domenica 14 settembre 2025

«FRANCIA: “BLOQUONS TOUT”». IL PROBLEMA DELL’ORGANIZZAZIONE E DELLA LEADERSHIP

newsletter/46 - collana "settanta/milieu"

il nostro futuro alle spalle

Nei giorni scorsi sulla rivista «ahida» (www.ahidaonline.com) abbiamo pubblicato una  serie di articoli che preannunciavano quel che oggi sta accadendo in Francia, ossia il  rumoroso manifestarsi del nuovo movimento «Blocchiamo tutto». Molti si domandano quali siano stati processi organizzativi che hanno determinato  questa esplosione e se esista o meno, all’interno delle reti di questo movimento,  una qualche forma di leadership. Su questi fondamentali interrogativi proponiamo la lettura, e per alcuni la rilettura,  del seguente testo tratto dal libro «Assemblea», di Michael Hardt e Antonio Negri,  Ponte alle Grazie, 2018)_


«Un falso presupposto: critica della leadership = rifiuto dell’organizzazione e  dell’istituzione» 

I movimenti sociali rifiutano in modo sistematico e deciso le forme tradizionali di  organizzazione politica centralizzata. I leader carismatici e i burocrati, le strutture  gerarchiche di partito, le organizzazioni d’avanguardia e persino le strutture  elettorali e rappresentative vengono costantemente criticati e messi in crisi.  Il sistema immunitario dei movimenti è divenuto così sviluppato che qualsiasi  manifestazione del virus della leadership viene immediatamente attaccata dagli  anticorpi. Decisivo è, però, che l’opposizione a un’autorità centralizzata non venga  equiparata al rifiuto di ogni forma organizzativa e istituzionale.

Troppo spesso oggi  la salutare risposta immunitaria si trasforma in malattia autoimmune. Per evitare la  leadership tradizionale, infatti, i movimenti sociali devono rivolgere non minore  attenzione ed energia all’invenzione e alla costruzione di nuove forme di leadership.  […] 

Tuttavia la strada per realizzare queste alternative è talvolta tortuosa e piena di  tranelli. Molti dei più intelligenti teorici politici di oggi, spesso proprio quelli che  hanno una ricca esperienza di militanza, guardano alla problematica  dell’organizzazione come a una ferita infetta, che risale alle sconfitte del passato. Se  in generale e in via di principio concordano con l’idea che l’organizzazione sia  necessaria, sembra che abbiano una reazione viscerale verso qualsiasi concreta  organizzazione politica. Si avverte nei loro scritti quel pizzico di acredine che deriva  dalle speranze infrante – dei movimenti di liberazione pieni di speranze mandate  all’aria da forze superiori, dei progetti rivoluzionari finiti in nulla e delle promettenti  organizzazioni andate a monte e sfasciate dall’interno. Comprendiamo la loro  reazione avendo vissuto con loro la maggior parte di quelle sconfitte, ma occorre  riconoscere la disfatta senza esserne disfatti: estrarre la spina e lasciar guarire la  ferita. Come i profeti disarmati, di cui si prendeva gioco Machiavelli, i movimenti  sociali che rifiutano l’organizzazione sono non solo inutili, ma anche pericolosi per  sé stessi e per gli altri. 


Infatti molte acquisizioni teoriche importanti degli ultimi decenni, comprese le  nostre, sono state usate a sostegno di un rifiuto generalizzato dell’organizzazione.  Per esempio, le riflessioni teoriche sulle crescenti capacità affettive, comunicative  del generai intellect hanno fatto talvolta il paio con le ipotesi sulle potenzialità delle  nuove tecnologie mediatiche e sono state usate per rinforzare l’idea che gli attivisti  possano organizzarsi spontaneamente, senza bisogno di alcun tipo di istituzione.  L’affermazione filosofica e politica dell’immanenza, in questi casi, si è erroneamente  tradotta nel rifiuto di ogni norma e struttura organizzativa, che va di pari passi con  l’accettazione di un individualismo radicale. Al contrario, l’affermazione  dell’immanenza e il riconoscimento di una generalizzata capacità sociale sono 

compatibili e richiedono, anzi, un’organizzazione e un’istituzione di tipo nuovo, che  impieghi le strutture di leadership, sebbene in forma nuova.  


In sintesi, se sosteniamo in termini generali le critiche dell’autorità e le richieste di  democrazia ed eguaglianza nei movimenti sociali, non concordiamo con quanti  affermano che i movimenti orizzontali siano di per sé sufficienti, che la questione  della leadership non faccia più problema perché è stata risolta una volta per tutte.  Dietro la critica alla leadership molto spesso si cela, perché è stata risolta una volta  critica della leadership molto spesso si cela una posizione che non condividiamo e  che resiste a qualsiasi tentativo di creare forme organizzative e istituzionali utili a  garantire la continuità e l’efficacia dei movimenti. Quando questo accade, i critici  dell’autorità e della leadership diventano davvero ostacoli per tutti i movimenti.  Non sottoscriviamo neppure, all’estremo opposto, il punto di vista per cui i  movimenti orizzontali dovrebbero dedicare i loro sforzi a resuscitare un partito  elettorale progressista o un partito rivoluzionario d’avanguardia. In primo luogo,  occorre riconoscere che il potenziale dei partiti elettorali è fortemente limitato,  soprattutto perché lo Stato è sempre più occupato (e più spesso completamente  colonizzato) dal potere capitalistico e per questo molto meno aperto all’influenza  dei partiti. In secondo luogo – motivo forse più importante – il partito nelle sue  varie forme è incapace di rispettare le sue pretese di rappresentatività (ritorneremo  sulla questione della rappresentanza più in dettaglio). I partiti elettorali progressisti,  sia all’opposizione che al potere, possono suscitare effetti positivi solo a livello  tattico, a complemento e non in sostituzione dei movimenti. Non abbiamo alcuna  simpatia per quanti affermano che, poiché i movimenti sono deboli e viva è  l’illusione di riformare attraverso mezzi elettorali, dobbiamo risuscitare il cadavere  del moderno partito d’avanguardia e le figure carismatiche dei passati movimenti di  liberazione, rimettendo in piedi le loro putrescenti strutture di leadership. Occorre  riconoscersi come parte delle tradizioni moderne rivoluzionarie e di liberazione che  hanno dato vita a così tanti partiti, ma rima-nere convinti che nessun atto di  negromanzia riuscirà a insufflare spirito vitale nella forma del partito d’avanguardia  oggi – tanto meno lo crederemmo desiderabile anche qualora fosse possibile.  Lasciamo che i morti seppelliscano i morti.