venerdì 24 maggio 2019

LOTTA PER LA SOSTENIBILITÀ O SVILUPPO SOSTENIBILE ?

Beniamino Ginatempo

 il campo della lotta di classe del XXI secolo 


 La crisi complessiva del sistema politico-economico ha già da tempo  messo in  discussione la  razionalità della società industriale, superando e disintegrando  progressivamente le 
soggettività che animarono il “patto fordista”, sancito in Italia nel  secondo dopoguerra del Novecento con il varo della Costituzione repubblicana
Le conseguenze disastrose provocate dalla crisi contemporanea non si riflettono solo sul piano della condizione sociale, con l’affievolimento generalizzato dei diritti conquistati dalle lotte di massa, ma si estendono globalmente sul terreno ambientale 
Il contributo di Beniamino Ginatempo analizza la crisi contemporanea 
“alla luce degli sconvolgimenti ambientali attuali. Oggi non è più possibile affrontare questa sfida culturale  – osserva lo studioso peloritano - senza una rivisitazione analitica. Vanno comprese 
meglio le sue cause, senza il consueto e convenzionale rinvio alle analisi marxiste,
 ma con la coscienza che neanche Marx 
poteva immaginare così cogenti i problemi derivanti dalla crisi ambientale”  

[NbBm]

Concedetemi preliminarmente una metafora: la crisi economica è come una piovra con decine di tentacoli. Questi ultimi, elencati a casaccio, parzialmente e non in ordine di importanza, sono il lavoro ed il precariato, lo stato sociale, la sanità pubblica, le guerre, la scuola ed il sistema di formazione, l'energia, lo sviluppo industriale, il debito, i diritti civili, l'accesso ai Beni Comuni ed il perseguimento dell'Uguaglianza, l'immigrazione, etc. Come per la piovra se recidi un tentacolo (i.e. aggredisci un problema e provi a proporne soluzioni) questo ricresce. Basti pensare al legame diretto che c’è fra crisi ambientale e migrazioni.  Infatti per uccidere la piovra bisogna aggredirne la testa. La testa della piovra è la questione ambientale. Per argomentare sulla validità della metafora e della tesi, devo partire da lontano, perché va chiarito e precisato il concetto basilare della sostenibilità, oggi la pietra miliare di qualunque politica e che è cosa ben diversa dall'inconsistente concetto socialdemocratico dello sviluppo sostenibile.



L'insostenibilità strutturale del sistema economico liberista

Nell’Universo e sulla Terra possono accadere soltanto fenomeni fisici. Questi sono permessi e regolati dalle Leggi della Fisica o di Natura, inviolabili ed immodificabili dall'Uomo. La sostenibilità non è altro che operare in coerenza con le leggi di Natura, ed è follia pensare di poter perseguire modelli di sviluppo socio-economico che non ne tengano conto o addirittura siano in apparente conflitto con esse. Fra queste leggi sono di grande rilevanza ed impatto sociale le leggi di conservazione dell'Energia e della Massa (le risorse naturali) ed il II Principio della Termodinamica (Entropia). Le prime consistono nel famoso adagio Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Questo implica che qualunque attività umana, principalmente quelle di interesse sociale ed economico, non sono altro che trasformazioni, di massa in altra massa e di energia in altra energia. Purtroppo queste trasformazioni non possono avere un rendimento del 100% (II principio della Termodinamica), ma una parte (a volte molto considerevole, soprattutto nelle trasformazioni dell'energia) delle risorse inizialmente disponibili diventano irreversibilmente inutilizzabili. Questo sfrido è la causa dell'inquinamento.

Primo commento. Massa ed Energia sono le risorse naturali che il pianeta ci offre. Ora non c'è altro modo di produrre ricchezza e benessere sulla Terra senza trasformare le risorse naturali tramite la Conoscenza ed il Lavoro. Il Lavoro è il soggetto fondamentale dell’Art. 1, la Conoscenza è uno dei soggetti dell’Art. 9. L’accesso alle risorse naturali nonché ad altri Beni Comuni immateriali è un “diritto inviolabile dell’uomo”, garantito dall’Art. 2. Ed un accesso privilegiato o predatorio ai Beni Comuni è la principale causa delle diseguaglianze, che l’Art. 3 si propone di abolire.

