ANDRÉ
GORZ TRA MARXISMO E DECRESCITA
\L’autore della recensione del libro di
Emanuele Leonardi rileva una doppia chiave di lettura: la ricerca di strumenti
di analisi della realtà, da un lato, e
la ricerca degli strumenti per incidere sulla realtà, dall’altro. Sotto questa duplice
ottica Andrè Gorz, fra i fondatori del
pensiero critico dell’ecologia politica marxiana, diventa una fonte imprescindibile.
Va segnalata anche la rilettura fatta del general intellect (mutuata dal Virno), per la quale la categoria centrale dell’operaismo non farebbe più “riferimento al capitale fisso per divenire di fatto lavoro vivo”. Ed è proprio a partire da questo superamento che il lavoro (nella sua determinazione storica «cognitiva») dovrà liberarsi dalla subordinazione al profitto, sostituendo la legge del valore di scambio con la logica della ricchezza del valore d’uso. Questo significa anche un nuovo orientamento delle lotte: «non più soltanto per il salario ma “oltre il salario”»
Va segnalata anche la rilettura fatta del general intellect (mutuata dal Virno), per la quale la categoria centrale dell’operaismo non farebbe più “riferimento al capitale fisso per divenire di fatto lavoro vivo”. Ed è proprio a partire da questo superamento che il lavoro (nella sua determinazione storica «cognitiva») dovrà liberarsi dalla subordinazione al profitto, sostituendo la legge del valore di scambio con la logica della ricchezza del valore d’uso. Questo significa anche un nuovo orientamento delle lotte: «non più soltanto per il salario ma “oltre il salario”»
Con
il bel saggio di Emanuele Leonardi Lavoro Natura Valore – André Gorz
tra marxismo e decrescita siamo al sesto saggio della serie di
recensioni di testi sull’Ecologia Politica, presa in un senso un pò più esteso
che comprende una riflessione sul Comune e il capitale, mettendo così insieme
una bibliografia ragionata dei contributi più recenti. L’autore lo avevamo già
trovato (qui)
come coautore della introduzione al testo di J. Moore, nonché come co-curatore
(sempre con Alessandro Barbero) dello stesso.
In
questo caso, siamo di fronte a un lavoro che ci restituisce lo stato
dell’arte di tutte quelle ricerche inerenti l’ecologia politica (della
quale Gorz – citato nel sottotitolo – è stato uno dei primi interpreti e uno
dei più lucidi). Ma l’autore ci dà anche molti contributi originali:
i
– indagando le trasformazioni del paradigma che raccoglie la triade Lavoro
Natura Valore e quindi le dinamiche tra Valore e Ricchezza;
ii
– mettendo a confronto l’elaborazione teorico pratica dell’esperienza operaista
italiana e quella dell’ambito della decrescita;
iii
– prendendo in considerazione il potenziale neghentropico del lavoro, in
particolare di quello cognitivo, in contrapposizione al dispositivo entropico,
espressione del nesso Lavoro Natura Valore classico orientato alla crescita;
iv
– indagando le conseguenze della messa a profitto di quella parte del lavoro
detta riproduttivo con disvelamento del lavoro occulto (di riproduzione, cura,
formazione della forza lavoro).
Il
filone di pensiero è quello che fa riferimento al concetto di riproduzione
nella coppia riproduzione/produzione che caratterizza il sistema capitalistico.
Il primo ambito svela la riproduzione della forza lavoro intesa come
procreazione e come cura, rivelando quindi quel lavoro occulto quale il lavoro
domestico e quello servile, da una parte (operazione ampiamente acquisita per
merito dei movimenti femministi, Ariel Salleh parla di lavoro
meta-industriale), dall’altra mettendo in primo piano l’atteggiamento che
il sistema di produzione capitalistico tiene nei confronti della natura sia in
termini estrattivi (in ingresso), sia usandola come discarica (in uscita).
Qui
Leonardi ci fa prendere atto del carattere entropico del sistema, carattere che
rivela una non riproducibilità all’infinito dello stesso, ma anche ci fa
intravedere il potenziale neghentropico del lavoro di riproduzione, verso il
quale il sistema post fordista ha però già rivolto le sue attenzioni. È dove,
con un gioco di prestigio, trasforma quella parte del lavoro di riproduzione
che corrisponde alla formazione della mano d’opera, in capitale fisso, fenomeno
questo evidenziato dalla natura sempre più cognitiva del lavoro stesso, tutto
questo non facendo nessun investimento ma delegandolo al lavoratore. Così il
tempo della riproduzione, tempo non pagato, lavoro occulto, in realtà
contribuisce – e sempre di più – alla produzione; il tempo passato in fabbrica
non è ormai più di una frazione del tempo realmente dedicato al lavoro.
