-FILIPPO
GRENDENE-
Lettura di Sul primo numero di «Quaderni Rossi»[Franco Fortini, Paesaggio con serpente, 1984]/
uscì dal Partito Socialista per
incompatibilità di prospettive politiche/
cercò al meglio di applicare la sua idea di relazione fra
analisi politica e prassi/
fondò i Quaderni rossi: «a lui nei
sonni erano figura di seme morto e di erba futura»
L’esperienza dei Quaderni rossi rappresenta una tappa
centrale nello sviluppo del movimento operaio italiano: i sei numeri, usciti
fra 1961 e 1965, forniscono le basi per un’interpretazione rinnovata del
panorama nazionale, mutato in seguito al picco di crescita degli ultimi anni
Cinquanta e al conseguente ‘ammodernamento’ di apparato produttivo industriale
e relazioni lavorative. L’analisi condotta dai Quaderni, ancorata
soprattutto al piano teorico – la rilettura di Marx – e a una pratica –
l’inchiesta operaia – rivestirà un’importanza centrale per tutto il ciclo di
lotte che si apre nel 1962 con Piazza Statuto per chiudersi nel decennio
successivo. In questo percorso Fortini assume un ruolo non secondario:
attraverso il proprio intervento saggistico contribuisce ad aprire, assieme a
coloro che intervengono sui «Quaderni» – «rossi» e, da un’altra prospettiva,
«piacentini» – e sulle moltissime riviste nate nel corso degli anni Sessanta,
uno spazio politico a sinistra del PCI, occupato da organizzazioni di vario
stampo, orientamento, dimensione.
Raniero Panzieri, fondatore dei Quaderni rossi, muore
nel 1964, all’età di 43 anni. Di formazione filosofica, intreccia per molti
versi la propria esperienza intellettuale a quella di Franco Fortini,
all’interno delle residue possibilità di movimento che, nel quinquennio
1956-1961, la posizione filosovietica del PCI e le aperture al centrosinistra
del PSI lasciano agli intellettuali italiani:
è vicino a Ernesto de Martino e a Galvano della Volpe,
iscritto al PSI, che Fortini aveva lasciato nel ’57. Come chiarisce Luca
Lenzini, Panzieri rappresenta per Fortini un interlocutore fondamentale,
soprattutto dopo la fondazione dei Quaderni rossi:1
lo stesso Panzieri si muoveva, con straordinaria
lucidità, fuori dalle formazioni politiche tradizionali, sia sindacali sia
partitiche, in una prospettiva che poneva i più raffinati strumenti della
cultura critica al servizio dell’analisi diretta del lavoro nel mondo del
neocapitalismo, in un tornante storico decisivo.2
L’intellettuale continuerà a rappresentare un
interlocutore anche dopo la morte: nell’opera di Fortini ricorrono diversi
riferimenti diretti a Panzieri, nella saggistica e nella poesia.3 Non è solo il riconoscimento del
ruolo centrale ricoperto dall’elaborazione teorica proposta dai Quaderni; si
tratta anche di una mancanza, un’assenza, una di quelle morti sulle quali
Fortini costantemente ritorna, basandosi sulle coppie oppositive
disordine-nulla da una parte, ordine-adempimento dall’altra. «Di destini come
quello di Panzieri – noi ne abbiamo bisogno […] Non importa che il nome di
Panzieri venga ricordato. Le nostre memorie sono già troppo affollate. Egli ha
lasciato degli scritti, tutti lasceremo degli scritti; ma la nostra verità, se
una verità abbiamo attinto, è stata detta quasi per caso, in margine».4 Non troppo diversamente, a un anno
di distanza Fortini commenta il dialogo fra de Marino sul letto di morte e
Cesare Cases: «Il vivo e il morto continuano veramente a parlare».5 Altri dialoghi postumi saranno
intessuti con Vittorini («o tu che i sogni nostri percuoterai / orrore
lasciando e scompiglio»),6 o Pasolini (cfr. Attraverso
Pasolini). Simili i richiami a coloro che, non già morti, sono sentiti dal
poeta per varie ragioni come irrimediabilmente lontani: le due categorie di
interlocutori si fondono, si dispongono su uno stesso piano, all’interno
dell’atteggiamento «accuratamente senile»7 dell’ultimo Fortini. «[…] E
vattene anche tu, Alfonso e Piergiorgio / e tu Grazia che ormai / e Elio e
Raniero e Vittorio / e quanti altri ancora. // Vengono, siedono alla poltrona
sdruscita, chiedono il portacenere, vogliono sapere. / Alla porta li accompagno
con un benevolo sorriso. / E “tornate” dico a quelli che non torneranno».8
Al contempo Fortini – soprattutto a partire dagli anni
Ottanta – richiede ai suoi lettori un atteggiamento simile verso la propria
opera: «E a uno o due di quei giovani anche vorrei dire: come si impara una
lingua straniera, cercate di capire la lingua nostra, solo in apparenza simile
a quella che ogni giorno impiegate».9
* * *
Fra questi dialoghi postumi trova spazio anche la
poesia Sul primo numero di «Quaderni rossi».
