COMMONFARE
una conricerca tra percezione del rischio,
bisogni emergenti, welfare dal basso
COMMONFARE
una conricerca tra percezione del rischio,
Come è cambiata, nel tempo, la soggettività precaria, tra infelicità e potenza, tra fragilità e autonomia, tra libertà e autosfruttamento?
Come si è trasformata, sotto i colpi della crisi, ma anche attraverso il ruolo delle tecnologie?
Come recepisce, e immagina di sovvertire, le difficoltà sociali e della politica?
Questo processo di individuazione può fornire nuovi attrezzi alle politiche pubbliche
Una delle sfide
più complesse ma anche
più interessanti che
la contemporaneità sembra averci
affidato ha a
che vedere con la
visione e l’analisi
di nuove forme
di distribuzione e di
sostegno della società
umana, lungo un
raggio di pensiero
e di azione
che deve allargarsi
e spingersi a immaginare anche nuovi equilibri con l’ambiente e la natura.
Gli apparati emersi in epoca fordista
sono in grande difficoltà
a seguito del declino progressivo delle
condizioni economiche, sociali e politiche che li hanno prodotti e,
crediamo sia necessario raccogliere le domande generate dai vuoti dei sistemi
sociali e previdenziali per organizzare delle risposte. La frantumazione di
molte presunte “certezze” (crescita economica, progresso, occupa-zione), nella
dinamica messa a nudo dalla crisi finanziaria globale, spinge a ripensare le
mo-dalità di organizzazione della vita e dei suoi bisogni, politicizzando il
problema a partire dalle strutture di base (la famiglia, la coppia, il
“privato”) e perfino a partire dalle attitudini senti-mentali che sono
implicate in essa (la cura, la sollecitudine, l’amore, la dedizione). Il
welfare assumendo anche una funzione di selezione e di controllo della forza
lavoro sulla base di criteri di accesso diseguali, sembra
trasformarsi in fattore
direttamente produttivo,
attraverso ambigue forme sussidiarie laddove “gestire” e “amministrare”,
termini classicamente usati in riferimento
a beni e
risorse materiali, vengono
applicati all’esistenza umana.
Dal management aziendale si passa
al management dell’esistenza: la salute, la scuola, l’abitare, momenti delicati
e fragili come l’infanzia o la vecchiaia, sono la materia su cui si esercita il
management della vita
del welfare liberista 2.0 che
maneggia corpi e
necessità. Siamo dunque
in presenza di un passaggio cruciale e nevralgico in cui il welfare diviene
gestione asimmetrica e diseguale del “capitale umano”. A causa di tali
meccanismi, quella cooperazione sociale in partenza potente finisce per
doversi confrontare con
processi di impoverimento
e di alienazione
esistenziale connessi a
una spogliazione che
si muove su
più fronti contemporanea-mente e
picchia con forza
direttamente sul piano
riproduttivo (legami sociali,
processi cooperativi, processi
relazionali).