Secondo commento. Madre Natura non inquina e non fa rifiuti, perché per rispettare le leggi della Fisica e consentire la vita sulla Terra ha costruito dei trucchi meravigliosi dalla struttura circolare: i cicli dei materiali. La stragrande maggioranza dei cicli naturali consiste nella composizione di semplici elementi chimici in sostanze organiche - come avviene negli esseri viventi - e dopo nella decomposizione delle sostanze organiche nei loro componenti inorganici, sfruttando gli scambi energetici con l'ambiente (energia solare). Si pensi al ciclo dell’acqua, dell’ozono-ossigeno, dell’azoto, ecc. In questi processi nulla si perde, neanche un piccolo atomo di idrogeno che magari si parcheggia temporaneamente in un composto chimico complesso, per poi liberarsi e rendersi disponibile successivamente per un altro composto. Tutto si ricicla spontaneamente, proprio grazie alla struttura circolare dei fenomeni naturali, imposta dalle leggi di conservazione: non c’è né inputoutput.

Al contrario il sistema economico neoliberista ha una struttura lineare. Esso è basato sul Prodotto Interno Lordo (PIL) - la misura della ricchezza di una comunità - e va in equilibrio solo se la crescita del PIL è continua e illimitata, posto che qualche briciola della crescita stessa venga distribuita a tutti per sopire i conflitti sociali, che inevitabilmente nascono da una iniqua distribuzione della ricchezza.

Ora la crescita si ottiene essenzialmente con produzione, consumi e servizi. Ultra semplificando:
·         le imprese per produrre necessitano materie prime (massa) ed energia, producono rifiuti e si devono indebitare;
·         i consumatori per consumare necessitano di materia ed energia, producono rifiuti e si devono indebitare;
·         gli stati e le istituzioni, per fornire le infrastrutture e i servizi necessari a produzione e consumi, necessitano di materia ed energia, producono rifiuti e si devono indebitare.
In input di questi processi ci sono dunque le risorse del pianeta e la finanza, mentre in output il debito, pubblico e privato, ed i rifiuti. Che a loro volta richiedono energia e altre risorse per il loro trattamento, e che comunque hanno un costo ambientale elevato.

Questo sistema proprio a causa della sua linearità è basato sull'aggressione all'ambiente, sia tramite l’input, cioè il continuo saccheggio delle risorse naturali, che però sono limitate ed esauribili (7 miliardi di abitanti del pianeta), sia tramite l’output, perché nell’ambiente sversiamo i nostri rifiuti e le emissioni del sistema industriale e dei cittadini (trasporti, riscaldamento, ecc.).

A peggiorare la situazione c'è pure l'instabilità strutturale di questo sistema, dovuta alla sua linearità, principale causa della insostenibilità. Per esempio: che succede se rallentano i flussi di materie prime in entrata o ne aumentano troppo i costi? Cala la produzione, aumentano i prezzi; i consumatori non sono in grado di acquistare i prodotti o si devono indebitare sempre di più; i governi devono sostenere i consumi e le produzioni ed aumenta il debito pubblico. Tutto ciò fino al punto in cui stati, consumatori ed imprese non possono più onorare i debiti: la crisi economica. Questa considerazione significa che una concausa nascosta della crisi è la ricerca della crescita a tutti i costi, e quindi non può esserne la via d'uscita. Invece, inseguire la crescita è la sola ricetta di politica economica che in Italia ed in Europa sia destra che centrosinistra, compresi i sindacati, hanno saputo proporre negli ultimi 30 anni. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Si noti altresì che un postulato socialdemocratico è quello dello sviluppo sostenibile: col crescere del PIL, si dice, ci saranno più risorse per potenziare la ricerca scientifica e tecnologica, i cui risultati potranno consentire di ridurre l'inquinamento generato dalla crescita. Ma ridurre non è abolire. Ne segue che lo sviluppo sostenibile potrà servire solo a ritardare un po’ la fine delle risorse utilizzabili ed il momento in cui saremo seppelliti dai rifiuti. Ovvero l'estinzione dell'umanità sulla Terra.


Che fare?

