- Jean-Michel Bezat - "Una guerra dei contratti d’armamenti
nella vera guerra si prepara tra industriali europei e statunitensi"
L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha solo accelerato un movimento iniziato nel 2014 con l'annessione della Crimea. All'interno dell'UE è all'opera una vigorosa politica di riarmo
I
vertici della NATO e dell'Unione Europea (UE), organizzati a Bruxelles giovedì
24 e venerdì 25 marzo, hanno tolto dubbi sulla volontà degli occidentali - in
particolare degli europei - di impegnarsi in un riarmo globale che interessa
tutti i settori della sovranità: energia, industrie ad alta tecnologia e
difesa. L'invasione russa dell'Ucraina ha solo accelerato un movimento iniziato
qualche anno fa dopo l'annessione della Crimea nel 2014, poi rafforzato dalle
aspre critiche dell'ex-presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulla NATO,
e il costo del suo finanziamento da parte dei statunitensi.
Passo
dopo passo, l'Europa è uscita da una politica in cui voleva toccare i
"dividendi della pace", nati dalla caduta del muro di Berlino nel
1989. L'aumento delle minacce comporterà un forte aumento della spesa militare.
Svezia e Finlandia potrebbero aderire alla NATO. La Germania aumenterà il suo
sforzo di difesa dall'1,3% al 2% del suo PIL. La Francia sta seguendo la sua
legge di programmazione militare 2019-2025, che prevede di aumentare il budget
dell'esercito da 40,9 miliardi di euro nel 2022 a 50 miliardi nel 2025 (2,5%
del PIL), Emmanuel Macron prevede di "amplificare" lo sforzo.
Il
vecchio continente è diventato un "nuovo hot spot" per il riarmo,
afferma Siemon Wezeman[1],
ricercatore e coautore del rapporto annuale pubblicato il 14 marzo dallo
Stockholm International Peace Research Institute[2]. È qui che gli
acquisti di armi sono aumentati di più tra il 2017 e il 2021 (+ 19% rispetto
ai cinque anni precedenti), mentre sono diminuiti del 4,6% nel mondo. Secondo
il relatore, la quota dell'Europa nel commercio di armi, che è passata dal 10%
al 13%, aumenterà "in modo sostanziale". A beneficio di chi?
Volontà di acquisire “sovranità”
Tra
industriali europei e americani si prepara una guerra di appalti nella vera
guerra. L'UE mostra il desiderio di guadagnare in "sovranità", anche
se molti paesi membri intendono rimanere sotto l'ombrello di Washington e
privilegiare il "made in USA". Con Lockheed Martin, Raytheon
Technologies, Boeing, Northrop Grumman e General Dynamics, gli Stati Uniti
sono le prime cinque società globali; quasi 180 miliardi di dollari
(164 milioni di euro) di fatturato, il 54%delle vendite di armi e
il 39% delle esportazioni, quota in costante crescita nel decennio precedente.
Le
dimensioni e l'effetto di allenamento giocano. Se i caccia F-35 si vendono tanto bene in
Europa rispetto ai Rafale francesi, lo devono meno alla loro
tecnologia che al desiderio dei paesi di unirsi alla NATO, il cui ampliamento
avverrà principalmente a beneficio dell’industria statunitense. Al di là
dell'Alleanza Atlantica, le partnership strategiche alla base di qualsiasi
vendita di attrezzature pesanti danno un vantaggio competitivo insostituibile
ai colossi statunitensi. France e Naval Group lo hanno imparato a proprie
spese: nel settembre 2021 Canberra ha rotto il contratto di dodici sottomarini
dopo la firma del patto Aukus che legava Australia, Stati Uniti e
Regno Unito per contrastare la Cina nell'Indo-Pacifico.
