5 PUNTI PER LA SOPRAVVIVENZA UMANA NELL’ANTROPOCENE
La rivista Science ha
pubblicato ad inizio d’anno un ulteriore importante paper sull’Antropocene,
l’era degli umani. Gli autori del paper sono autorevoli scienziati “che fanno parte anche del
gruppo di lavoro sull’Antropocene della Commissione stratigrafica internazionale
nell’ambito dell’International union of geological sciences (Iugs) che dovrà
poi fornire la decisione sull’accettazione o meno dell’inserimento formale
dell’Antropocene nel Geological time scale della Terra”. L’ estratto che
proponiamo traccia i punti caratterizzanti della ricerca
Agli inizi di quest’anno sulla prestigiosa rivista “Science” è stato
pubblicato un ulteriore importante paper sull’Antropocene, l’era degli umani.
Il paper illustra le motivazioni scientifiche per procedere ad indicare questo
nuovo periodo geologico (che fu proposto originariamente dal premio Nobel Paul
Crutzen nel 2000) nella scala geocronologica del nostro pianeta, perché
caratterizzato dal profondo intervento umano sui sistemi naturali, i cui
effetti sono ritenuti equivalenti a quelli prodotti dalle grandi forze
geofisiche che hanno modellato e plasmato il nostro pianeta nei suoi 4.6
miliardi di anni di vita (Waters C. et al., 2016, The Anthropocene is
functionally and stratigraphically distinct from the Holocene, Science, 351,
DOI:10.11.1126/science.aad2622). Gli autori del paper sono autorevoli
scienziati che fanno parte anche del gruppo di lavoro sull’Antropocene della
Commissione stratigrafica internazionale nell’ambito dell’International union
of geological sciences (Iugs) che dovrà poi fornire la decisione
sull’accettazione o meno dell’inserimento formale dell’Antropocene nel
Geological time scale della Terra.
Mi permetto di riassumere in 5 punti i grandi filoni che stanno
caratterizzando le ricerche di Global sustainabilitybrillantemente
sintetizzate da Johan Rockstrom nel suo libro:
1. la consapevolezza che il periodo che
stiamo vivendo è caratterizzato da uno straordinario impatto che una
singola specie, quella umana, ha nei confronti di tutti i sistemi naturali
della Terra da cui deriviamo e dipendiamo, tanto che, come già ricordato e
illustrato in tanti altri articoli delle mie rubriche su “Greenreport”, la
comunità scientifica internazionale ci indica che siamo in un nuovo periodo
geologico, definito Antropocene proprio perché gli effetti dell’intervento umano nei confronti dei
sistemi naturali del pianeta sono equivalenti a quelli delle grandi forze
geofisiche che hanno modificato e plasmato la Terra stessa nei suoi 4.6
miliardi di anni di esistenza. Questo nuovo periodo modifica profondamente quegli
equilibri dinamici ambientali e climatici che ci sono stati negli ultimi 11.000
anni, da quando l’umanità ha avviato la rivoluzione agricola e ha consentito al
genere umano di giungere ai livelli di civiltà che oggi conosciamo, livelli che
sono oggi a rischio paradossalmente a causa del nostro intervento;
2. la presenza umana sulla Terra può essere
garantita in uno spazio sicuro ed operativo (S.O.S. – Safe and Operating Space) entro il quale è necessario mantenersi
senza oltrepassare i confini planetari (oggi la comunità scientifica internazionale ne ha individuati nove,
come abbiamo più volte illustrato nelle pagine di questa rubrica, tra di loro
ovviamente sinergici, che sono: l’integrità della biosfera, il cambiamento
climatico, il ciclo dell’azoto e del fosforo, il cambiamento nell’uso dei
suoli, l’utilizzo globale di acqua, la riduzione della fascia di ozono, la
diffusione degli aerosol atmosferici, l’acidificazione degli oceani, le nuove
entità chimiche di origine antropogenica) oltre i quali non è più garantita la
stabilità delle società umane e si rischiano effetti realmente devastanti sulle
