venerdì 7 novembre 2025

COME E PERCHÉ L’ESTREMA DESTRA È ARRIVATA AL POTERE IN ITALIA

-Sergio Fontegher Bologna-


L'autore ha realizzato un’edizione aggiornata del suo opuscolo “Alcune note sulla questione dei ceti medi e dell’estremismo di destra in Italia”. Il titolo è cambiato, sono stati aggiornati i dati statistici ed è presente una nuova introduzione, di cui si propone un breve estratto


Negli anni in cui gli equilibri di potenza usciti dalla seconda guerra mondiale si stavano  sfaldando e il bipolarismo Stati Uniti-Unione Sovietica veniva superato – per un verso dal  movimento dei paesi non allineati, per un altro dall’affermazione del comunismo in Cina – l’Italia diventava un paese di altissima conflittualità sociale. In particolare nelle fabbriche,  nell’industria, nei trasporti, anche nei servizi pubblici, nelle università.  

Alla fine degli anni 60 in tutto il mondo occidentale gli studenti, spesso per solidarietà con il  popolo vietnamita in lotta per la liberazione dal giogo coloniale, organizzarono proteste,  occupazioni, scontrandosi con le forze dell’ordine.  

Gli anni 1967/68/69 furono in tutto l’Occidente degli “anni caldi” ma solo in Italia questa  conflittualità si protrasse per tutto il decennio successivo. In parte fu il prodotto di  sistemi di pensiero che, interpretando la lezione marxista in modo originale, misero in  discussione l’intero sistema capitalistico, partendo dal concreto dei rapporti di produzione, dal  rapporto uomo-macchina, insomma dallo sfruttamento del lavoro. E coinvolsero tutto il ceto  intellettuale e delle professioni, ottenendo risultati concreti, per esempio nel campo della  salute, della salute mentale, dell’ambiente e altro. 

Poi anche l’Italia fu risucchiata nella “reazione neoliberale”, quando i governi dei paesi  anglosassoni (Thatcher in Gran Bretagna 1979, Reagan in USA 1981) adottarono politiche che  erano ispirate a teorie economiche che rifiutavano ogni modello di equilibrio sociale e  ponevano il profitto privato dei capitalisti come unica ragione d’essere di una società. 

Noi abbiamo una Costituzione che inizia con queste solenni parole: “L’Italia è una repubblica  democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo”. Le avevano scritte nel  1947 uomini che venivano dalla Resistenza contro il nazifascismo. Con il neoliberalismo (o  neoliberismo) quelle parole non avevano più senso e infatti nel 1992 in Italia si parlò di una  Seconda Repubblica, che non ha modificato la lettera della Costituzione ma l’ha abrogata nei  fatti, nei rapporti sociali, diventando oggi il paese dell’Europa occidentale con i salari più bassi,  con il grado di precarietà del lavoro più elevato e persino con forme di vera e propria schiavitù. 

Nulla di strano quindi se l’Italia dal 2022 è anche il primo di questi paesi dove l’estrema destra  è al governo. 

In questo testo si ripercorre il cammino che ha portato il mio paese a questo punto, ponendo  al centro dell’attenzione “la questione dei ceti medi”. E’ una versione riveduta dell’opuscolo  uscito nel febbraio 2024 con il titolo “Alcune note sulla questione dei ceti medi e  sull’estremismo di destra in Italia dal dopoguerra a oggi”. 

Ed esce oggi che i cittadini italiani, anche le giovani generazioni, sembrano risvegliarsi sotto  l’emozione e l’orrore per quello che succede in Palestina, e portano alla luce tutta la rabbia e la  frustrazione per le condizioni in cui si trovano a vivere nel loro paese oggi e magari anche  domani, se le cose non cambiano.Nel tentativo di capire come mai l’Italia oggi sia governata da un partito di estrema destra che  si richiama idealmente all’esperienza della Repubblica di Salò, ossia al periodo peggiore del  regime fascista, ho provato a ricostruire certi passaggi del dibattito storiografico e sociologico che ha toccato i temi del ceto medio e dell’estremismo di destra, partendo proprio da un’analisi  comparata con la realtà tedesca. Vedremo che nel corso degli anni il concetto di “ceto medio”  (Mittelstand, Mittelschicht) si è andato “evaporando”. Come in tutte le vicende riguardanti  l’analisi di classe, i risultati di studi approfonditi, di inchieste e analisi empiriche, si mescolano  nel discorso pubblico con le stilizzazioni e le mitizzazioni. Ne viene fuori quasi sempre un  costrutto artificiale – che si chiama di volta in volta “classe operaia” o “ceto medio” – che  finisce per diventare, più che un concetto, una convenzione linguistica. Per cui è necessario,  se vogliamo rimettere i piedi per terra, andare ad analizzare separatamente le diverse  componenti di questi aggregati


L’opuscolo è liberamente scaricabile cliccando qui