fordista alla città, luogo privilegiato sia della speculazione finanziaria e della produzione biopolitica sia della contrapposta sfida di un’articolazione fra beni comuni e nuove soggettività”.

Fare spazio raccoglie e riorganizza una parte dei contributi presentati nel ciclo di seminari Dalle pratiche del “comune” al diritto alla città, organizzato dal Nuovo Cinema Palazzo in collaborazione con l’Istituto Svizzero di Roma e la Libera Università Metropolitana nel 2013, in un felice intreccio fra sperimentazione laboratoriale e pratica politica, come attestano sia l’argomento tipicamente transdisciplinare sia la produttiva eterogeneità dei promotori –istituzioni culturali internazionali ed esperienze sociali urbane.
Fare spazio nel campo giuridico, fare comune nella pratica urbana: sono due operazioni simultanee e complementari nei luoghi fisici e nell’ordine del discorso, due declinazioni del diritto post-fordista alla città, luogo privilegiato sia della speculazione finanziaria e della produzione biopolitica sia della contrapposta sfida di un’articolazione fra beni comuni e nuove soggettività. La svolta spaziale (spatial turn) è qui infatti concepita come uno spostamento laterale che cambia la prospettiva sulle categorie di interpretazione della realtà, sconvolgendone la gerarchia sostituendo al tempo omogeneo dello storicismo una spazialità produttiva dei rapporti fra soggetti e ambiente e non loro semplice contenitore liscio.

Le tre sezioni del libro, di conseguenza, sono rispettivamente dedicate al disassemblaggio della rigida normatività del diritto in quanto esclusiva emanazione della sovranità statale (con contributi firmati dal collettivo LUM-Palazzo, da P. Grossi, U. Mattei e M. Luminati), alla performatività del giuridico nella materialità delle risposte metropolitane alle logiche esclusive ed estrattive neo-liberali (D. Festa, A. Petrillo, C. Raffesin, B.M. Mennini e S. Sassen) e allo spazio eterarchico europeo, con i suoi problemi di cittadinanza, confini e regressione dei processi costituenti (É. Balibar, V. Cherepanyn C. Bernardi e F. Brancaccio) – sezione di cui è superfluo rilevare l’attualità nei giorni del dibattito sulla Grexit e dell’incipiente crisi di tutto l’assetto definito dai Trattati. La postfazione di F. Farinelli, Per pensare il comune, chiude la raccolta, ritornando sulla prospettiva: stavolta quella archetipica, brunelleschiana del portico dell’Ospedale degli Innocenti, che normalizzava lo sguardo prospettico e il posto del soggetto, inaugurando la razionalizzazione dello spazio che culminerà nel taylorismo e nel pensiero unico neo-liberale – il dispositivo cartografico contro cui si muove lo spostamento laterale di cui abbiamo fatto cenno.
Il saggio di F. Brancaccio, Il federalismo contro lo Stato, riassume in qualche modo l’insieme dei nessi problematici del libro, in particolare la riflessione di Balibar sui processi continentali costituenti e di legittimazione e quella della Bernardi sulle scalarità eterarchiche e delle lotte che contrassegnano il laboratorio europeo di corporate governance globale e relative resistenze. Sotto il profilo costituzionale – della Verfassung o struttura organica reale, non della richiesta di una Konstitution iper-sovrana – lo spazio europeo, proprio a partire dai dispositivi multilivello di esercizio della governamentalità neo-liberale che lo regolano, impone la necessità di ripensare il rapporto potere costituente-potere costituito in termini non dialettici e monistici.
In esso infatti opera una pluralità di processi costituenti e destituenti, tanto di veto quanto di normatività autonoma, tutti potenzialmente riattivabili. Il federalismo potrebbe essere la matrice organizzativa di tale molteplicità, ricomponendo in un patto federativo tutte le scomposizioni sociali e territoriali su cui oggi si fonda l’egemonia finanziaria sulla politica e l’uso sistematico della crisi quale governo post-democratico delle popolazioni o, per dirla con Balibar, dittatura commissaria –ogni riferimento alla Grecia è ovviamente intenzionale…
Lo sviluppo logico di questa problematica è stato il ciclo organizzato nel 2014-2015 dagli stessi soggetti, con l’aggiunta della Fondazione Basso, del Centro Riforma dello Stato e del Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università La Sapienza, sui Confini del diritto, di cui ha già scritto alfapiù il 22 giugno scorso e i cui contributi ci auguriamo di vedere presto raccolti in volume.

Fare spazio. Pratiche del comune e diritto alla città
a cura di C. Bernardi. F. Brancaccio, D, Festa e B.M. Mennini
Mimesis (2015), pp. 246