anticorpi resistenti ai custodi
dell’estrattivismo neoliberista
[da Global Project]
\ Riflessioni intorno al nascente movimento climatico e al percorso dei comitati e dei movimenti contro le grandi opere e per la giustizia climatica
\ Il successo della scadenza del 23M segna l'apertura di un inedito campo
di possibilità sul terreno della giustizia climatica, della lotta alle grandi
opere e alle devastazioni ambientali. È urgente, dunque, aprire una riflessione
condivisa.
\ Su questo crinale si gioca la partita tra la possibilità dell'affermazione
di un movimento climatico anticapitalista/radicale e un movimento meramente
d'opinione
Tre erano le condizioni per il successo del 23M e per
pensare che la scadenza non esaurisse, ma, al contrario, rilanciasse il
percorso. Primo: c'era la necessità di mettere in campo un lavoro di
aggregazione di decine di comitati e vertenze, lotte episodicamente unite nel
nome della solidarietà, ma mai tenute assieme da forme d'organizzazione
efficaci e da una comune cornice politica. Secondo: questa cornice doveva
riconoscersi nella questione climatica che, a propria volta, necessitava di
essere elaborata in relazione alla vita e alle politiche di sviluppo dei
singoli territori. L'assunzione di un piano di mobilitazione che si posiziona
su un livello d'astrazione inedito ("la sopravvivenza del pianeta",
"la possibilità del futuro", "la riproduzione della sostanza
storica stessa") doveva convivere con la sua contemporanea precipitazione
nella materialità di relazioni sociali storicamente e geograficamente
determinate. Bisognava cioè avere la capacità di indicare i responsabili,
quelli sistemici (il capitalismo estrattivo), quelli politici (il governo
giallo-verde, ma anche il PD pro grandi opere), quelli economici (le grandi
multinazionali, compagnie del petrolio in testa, vd. il caso ENI). Terzo:
le prime due condizioni non potevano che portare a un discorso contro tutte le
maggiori formazioni politiche in campo in questo momento, contro gran parte
delle forze economico-imprenditoriali e le loro ancelle sindacali (Cgil, Cisl e
Uil). Insomma, un discorso radicale, ma anche completamente privo di sponde
istituzionali.
Questi erano i tre
elementi di un'idea alla cui origine stava l'individuazione della crisi
climatica come possibile linea di macro-tendenza e la sua rottura dal basso
come terreno di conflittualità in essere e in divenire. Ed in questo senso il
15 marzo è stato un segnale importante. Il grande sciopero globale climatico ha
rappresentato l'irruzione sulla scena di una giovanissima generazione che, alla
faccia della rassegnazione, ha rivelato tutta la propria urgenza di
mobilitazione. In questo scenario il 23 marzo (seppure espressione tutta
italiana) ci consegna un dato in più, certamente non risolutivo, ma
confortante. La Marcia per il clima ha dimostrato che questa generazione ha in
sé gli anticorpi contro i tentativi di cattura da parte di quelle forze che
oggi compongono l'arco istituzionale e che si contraddistinguono, tutte, per la
loro adesione al capitalismo estrattivista neoliberale. Lo ha dimostrato a
partire dal fatto che il corteo ha potuto contare su migliaia di giovanissimi
(parliamo di ragazze e ragazzi sotto i vent'anni), molte e molti al loro primo
corteo nazionale, magari alla prima trasferta romana. In tante e tanti
sventolavano le bandiere delle lotte "di casa propria". E non è una
questione meramente di orgoglio, né una notazione coreografica, è un segnale di
come questa generazione sia in grado di comprendere quanto la battaglia sul
cambiamento climatico, per sortire qualche effetto reale, debba essere in grado
di individuare e nominare i responsabili. Il tema è cruciale, ma se, certamente,
la marcia del 23M ha dato segnali incoraggianti, il lavoro da fare è ancora
lungo e per niente scontato. È su questo crinale, infatti, che si gioca la
partita tra la possibilità dell'affermazione di un movimento climatico
anticapitalista/radicale e un movimento meramente d'opinione, ovvero ciò che
auspicano i custodi dello status quo, dai negazionisti/sviluppisti
fino ai socialdemocratici, sostenitori del capitalismo green.