nostre comunità e sulla natura stessa che ci supporta;
3. questo S.O.S., questo spazio sicuro ed
operativo per l’umanità indicato dai confini planetari, i limiti biofisici da
non oltrepassare, deve essere anche equo e deve quindi rispettare le fondamenta
sociali che costituiscono la base della dignità di ogni singola vita umana, e
diventa perciò uno spazio sicuro ed equo per l’umanità, basato su almeno 11 elementi ritenuti indispensabili
(salute, cibo, acqua, reddito, istruzione, energia, lavoro, parità di genere,
equità sociale, diritto di espressione, resilienza) come indica Kate Raworth
che opera sulla sostenibilità nelle università di Cambridge e Oxford. La
sostenibilità ci indica quindi le opzioni che sono disponibili per tutti noi,
per far sì che la nostra azione si svolga in uno spazio sicuro ed equo per
l’umanità e che quindi non sorpassi quello che potremo definire un “soffitto” biofisico né quello che
potremo definire un “pavimento sociale”. Questo cerchio ci indica la dimensione
nella quale dovrebbe muoversi lo sviluppo economico umano ed assomiglia molto a
quello di una ciambella, da qui il nome di “economia della ciambella” come
viene indicata dalla Raworth (Doughnut economics). Quindi se c’è un “soffitto” biofisico
per lo sviluppo umano sulla Terra, costituito dai “confini planetari” allora
deve esserci anche un “pavimento” sociale. Il “pavimento” sociale è
rappresentato proprio dal diritto umano universale di accedere alle risorse,
agli ecosistemi, allo spazio atmosferico, a un clima stabile, oltre che dalle
dimensioni dell’equità, della dignità, della resilienza, e altri fattori che
sono associati a una buona qualità di vita.
4. applicare la sostenibilità vuol dire
agire con grande equilibrio, facendo il possibile per mantenere alto il livello
dellecapacità di
resilienza (tema sul quale ci siamo lungamente soffermati nelle pagine di questa
rubrica da diversi anni) dei nostri sistemi sociali ed ecologici (cioè quelle
capacità che consentono di subire pressioni e perturbazioni, ma mantenendo
sempre in salute e vitalità le capacità di reazione) e di tenere molto basso
il livello di rischio che
può condurre i sistemi naturali e le comunità umane a una forte vulnerabilità oltrepassando così dei punti critici ed
entrando in situazioni ingovernabili. La sostenibilità applicata, in sostanza,
si traduce nel mantenimento dei livelli di resilienza e nell’evitare il più
possibile situazioni di rischio che conducono all’incremento della
vulnerabilità;
5. applicare la sostenibilità vuol dire
quindi operare per concretizzare i semi per un buon Antropocene. Ci troviamo ormai in questa
dimensione mai raggiunta dal genere umano di profonda modificazione dei sistemi
naturali dell’intero pianeta, ma possiamo adoperarci per avviare percorsi
sostenibili che modifichino le vecchie visioni culturali, economiche e sociali
che ci hanno condotto in questa situazione. L’Agenda 2030 Onu con i 17
Obiettivi di sviluppo sostenibile, approvata da tutti i paesi del mondo nella
sessione speciale dell’ultima Assemblea generale Onu dello scorso settembre,
rappresenta una straordinaria opportunità per imboccare la strada verso la
sostenibilità e non è un caso quindi che anche in Italia, grazie alla straordinaria
spinta di un esperto di fama internazionale come Enrico Giovannini, sia
nata l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile
(Asvis).
Invito veramente tutti alla lettura del volume di Johan Rockstrom “Grande
mondo, piccolo pianeta” (Edizioni Ambiente) che ritengo la migliore
illustrazione divulgativa della Global sustainability presente
oggi nell’editoria italiana. Un libro fondamentale per chiunque voglia
diventare protagonista del cambiamento indispensabile per affrontare
l’immediato futuro.