domenica 26 maggio 2019

EURO AL CAPOLINEA?

 La vera natura della crisi europea 
[Biagio Quattrocchi]
 Il libro di Riccardo Bellofiore, Francesco Garibaldo Mariana Mortágua 
coniuga lo stile divulgativo con un  
limitato ricorso alla formalizzazione  
 un contributo utile alle ragioni di un europeismo radicale  
non solo ostile alle sirene ordoliberali che incantano da tempo 
una parte della sinistra istituzionale, quanto un volume 
vigorosamente contrario alle soluzioni nazionaliste di sinistra


“DI QUALE CRISI ESATTAMENTE PARLIAMO?” È la domanda che attraversa il testo dall’inizio alla fine. Si tratta, dicono giustamente gli autori, di una crisi economica e politica insieme. Una crisi del regime di accumulazione neoliberale, assieme a una crisi del “comando politico” sul ciclo. La soluzione nazionalista, di qualunque colore essa sia, come vedremo più avanti, è da un lato il prodotto della crisi, dall’altro è destinata a diventare uno dei terreni attorno a cui si sta già riorganizzando elasticamente il regime neoliberale.
La miopia interpretativa sovranista: frontiere, più rottura dell’euro, più moneta nazionale, più banca centrale nazionale, consentirebbero la riedizione delle mitologiche sorti progressive della svalutazione competitiva, capace di assicurare magicamente un rinnovato benessere alle classi subalterne. Insomma basta sostituire i “cattivi” tecnocrati globalisti della BCE con un sovrano monetario “buono” e il gioco è fatto. Ma la moneta oggi consiste essenzialmente nel rapporto credito-debito – come dicono gli autori – e ciò comporta l’esistenza di strutturali interdipendenze funzionali tra diverse aree del globo.
I critici “della moneta unica” farebbero bene a considerare almeno altre due cose, avvertono ancora gli autori. Lo squilibrio (di reddito, salariale, complessivamente in termini di sviluppo) interno ai paesi dell’UE è iniziato ben prima dell’introduzione dell’euro. La moneta unica, richiamando le critiche di Suzanne de Brunhoff, non doveva nascere affatto così. Ma chi oggi spinge per un’uscita dall’euro deve sapere che essa porterà inevitabilmente a «più e non meno austerità».
Il testo si chiude con una serie di generali indicazioni politiche, assumendo il contesto europeo come spazio minimo. Per superare gli squilibri servirebbe un’autentica unione bancaria, un bilancio europeo e una politica fiscale continentale. Un aumento degli investimenti pubblici coperto con eurobond. Una reflazione salariale accompagnata a un aumento della produttività mediante intervento sulla struttura produttiva guidato da uno “stato imprenditore” .
L’orizzonte della socializzazione degli investimenti, ma soprattutto quello della costruzione di uno Stato che si fa occupatore diretto della forza lavoro, porta con sé numerosi problemi di primo ordine. Si è detto, il ciclo neoliberale ha modificato alla radice la forma-Stato. Non si esce dal neoliberismo passando linearmente ad uno Stato della socializzazione degli investimenti… Pensarlo, significa non aver fatto i conti fino in fondo con la trasformazione istituzionale e politica e la forte scomposizione dei luoghi decisionali impressa dal neoliberismo. Secondo, significa trascurare che il modello di democrazia, connesso allo Stato che decide “cosa, come, e quanto produrre”, presuppone da un lato, la funzione di un partito-massa, aperto, poroso ed organizzato, dall’altro, l’illusione di un governo (nazionale o sovranazionale) che detiene davvero tutte le leve del comando.  Ammesso che sia desiderabile tale orizzonte … dove sono ravvisabili in Italia ed in Europa le forze politiche che sorreggerebbero questa impresa? Piuttosto l’illusione idealistica di un ritorno ad un nuovo Stato capace di “programmare verticalmente l’economia”, varrebbe la pena insistere sulla costruzione di contro-poteri diffusi, istituzionalità autonoma che innerva la società, a cui non si esclude neppure, quando le condizioni lo permetterebbero, la funzione del governo… assumendo un piano che contenga in modo intelligente un reddito di autodeterminazione così come formulato recentemente dalle femministe (altro che quello del M5S!), insieme ad un salario minimo, ad una riduzione dell’orario del lavoro e a interventi di socializzazione degli investimenti in alcuni campi.

la scheda è una sintesi estratta da Quale Europa è al capolinea? di Biagio Quattrocchi

Riccardo Bellofiore, Francesco Garibaldo e Mariana Mortágua, Euro al capolinea? La vera natura della crisi europea, Rosenberg&Sellier (pp. 207, 14 euro)