Leonardi
cita una affermazione di Paolo Virno per il quale il general intellect non
fa più riferimento al capitale fisso per divenire di fatto lavoro vivo. Il
carattere neghentropico del lavoro cognitivo deve perciò essere liberato dalla
sua subordinazione al profitto, sostituendo la logica del valore (valore di
scambio) con quella della ricchezza (valore d’uso). Un uso che dovrà perciò
privilegiare una produzione – realmente sostenibile – di valori in grado di
soddisfare bisogni e desideri di tutti e non profitto per pochi. Questo
significa anche un orientamento delle lotte non soltanto per il salario ma
“oltre il salario”. L’elemento oltre, sarebbe lo spazio che le
lotte operaie per il salario e per il controllo della produzione possono aver
aperto per ipotizzare e provare a mettere in pratica sistemi e relazioni non
impattanti e più egualitarie.
Ma
l’autore ci dice di fare attenzione, il carattere neghentropico del lavoro
cognitivo è simultaneamente espresso – messo in atto – e occultato in
dispositivi che riescono a metterlo a profitto, a riprodurre cioè tutte le
contraddizioni del capitale. Per Leonardi questi dispositivi sono la green
economy e il carbontrading dogma dei quali parla (in
termini critici) nei capitoli V VI.
Il
lato ecologico dell’economia politica abita, dunque, dentro l’elemento
riproduttivo della diade riproduzione/produzione, in quel versante dove la
lotta di classe e le lotte per l’ambiente e per i beni comuni si caratterizzano
come forme di svelamento dall’operazione di occultamento che il capitale ha fatto
mettendo in atto quella che Moore (citato da Leonardi) chiama accumulazione per
appropriazione (lavoro domestico, lavoro servile, doni gratuiti dell’ambiente).
Ma anche nel semplice concetto che vede la natura come unica entità di
produzione, verificando invece che il ciclo delle altre trasformazioni agisce
su materie prime a bassa entropia verso scarti ad alta entropia.
La
connessione tra lavoro e natura è tutta insita nel sistema di produzione
capitalista. Il conflitto di classe non si può allora esaurire nel campo del
salario e sulle condizioni del lavoro, ma deve potersi esprimere sulle finalità
della produzione e sul tipo di forma merce messa in cantiere.
Forse l’insieme è quello che aveva intuito Benjamin già nel 1940, quando –
commentando Fourier – formula un auspicio dicendo che «un lavoro così ispirato
al gioco non è diretto alla produzione di valori, ma al miglioramento della
natura […] Una terra ordinata secondo questa immagine cesserebbe di essere
parte “di un mondo in cui l’azione non è sorella del sogno”. L’azione e il
sogno vi diverrebbero fratelli» (W. Benjamin, Parigi capitale del XIX
secolo, Einaudi, Torino 1986 p.7; parzialmente citato da Leonardi, p. 66).
C’è
un’altra citazione di Benjamin in esergo al primo capitolo che coglie
trasversalmente quella connessione tra marxismo e progresso che
ha rallentato l’incontro tra lotta di classe e difesa dell’ambiente. Si intende
criticare quell’aspetto del marxismo quando ipotizza un percorso storico
determinato e ineluttabile verso la società senza classi.
«Marx
dice che le rivoluzioni sono la locomotiva della storia universale. Ma forse le
cose stanno in modo del tutto diverso. Forse le rivoluzioni sono il ricorso al
freno d’emergenza da parte del genere umano in viaggio su questo treno» (p.
31).
Il
testo di Leonardi si muove su una doppia chiave. Da una parte la ricerca di
strumenti di analisi della realtà, dall’altra quella degli strumenti per
incidere sulla realtà. In questo, il riferimento a Gorz, trova materiale
imprescindibile. Ad esempio, il ruolo e l’efficacia dei movimenti rispetto ai
partiti politici. Movimenti che proprio nel momento nel quale si dichiarano
apolitici (nei confronti dei partiti) trovano la loro efficacia politica,
perseguendo lotte che rappresentano degli interessi specifici, lotte quindi non
asservite alla logica del potere. Lotte che quindi esprimono libertà di
espressione, di contestazione e di immaginazione.