1) Una grande rilevanza politica assume l’attuazione della cosiddetta Economia Circolare, fra i quali l'applicazione della Strategia Rifiuti Zero, che farebbe somigliare di più il sistema socio-economico ai meccanismi circolari della Natura. Una profonda rivoluzione democratica avverrebbe se, al pari del pareggio di bilancio, anche l’economia circolare trovasse spazio in Costituzione. Ma l’Italia fa quello che chiede l’Europa?
L’Unione Europea ha esitato il 3/12/2015 il cosiddetto Pacchetto per l’Economia Circolare, documento dal titolo “Verso un'economia circolare: programma per un'Europa a zero rifiuti”, scaricabile del sito http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52014DC0398R(01)&from=IT. Questo è finalizzato a massimizzare il recupero di materie prime seconde dai nostri oggetti scartati dopo il consumo. Non ci sono dietro motivazioni ecologiche, ma la Commissione Juncker (che non è Greenpeace né WWF) sa che l’Europa importa il 60% delle materie prime necessarie al proprio sistema industriale. Data la veloce crescita dei paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), che sono anche produttori di materie prime, nel medio termine la competizione nel mercato delle materie prime sarà sempre più feroce, sia per la forza dei competitori, sia perché le risorse naturali (si pensi al rame) scarseggiano già oggi. L’Europa, cioè, vede lo spettro della desertificazione industriale, ovvero della povertà dilagante. Quindi, un po’ a malincuore, chiede - o meglio si propone da due anni di chiedere - agli stati membri di risparmiare sulle materie prime e di sviluppare riduzione, riuso, recupero e riciclo degli oggetti che hanno esaurito la loro vita funzionale, invece che creare rifiuti inutilizzabili e inquinanti. Pertanto l’Europa, senza dirlo esplicitamente, ammette che la crisi economica si origina dalla scarsità e dal cattivo utilizzo delle risorse naturali. Aggiungo che la circolarizzazione dell’economia allevia il giogo dei produttori di materie prime e di gestori dei rifiuti, ed è pertanto osteggiata dai potentati economici mondiali.

2) Bisogna impostare una dura lotta per il controllo pubblico del debito, sottraendolo alle grosse compagnie finanziarie, ovvero limitandone l’invadenza sulla politica. Ricordiamo tutti le pretese di J.P. Morgan di modificare la Costituzione stessa (vedi famigerato rapporto del maggio 2013) perché troppo socialista.

3) Altresì rilevante è battersi per le vere energie rinnovabili, cioè tutte quelle che non implicano combustioni perché le altre generano grande inquinamento dell’atmosfera e del suolo, con conseguente degrado delle risorse naturali - notare il grande equivoco che governi e media hanno generato su questo punto -. Cioè No centrali a biomasse, No CSS, No biocombustibili, ecc., ed incentivare, in rispetto al principio di Sobrietà, il risparmio energetico (l’unica vera energia rinnovabile), l'autoproduzione e la rete di interscambio.

Riassumendo i tre punti precedenti, per democratizzare il sistema economico bisogna riequilibrare i poteri economici allargandoli da ristrette oligarchie a molto più vaste platee. Quindi bisognerebbe
·        togliere potere a chi controlla le materie prime
·        togliere potere a chi gestisce i rifiuti
·        togliere potere alla grande finanza
·        togliere potere a chi controlla l'energia
Questi quattro obiettivi altro non sono che far riprendere al popolo sovrano il controllo dell’input e l’output del sistema economico, e quindi sono i punti cardine di un qualunque progetto politico e costituzionale che voglia ristabilire l’uguaglianza dei cittadini e perseguire la democrazia, in quanto sono il principale ostacolo al pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Un’altra sorgente di potere, ovviamente, sta nel controllo dei media e dei sistemi di comunicazione, che da strumenti di controllo del consenso diventano sempre più strumenti diretti di costruzione del potere, strumenti sempre più efficaci quanto più inerme ed impreparato è l’utente. Ma questo è un filone diverso che mi porta fuori tema.

Un’ultima considerazione è che le dimensioni del problema della crisi economica sono evidentemente globali, cioè non limitate all'Italia. Quindi la pretesa di circoscrivere i problemi politici, sociali ed economici in un ambito nazionale o al più europeo non può essere esaustiva, ma solo l'inizio di una battaglia culturale e politica. Che comunque deve partire dai territori e giungere in Europa e oltre, scoprendo che tutte le vertenze sociali, comprese quelle dei diritti civili, comprese le guerre, sono comunque e sempre originate da questioni ambientali e dalle instabilità del sistema economico.