Molte ore così delle poche ore
che l’ordine degli uccisori e il disordine
non avevano ancora spezzate
che l’ordine degli uccisori e il disordine
non avevano ancora spezzate
lesse di strutture aziendali, contratti
collettivi, controlli dei tempi. E che pensieri immensi
nell’aria dei suoi giorni,
imprecisi, ridenti! Acuminati
quei cirri che le frese
schizzano e gli incupiti olii convogliano
collettivi, controlli dei tempi. E che pensieri immensi
nell’aria dei suoi giorni,
imprecisi, ridenti! Acuminati
quei cirri che le frese
schizzano e gli incupiti olii convogliano
a lui nei sonni erano figura
di seme morto e di erba futura.
di seme morto e di erba futura.
Il soggetto non compare mai esplicitamente, la sua
identificazione rimane in sostanza affidata ai verbi, a un aggettivo e a un
pronome; in tutta la prima strofa non ve n’è traccia, così che il lettore, fino
a quel «lesse», non intenda la persona – e al limite nemmeno il numero – del
soggetto. Anche il titolo è, potenzialmente, ambiguo: si dovrebbe parlare del
primo numero della rivista, si parla dell’uomo. Proprio in questa assenza, non
casuale, abita la tensione fondamentale della poesia: quel che permane non è il
ricordo ma il senso stesso di una vita, che rimanda a quell’erba futura
dell’ultimo verso. Si è appena richiamata la chiusa del necrologio fortiniano:
«Non importa che il nome di Panzieri venga ricordato. […] la nostra verità, se
una verità abbiamo attinto, è stata detta quasi per caso, in margine». Non
l’uomo, la verità.
Note
1 Cfr. F. Fortini, Il
socialismo non è inevitabile in «Quaderni rossi. La fabbrica e la
società», 2, 1962, poi in Id., Questioni di frontiera, Torino,
Einaudi, 1977, pp. 248 ss.
2 L. Lenzini, A proposito di Franco Fortini. Operaismo, traduzione e luoghi fortiniani, intervista di A. Prunetti, in
«Carmilla», 7 gennaio 2015 (ultimo accesso 15 febbraio 2017).
3 Si considerino almeno: Sul
primo numero di «Quaderni Rossi», Raniero in Paesaggio
con serpente, Dove ora siete… in Composita
solvantur. M. Raffaeli (Il compagno Raniero, in Dieci
inverni senza Fortini. 1994-2004. Atti delle giornate di studio nel
decennale della scomparsa, a cura di L. Lenzini, E. Nencini, F. Rappazzo,
Macerata, Quodlibet, 2006, p. 46) nota la particolare condizione postuma di
Panzieri nella poesia fortiniana: «nell’opera poetica di Fortini c’è un nome,
salvo errore l’unico, che pure ritornando nella postura dello spettro evade la
logica deldiscidium, cioè la coppia antinomica di amico/nemico»; cfr.
anche M. Raffaeli, Raniero, in Id.,Appunti su Fortini,
Brescia, L’obliquo, 2000, pp. 29-31. Per gli altri riferimenti in versi e in
prosa cfr. L. Lenzini, Fortini su Panzieri, in Raniero
Panzieri uomo di frontiera, a cura di P. Ferrero, Alessandria, Edizioni
Punto Rosso, 2005, pp. 266 ss.
4 F. Fortini, Panzieri. 1964,
in Id., L’ospite ingrato. Testi e note per versi ironici, Bari, De
Donato, 1966, poi in Id., Saggi ed epigrammi, Milano, Mondadori,
2003, pp. 974-5.
5 F. Fortini, Gli ultimi
tempi. Note al dialogo di De Martino e Cases, in «Quaderni piacentini»,
23-24, maggio-agosto 1965, poi con il titolo Due interlocutori in
Id., Questioni di frontiera, cit., pp. 7 ss.
6 In memoria di E. V., in F.
Fortini, Composita solvantur, Torino, Einaudi, 1994, ora in
Id., Tutte le poesie, cit., p. 514. Per gli scritti di Fortini su
Vittorini cfr. anche l’approfondimento dedicato su «L’ospite ingrato» Globalizzazione
e identità, III, 2000.
7 R. Pagnanelli, Fortini,
Ancona-Bologna, Transeuropa, 1988, p. 116.
8 F. Fortini, Dove ora
siete…, in Id., Composita Solvantur, Torino, Einaudi, 1994, ora
in Id., Tutte le poesie, Milano, Mondadori, 2014, p. 517.
9 F. Fortini, Attraverso
Pasolini, Torino, Einaudi, 1993, p. X.
leggi
il testo integrale in L’ospite ingrato