La critica dell’economia politica non può, dunque, che fondarsi su una critica dell’esperienza vivente. Un approccio alternativo può aiutare a uscire da queste sacche, muovendoci lungo due crinali: quello dell’esplorare le realtà che già oggi costruiscono “comune”, cooperazione sociale, autoproduzioni, invenzioni sul terreno della riproduzione sociale, dando significato e valore alle nuove sperimentazioni in campo; quello del mappare e rivalutare i sistemi di welfare attualmente esistenti, alla luce dei nuovi bisogni e dei nuovi rischi sociali. All’interno di questa opzione è possibile analizzare e rappresentare i tentativi, nati dal corpo sociale contemporaneo, che possono essere indicati come istituzioni dal basso per rispondere all’insicurezza e ai processi di marginalizzazione e svalorizzazione del fattore lavoro, ridotto a elemento “usa e getta”, per il quale si paga poco, o addirittura niente. Si tratta di trovare luoghi ed esempi pratici e concreti, utili a ravvivare i desideri attraverso pratiche che alludano al completo rinnovamento sociale. Nei quadri impostati dai sistemi di accumulazione del presente, fondati sulla conoscenza e sulla vita, si muove la soggettività precaria, nata e cresciuta al di fuori della fabbrica ed esplicita figurazione della nuova fase, basata su instabilità del lavoro e del contratto, sul mancato accesso alla cittadinanza e alla distribuzione, sulla progressiva carenza di identità professionale nonostante la iperqualificazione, sull’impossibilità di disporre veramente del proprio tempo, su assenza di mobilità sociale e trappola della povertà (o, meglio, della precarietà).Ecco allora che l’occasione di incontrarci di nuovo, raccontarci e portare in evidenza alcune esperienze riproducibili incontrate nei territori risulta un tassello fondamentale, propedeutico alla creazione di conoscenza, saperi e relazioni che fuoriescano dai confini e dalle singole esperienze. Il lavoro di ricerca presentato in questo testo rappresenta il tentativo di raccontare e connettere processi di empowerment comunitario e percorsi di progettazione autonoma, ripristinando con ciò un “senso del futuro”, ricostruendo una prospettiva esistenziale in un contesto ambientale, materiale e soggettivo profondamente mutato.
La critica dell’economia politica non può, dunque, che fondarsi su una critica dell’esperienza vivente. Un approccio alternativo può aiutare a uscire da queste sacche, muovendoci lungo due crinali: quello dell’esplorare le realtà che già oggi costruiscono “comune”, cooperazione sociale, autoproduzioni, invenzioni sul terreno della riproduzione sociale, dando significato e valore alle nuove sperimentazioni in campo; quello del mappare e rivalutare i sistemi di welfare attualmente esistenti, alla luce dei nuovi bisogni e dei nuovi rischi sociali. All’interno di questa opzione è possibile analizzare e rappresentare i tentativi, nati dal corpo sociale contemporaneo, che possono essere indicati come istituzioni dal basso per rispondere all’insicurezza e ai processi di marginalizzazione e svalorizzazione del fattore lavoro, ridotto a elemento “usa e getta”, per il quale si paga poco, o addirittura niente. Si tratta di trovare luoghi ed esempi pratici e concreti, utili a ravvivare i desideri attraverso pratiche che alludano al completo rinnovamento sociale. Nei quadri impostati dai sistemi di accumulazione del presente, fondati sulla conoscenza e sulla vita, si muove la soggettività precaria, nata e cresciuta al di fuori della fabbrica ed esplicita figurazione della nuova fase, basata su instabilità del lavoro e del contratto, sul mancato accesso alla cittadinanza e alla distribuzione, sulla progressiva carenza di identità professionale nonostante la iperqualificazione, sull’impossibilità di disporre veramente del proprio tempo, su assenza di mobilità sociale e trappola della povertà (o, meglio, della precarietà).Ecco allora che l’occasione di incontrarci di nuovo, raccontarci e portare in evidenza alcune esperienze riproducibili incontrate nei territori risulta un tassello fondamentale, propedeutico alla creazione di conoscenza, saperi e relazioni che fuoriescano dai confini e dalle singole esperienze. Il lavoro di ricerca presentato in questo testo rappresenta il tentativo di raccontare e connettere processi di empowerment comunitario e percorsi di progettazione autonoma, ripristinando con ciò un “senso del futuro”, ricostruendo una prospettiva esistenziale in un contesto ambientale, materiale e soggettivo profondamente mutato.
Giuseppe Allegri, Sabrina Del Pico, Andrea
Fumagalli, Sandro Gobetti, Cristina Morini, Luca Santini e Rachele Serino,
Generazioni Precarie. Una conricerca
tra percezione del rischio, bisogni emergenti, welfare dal basso, collana
di e-book (libri digitali) Commonfare Book
Series (CBS)