Di
fronte alla potenza senza pari del complesso militare-industriale statunitense,
l'Europa pesa molto meno. Le cifre ne fanno la seconda potenza militare con 250
miliardi di euro di budget, 3.000 aziende che danno lavoro a quasi 1 milione di
persone e l'apice della tecnologia. Sulla carta. Perché ogni paese europeo
costruisce le sue attrezzature e difende i suoi ordini pubblici, privandosi
così di economie di scala: fregate, aerei da combattimento, carri armati, mezzi
corazzati o sistemi di combattimento, che devono poi essere comunicati nelle
operazioni di teatro.
Nessuna programmazione militare dell'UE
La
mancanza di un'ampia cooperazione porta a più acquisti attraverso l'Atlantico
per colmare i "buchi di capacità" e un costo aggiuntivo annuo di
oltre 25 miliardi di euro, ha sottolineato l'ex commissario europeo Michel
Barnier, nel 2016, in una relazione alla Commissione europea (vedi qui lo
sfacciato lobbying sull’UE:https://www.pressenza.com/it/2022/03/lintensa-lobbying-dellindustria-degli-armamenti-a-bruxelles/).
Nulla è davvero cambiato. Salvo rare eccezioni (Airbus, il missile MBDA, ecc.),
il consolidamento è in fase di stallo dal fallimento del matrimonio tra Airbus
e la società britannica BAE Systems nel 2012, dopo il veto di Berlino. L'UE si
è appena dotata di una “bussola strategica”, ma non ha una programmazione
militare che fissi la rotta per gli industriali.
Le
aziende rimangono gelose delle loro tecnologie e ogni paese desidera acquisire
più posti di lavoro possibili. Gli stessi grandi programmi sono parte di una
lotta continua: Airbus Defence & Space e Dassault (francesi) si oppongono
sui controlli di volo degli aerei al centro del sistema di combattimento aereo
del futuro previsto per il 2045; il carro armato MGCS dovrebbe essere costruito
dalla joint venture franco-tedesca KNDS in sostituzione del
francese Leclerc e del tedesco Leopard.
La
guerra in Ucraina ha reso credibile lo scenario di un conflitto ad alta
intensità in Europa occidentale e la sua industria deve riarmarsi. Tuttavia,
alcune produzioni sono sotto
pressione, la carenza di metalli strategici minaccia e le capacità di
produzione sono limitate. A meno che non si creda alla folle scommessa lanciata
da Jacques Attali per gestire le fabbriche di armi "24 ore su 24", o
anche per mobilitare le fabbriche di automobili (Les Echos del 25
marzo), è più ragionevole pensare che questo riarmo richiederà molti anni.
L'Europa
rafforzerà la propria industria promuovendo acquisti di gruppo (mirati alle
attrezzature europee), che rappresentano ancora solo l'11% della spesa pubblica
per la difesa; e a ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti identificando le
sue carenze in una relazione semestrale (classificata). “L'UE ha subito lo
shock che ha fatto avanzare la difesa europea: la guerra del Golfo, il Kosovo,
il terrorismo, gli attacchi informatici, osserva Louis Gautier, ex segretario
generale per la difesa e la sicurezza nazionale, sulla rivista online Le
Grand Continent (10 marzo). Ogni volta, lo slancio è stato
interrotto". L'invasione dell'Ucraina non è uno shock, aggiunge, ma “un
terremoto”. Tutti si aspettano un inizio, anche se la “Grande Armata” europea
non è per domani.
Articolo su Le Monde 28/3/2022 (traduzione di Turi Palidda)
NdT: traduco questo articolo che conferma che l’Europa non esiste come entità politica capace di aspirare a una effettiva sovranità e resta del tutto subalterna agli Stati Uniti che dispongono di una potenza industriale militare che da decenni fagocita quella dei paesi europei e fra questi in primo luogo quella italiana grazie anche all’atlantismo estremo del PD
[1] Europe new arms hot
spot: report: https://www.globaltimes.cn/page/202203/1254799.shtml
[2] https://www.sipri.org/media/press-release/2022/global-arms-trade-falls-slightly-imports-europe-east-asia-and-oceania-rise
