di Francesco Raparelli -
Nel segno dello slogan «Incrociamo le lotte» lanciato dallo Strike Meeting, professionisti
degli ordini professionali (avvocati, farmacisti, geometri, giornalisti, archivisti), professionisti atipici e parasubordinati, studenti e
metalmeccanici discutono di coalizione sociale e di nuova solidarietà e
cooperazione
Si
discute molto in questi giorni di Coalizione sociale, dallo Strike Meeting, i
metalmeccanici, i professionisti atipici. Ne ha discusso lo Strike Meeting a
Roma, due settimane fa, ne discutono i metalmeccanici in questi giorni a
Cervia, pongono il problema da tempo i professionisti "atipici" (non
legati agli ordini) di ACTA. Così è insistente la discussione sulle forme,
semmai sui soggetti (bastano precari e studenti, se la cavano gli operai con la
"società civile", bene che gli autonomi se la vedano tra loro), che
stentano a emergere in primo piano le pratiche. Proviamo a rovesciare il
problema: partiamo dalle pratiche di coalizione, dalle esperienze di
connessione, se volete lacunose, tra professionisti e precari, studenti e
disoccupati, lavoro dipendente e quello senza diritti.
Nel
segno dello Strike Meeting e del suo slogan «Incrociamo le lotte», vale la pena
leggere la bella giornata di venerdì 27 febbraio. Grazie alla mobilitazione
degli avvocati di MGA, in tante e tanti hanno partecipato allo Speakers' Corner
che si è svolto in piazza Cavour, nei pressi della Cassa forense. Un momento
prezioso per raccontarsi e riconoscersi, a partire dall'istanza dell'equità
fiscale e previdenziale. Prove di coalizione, niente di più, ma sicuramente
prototipi su cui è bene appuntare l'attenzione.
Oltre
agli avvocati, venuti da tutta Italia, soprattutto dal meridione, una ampia
partecipazione dei farmacisti, dei geometri, dei giornalisti, degli archivisti.
Poi i professionisti atipici, i parasubordinati, gli studenti che animano lo
Strike Meeting. Attraverso la formula - assai efficace - dello Speakers'
Corner, si sono alternati decine di interventi: un affresco del mondo del
lavoro contemporaneo, dell'impoverimento drammatico che, in Italia, investe la
forza-lavoro qualificata. Non c'è stato intervento che non abbia insistito sul
blocco della mobilità sociale, sulla necessità di ripristinare il principio di
progressività dell'imposta, sulla violenza dei sotto-compensi e dell'apartheid
del welfare che riguarda gli autonomi.
I
professionisti degli ordini, gli avvocati in primo luogo, sono afflitti dalla
riforma voluta da Monti nel 2012. Il censo, il fatturato, sta diventando la
condizione per rimanere avvinghiati alla professione. Per chi non ce la fa, per
chi non ha le spalle coperte dal genitore professionista o dalla famiglia
danarosa, si prospettano l'espulsione, la disoccupazione. Stesso destino se non
si pagano le casse previdenziali (quelle degli ordini sono oltre 20). Negli
anni '80 e '90 del secolo scorso, in decine di migliaia hanno inseguito il
sogno delle professioni liberali: troppi, ci ricordano le retoriche neoliberali
"all'amatriciana", ora è venuto il tempo di frantumare il sogno, di
rimandare a casa i sognatori.
I
professionisti atipici, nonostante l'approvazione del Mille proroghe, sono i
più fragili. Per tutti loro è spesso faticoso definire i confini della propria
professione, niente tabellari e dunque quasi sempre retribuzioni da fame,
spirito di corpo (per fortuna dico io) neanche a parlarne. La gestione separata
dell'INPS, introdotta dalla riforma in senso contributivo delle pensioni del
1995, impone un'aliquota sempre più proibitiva, con la riforma Fornero spinta
fino al 33%. Gli aumenti previsti dalla Fornero, anche per quest'anno, sono
stati rinviati. Ma di rinvio si tratta, e non di intervento strutturale. Per
non parlare della cancellazione, anch'essa soltanto rinviata, del regime dei
minimi, della completa assenza di welfare (rispetto alla malattia, ad esempio),
dei mancati pagamenti o dei ritardi senza fine degli stessi.
Questo
mondo, oltre un milione di lavoratori in Italia, comincia a parlarsi, la
mattinata di venerdì lo ha dimostrato. Tanti gli elementi comuni che emergono
in primo piano. Eppure stiamo parlando di una mobilitazione, a volte molto
efficacie, che spesso procede solo sul web, mescolando tradizionale agire da
lobby (in rapporto diretto con parlamentari e partiti) ed effervescenza
comunicativa. Più difficile che la mobilitazione trascini i selfie nelle piazze.
Ieri mattina questo è accaduto e, vista la convergenza delineata dai tanti
interventi al microfono, accadrà di nuovo, sotto la sede dell'INPS come sotto
quella delle altre casse previdenziali. Un segno importante, perché non è mai
scontato che, di fronte al blocco della mobilità sociale, alla
ri-feudalizzazione, all'impoverimento del ceto medio, si reagisca con la
solidarietà e la cooperazione.
Tornando
alla Coalizione sociale a venire. Dice il maestro René Ferretti che la
televisione italiana funziona secondo il principio "un tanto ar
chilo", non c'è posto per la qualità. Lo stesso principio vige nel
sindacato italico. Sfoderati i milioni di iscritti (di cui la metà pensionati),
poco conta mettersi in relazione con poche centinaia di professionisti e
parasubordinati che si uniscono in una piazza romana. Ma è per questo che oggi
Renzi può permettersi di piegare, di più, umiliare i sindacati, destinati a un
declino per nulla tiepido. Per riflettere seriamente di Coalizione bisognerebbe
capire che non basta più "un tanto ar chilo" e che, di fronte
all'offensiva in atto, solo la solidarietà tra i non sindacalizzati può fare la
differenza. Se Coalizione, allora cooperazione paritaria tra diversi,
"piccoli" e "grandi".