Stranamente, i
limiti dello sviluppo sono stati percepiti più chiaramente dal
capitale che non dalle sue vittime, altrimenti come si spiegherebbero le azioni
convulse quali «le riforme delle imposte, l’austerity fiscale,
la deregulation e le privatizzazione, gli aggiustamenti
strutturali, il crollo della sicurezza del lavoro, lo sbriciolamento del welfare»
(nota 31, p. 86), quasi un raschiare il fondo del barile, attraverso
l’appropriazione compulsiva di qualsiasi risorsa da espropriare alla ricchezza
comune.
Come
dicevo all’inizio uno dei meriti del libro è anche quello di avere raccolto i
contributi speculativi della quasi totalità degli studiosi che hanno scritto
qualcosa a proposito di “ecologia politica” con ampi spazi dedicati, ad
esempio, agli apporti di diverse studiose femministe. Mettere al centro i
processi riproduttivi e non soltanto i conflitti sul piano dell’organizzazione
della produzione, mettere in discussione la centralità della forma salario per
spiegarne i funzionamenti, sono i ragionamenti che quadrano e fanno convergere
le lotte di genere, antirazziste, di classe e quelle per l’ambiente in un unico
contenitore che cerca di organizzarsi a partire da questa nuova cognizione. I
bisogni fondamentali si potrebbero racchiudere intorno a due obiettivi
specifici quello della sostituzione della logica della ricchezza contro quella
del valore e quello di ridurre il metabolismo sociale. Si constata così che
entrambi gli obiettivi sono incompatibili con il modo di produzione
capitalista, dice Leonardi.
Uno
dei temi messi al centro della sua indagine è anche quello del possibile
rapporto tra le eredità operaiste e il mondo delle “decrescite”. Ovviamente,
queste ultime, sono spostate su un piano qualitativamente diverso: non si
tratta di crescere ma di prosperare; non
tanto competere ma condividere (p.152). «Non
si snellisce il metabolismo sociale perché la catastrofe incombente lo impone,
bensì perché il pieno godimento e la realizzazione diffusa del lavoro
neghentropico richiedono da un lato un processo di de-mercificazione e dall’altro
un intervento di messa in sicurezza dell’ambiente in quanto base materiale
della riproduzione della vita sociale e dell’attività economica (svincolata
dall’ingiunzione al profitto)» (p. 153). Vedi comunque il decalogo catalano (p.
172), che parla di debito, riduzione dell’orario di lavoro, reddito di base,
così come di ecotasse, di incentivi alla produzione alternativa, riduzione
dello spazio pubblicitario, limiti all’inquinamento, abolizione del PIL come
indicatore di progresso.
Lo
spostamento dell’attenzione dall’ambito produttivo a quello riproduttivo, non è
una critica a Marx (semmai una nuova deduzione inserita di fatto
nell’organicità del suo pensiero), ma a certi marxismi, perché, a ben vedere,
per Marx il conflitto tra accumulazione capitalista e qualità dell’ambiente era
già stato preso in considerazione. Leonardi cita la «frattura
metabolica – cioè la rottura della circolarità energetica chiusa tra
città e campagna a partire dalla seconda metà del XVIII secolo» (p.157).
Non
si tratta di mettere in piedi delle operazioni generiche di decrescita, ma di
sostituire al concetto di quantità di crescita, quello della qualità della
stessa. Il divorzio, purtroppo, ha origini lontane nel tempo. La scienza di
Galileo si occupava e si può occupare soltanto di quantità, la qualità era
esclusa. Così arte, piacere, bellezza, amore e reciprocità si sono separate
dalla scienza, permettendo, subito dopo, che l’organizzazione del mondo
avvenisse intorno al profitto. Profitto in termini astratti, in termini di pura
quantità, profitto per pochi e briciole per la maggioranza.
Questo
non lo dice esplicitamente Leonardi, ma dice qualcosa di simile quando auspica,
ad esempio, il riavvicinamento tra dimensione esistenziale e pratiche
lavorative; che «i diritti della Pachamama e il reddito di
base salgano sulla stessa barca rivoluzionaria» (p. 191). E qualche cosa a cui
fare riferimento già esiste: «la forza propulsiva dei movimenti
indigeno-contadini africani, asiatici e latino-americani sul piano globale,
degli Indignados sul piano continentale, della sperimentazione
municipalista napoletana sul piano nazionale» (idem).
Emanuele
Leonardi, Lavoro Natura Valore – André Gorz tra marxismo e decrescita,
Orthotes, Napoli/Salerno 2017. pp. 216