mercoledì 27 marzo 2019

GENERAZIONE 23M. OLTRE IL CAPITALISMO GREEN


anticorpi resistenti ai custodi 

dell’estrattivismo neoliberista

[da Global Project]

\ Riflessioni intorno al nascente movimento climatico e al percorso dei comitati e dei movimenti contro le grandi opere e per la giustizia climatica

\ Il successo della scadenza del 23M segna l'apertura di un inedito campo di possibilità sul terreno della giustizia climatica, della lotta alle grandi opere e alle devastazioni ambientali. È  urgente, dunque, aprire una riflessione condivisa.
\ Su questo crinale si gioca la partita tra la possibilità dell'affermazione di un movimento climatico anticapitalista/radicale e un movimento meramente d'opinione
Tre erano le condizioni per il successo del 23M e per pensare che la scadenza non esaurisse, ma, al contrario, rilanciasse il percorso. Primo: c'era la necessità di mettere in campo un lavoro di aggregazione di decine di comitati e vertenze, lotte episodicamente unite nel nome della solidarietà, ma mai tenute assieme da forme d'organizzazione efficaci e da una comune cornice politica. Secondo: questa cornice doveva riconoscersi nella questione climatica che, a propria volta, necessitava di essere elaborata in relazione alla vita e alle politiche di sviluppo dei singoli territori. L'assunzione di un piano di mobilitazione che si posiziona su un livello d'astrazione inedito ("la sopravvivenza del pianeta", "la possibilità del futuro", "la riproduzione della sostanza storica stessa") doveva convivere con la sua contemporanea precipitazione nella materialità di relazioni sociali storicamente e geograficamente determinate. Bisognava cioè avere la capacità di indicare i responsabili, quelli sistemici (il capitalismo estrattivo), quelli politici (il governo giallo-verde, ma anche il PD pro grandi opere), quelli economici (le grandi multinazionali, compagnie del petrolio in testa, vd. il caso ENI). Terzo: le prime due condizioni non potevano che portare a un discorso contro tutte le maggiori formazioni politiche in campo in questo momento, contro gran parte delle forze economico-imprenditoriali e le loro ancelle sindacali (Cgil, Cisl e Uil). Insomma, un discorso radicale, ma anche completamente privo di sponde istituzionali.
Questi erano i tre elementi di un'idea alla cui origine stava l'individuazione della crisi climatica come possibile linea di macro-tendenza e la sua rottura dal basso come terreno di conflittualità in essere e in divenire. Ed in questo senso il 15 marzo è stato un segnale importante. Il grande sciopero globale climatico ha rappresentato l'irruzione sulla scena di una giovanissima generazione che, alla faccia della rassegnazione, ha rivelato tutta la propria urgenza di mobilitazione. In questo scenario il 23 marzo (seppure espressione tutta italiana) ci consegna un dato in più, certamente non risolutivo, ma confortante. La Marcia per il clima ha dimostrato che questa generazione ha in sé gli anticorpi contro i tentativi di cattura da parte di quelle forze che oggi compongono l'arco istituzionale e che si contraddistinguono, tutte, per la loro adesione al capitalismo estrattivista neoliberale. Lo ha dimostrato a partire dal fatto che il corteo ha potuto contare su migliaia di giovanissimi (parliamo di ragazze e ragazzi sotto i vent'anni), molte e molti al loro primo corteo nazionale, magari alla prima trasferta romana. In tante e tanti sventolavano le bandiere delle lotte "di casa propria". E non è una questione meramente di orgoglio, né una notazione coreografica, è un segnale di come questa generazione sia in grado di comprendere quanto la battaglia sul cambiamento climatico, per sortire qualche effetto reale, debba essere in grado di individuare e nominare i responsabili. Il tema è cruciale, ma se, certamente, la marcia del 23M ha dato segnali incoraggianti, il lavoro da fare è ancora lungo e per niente scontato. È su questo crinale, infatti, che si gioca la partita tra la possibilità dell'affermazione di un movimento climatico anticapitalista/radicale e un movimento meramente d'opinione, ovvero ciò che auspicano i custodi dello status quo, dai negazionisti/sviluppisti fino ai socialdemocratici, sostenitori del capitalismo green.

tratto da   DOPO IL 23M...