\Campagna "LIBERI DALL'AMIANTO" di Franco Ingrillì



Questo documento vuole essere una proposta di lavoro per tutti coloro (singoli o associazioni) che hanno contribuito ad approfondire il dibattito sulla necessità di eliminare l'amianto ancora presente negli ambienti di vita e di lavoro e sulla necessità di vietare l'estrazione per qualsiasi uso di rocce amiantifere (serpentiniti o pietre verdi) che sono a tutt’oggi coltivate in cava.
E' quindi il frutto della discussione promossa, nell'ultimo anno, da Legambiente, AIEA, Camera del Lavoro di Milano, ISDE e numerose associazioni locali e nazionali che hanno partecipato al dibattito, che non nomino in questa sede, perché l'elenco sarebbe troppo lungo.
La discussione intorno a questo argomento è stata approfondita e partecipata; ad essa hanno dato preziosi contributi Medicina Democratica, Aiea Sardegna, Aiea Val Basento, esperti della materia provenienti dall'università e dal CNR soprattutto, imprenditori che hanno progettato o costruito impianti per lo smaltimento, Istituzioni pubbliche quali la Regione Lombardia, l'ARPA, le Province.
Non tutte le opinioni sono concordi, come c'era da attendersi. In questo documento proviamo ad elencare ciò che ci unisce, piuttosto che quello che ci divide, elencando per primi i ragionamenti che ci accomunano.

OBIETTIVI COMUNI
Siamo tutti convinti che sia necessario intervenire, e presto, per prevenire ulteriori danni ai lavoratori e alla popolazione più in generale, eliminando la presenza di composti contenenti amianto su tutto il territorio nazionale. Siccome in Italia sono presenti almeno 40 milioni di tonnellate di questi materiali, il compito si presenta immane. Per questo bisogna agire in fretta, cercando di coinvolgere il maggior numero di persone ed organizzazioni, indipendentemente da divergenze di opinioni su altri temi, o di differenti valutazioni sul tema stesso della gestione dei rifiuti contenenti amianto.
Siamo tutti d'accordo che la priorità è la prevenzione, e quindi la eliminazione dei manufatti contenenti amianto dal territorio e dalle aziende; di conseguenza dobbiamo chiarirci le idee sulle possibilità reali di bonifica, ad oggi un problema irrisolto. Il costo delle bonifiche, in particolare quelle minori, spesso non è affrontabile dal singolo cittadino, i finanziamenti degli enti pubblici (Regioni) sono scarsi o del tutto assenti e non esistono, o sono veramente pochi, gli impianti per lo smaltimento definitivo attivi, siano essi discariche o trattamenti di inertizzazione , né i Piani Regionali Amianto in essere forniscono risposte idonee per il futuro.
Anche dove finanziamenti esistono, come ad esempio in Sardegna (stanziati 8 milioni di euro di cui 3 milioni e duecentomila destinati al cofinanziamento delle rimozioni a carico dei privati ma utilizzati nel 2009 soltanto l'8%) essi non vengono adeguatamente utilizzati.
Quanto sopra rende conto della necessità che gli interventi di prevenzione primaria vengano accompagnati o preceduti da una leale, costante ed incisiva campagna informativa.

Per le bonifiche, stiamo cercando di promuovere la possibilità che deriva dagli incentivi statali concessi a chi decide di sostituire (di sicuro entro la fine del 2010)le lastre di eternit che fanno da copertura di strutture civili o industriali con pannellature fotovoltaiche.
Per questo motivo, sono in corso contatti con alcuni istituti bancari per la messa a punto di un mutuo specifico da concedere a chi facesse questa scelta. Il mutuo, da quanto ci è stato detto, può essere interamente ripagato con i fondi dell'incentivo statale e quelli derivanti dalla vendita dell'energia elettrica derivante dal fotovoltaico; si estinguerebbe in otto anni circa. Una volta ben definiti i termini, potremo fare campagna di opinione per utilizzarlo: risolverebbe il problema dei costi di bonifica, almeno per l'eternit, e lascerebbe ai privati il vantaggio di poter usufruire di energia elettrica “pulita” a costo zero.
Contemporaneamente, apriremo vertenze regionali per inserire nei differenti Piani Regionali amianto opportuni strumenti finanziari per le bonifiche prioritarie, riguardanti le strutture pubbliche o private quali asili nido, ospedali, RSA, come pure per i siti di interesse nazionale da bonificare con l'intervento dello Stato. Riteniamo inoltre che adeguati finanziamenti debbano essere destinati al sostegno dei piccoli interventi, eseguiti da privati cittadini in genere presso le loro abitazioni.
Siamo anche convinti della necessità di accelerare la realizzazione di sistemi di gestione definitiva dei materiali contenenti amianto. L'opinione è concorde per quanto riguarda le dimensioni degli impianti: si preferiscono impianti che servano ognuno aree di dimensioni tali da non comportare trasporti di materiale pericoloso su distanze troppo lunghe, e comunque in funzione della presenza di amianto nel territorio , in modo da evitare i pericoli connessi alla movimentazione, aspetto tra quelli problematici per i rischi di dispersione delle fibre, anche quando i manufatti sono idoneamente imballati. La movimentazione infatti comporta sempre, per esperienza acquisita, rottura dei contenitori e dispersione; non possono essere escluse possibilità di incidenti, tanto più probabili quanto più lunga è la strada da percorrere.
Su questo punto specifico dovremo aprire un confronto serrato con le Regioni, che nella totalità dei casi preferiscono impianti di grandi dimensioni, per le economie di scala che essi comportano. I trattamenti termici, inoltre, prevedono l'utilizzo di forni a tunnel, che diventano remunerativi solo se capaci di trattare grandi quantità di materiale, dell'ordine di 200.000 tonnellate l'anno. D'altro canto, puntare tutto su impianti di dimensioni modeste complica la effettuazione di controlli rigorosi e moltiplica i centri di pericolo potenziale; su questo punto perciò la nostra riflessione dovrebbe essere approfondita.
C'è accordo generale anche sui criteri di scelta dei siti, che devono rispondere a quanto stabilito dalle norme vigenti, che attualmente affidano alle Regioni il compito di stabilire i criteri generali di localizzazione e alle Province quello di stilare i Piani di gestione dei rifiuti. I criteri dettati da Regione Lombardia, ad esempio, prescrivono che le discariche non devono costituire rischi per l'acqua, il suolo, il sottosuolo, la fauna e la flora. Non devono dar luogo a inconvenienti quali rumore o cattivi odori, non devono danneggiare in alcun modo i luoghi tutelati per particolari caratteristiche. Devono garantire un buon impatto ambientale e devono ESSERE ACCETTATI DA PARTE DEI CITTADINI. Le altre Regioni hanno normative analoghe.