da Contropiano
Maurizio
Landini e le tute blu diserteranno “la consultazione” degli iscritti, indetta
dalla Confederazione guidata da Susanna Camusso, sull’accordo siglato il 10
gennaio insieme a Cisl, Uil e Confindustria sulla rappresentanza. Lunedì prossimo
la segreteria nazionale della Fiom ha convocato una riunione del Comitato
Centrale (a cui è stata invitata la segretaria della Cgil) “per valutare e
assumere tutte le decisioni necessarie”
Scontro
frontale, senza più mediazioni. Ci siamo presi un giorno prima di scrivere del
Direttivo Nazionale della Cgil, in modo da far sbollire le incazzature e i toni
accesi e verificare meglio le cose. Ma non sono cambiate, nel frattempo.
E
quindi. La Cgil terrà una – finta - consultazione degli iscritti sull’accordo
sulla rappresentanza siglato il 10 gennaio insieme a Cisl, Uil e Confindustria.
Il tutto dovrebbe avvenire entro il mese di marzo; è la stessa tempistica a
suggerire che si tratterà di un “pro forma”, utile soltanto alla Camusso per
“certificare” che la sua scelta è stata approvata e che questo è avvenuto con
“procedure democratiche”. Chiunque abbia messo il naso in un'assemblea
congressuale della Cgil, di questi tempi, sa benissimo che non è esattamente
così. Tanto meno per quanto riguarda le procedure di voto, ridicolizzate dalla
prassi dell'”urna itinerante” con un solo funzionario che va in giro a
raccogliere “i voti”... e poi se li conta da solo (a meno che non ci sia anche
un combattivo esponente del documento alternativo).
Il
documento che fissa le modalità della consultazione non lascia spazio a
interpretazioni dissonanti. “Una campagna di assemblee informative già
definite tra Cgil, Cisl e Uil da tenersi nel mese di
marzo”, al cui termine ci sarà il voto dei soli lavoratori iscritti alla Cgil”
(in Cisl e Uil, ormai, non si fa più nemmeno finta di chiedere il parere degli
iscritti). Ma nemmeno la votazione sarà così semplice; i seggi saranno infatti
due. Da un lato “coloro che sono ricompresi nelle intese già raggiunte (Confindustria e Confservizi)”,
dall’altro “coloro a cui estendere gli accordi”.
Da
presa in giro definitiva anche il testo stampato sulla scheda: i lavoratori non
saranno chiamati a votare sul merito dell’accordo sulla rappresentanza, ma un
“sì” o un “no” al parere espresso dal segretario generale. Insomma: un
referendum sulla fiducia al “segretario”, prendere o lasciare, “che mette
l’accordo al riparo dalla consultazione. La Cgil non dice a Cisl, Uil e
Confindustria che il testo è congelato fino al risultato del voto: l’accordo è
già operativo. Si tratta di una doppia finta”. Parole di Landini, non nostre...
Non
ci sarà spazio per presentare alcuna posizione alternativa, alcuna
“lettura” che possa rivelare gli elementi assolutamente incostituzionali
presenti del “testo
unico sulla rappresentanza”.
La Fiom
aveva chiesto procedure del tutto differenti, a cominciare dalla platea degli
iscritti da ammettere al voto. Sostanzialmente proponeva di limitarla alle
categoria industriali del settore privato (l'accordo in effetti vincola
soltanto le imprese aderenti a Confindustria, oltre che i tre sindacati
firmatari), in pratica soltanto un milione di iscritti sui 5,7 “ufficiali”
dichiarati dalla Cgil; escludendo di fatto il pubblico impiego (che ha già da
anni una regolamentazione della rappresentanza) e i pensionati (ormai fuori
dalla contrattazione). I pensionati non voteranno, per decisione della
segretaria, Carla Cantone, che si è così guadagnata a sua volta l'ostitlità
perenne della Camusso; ma potranno farlo ben 2,7 milioni di “attivi”,
anche se di fatto disinteressati alle norme previste in quell'accordo.
L’area
che fa capo a Giorgio Cremaschi, rappresentata nel documento congressuale
alternativo “Il sindacato è un'altra cosa”, non ha neppure partecipato al voto
in sede di Direttivo, ritenendolo “illegittimo” ai sensi dello Statuto Cgil e
della Costituzione italiana. L'altro ieri, del resto, avevamo
pubblicato il suo intervento in quella sede, in cui accusava l'intero vertice
della Cgil di falsificare i voti del congresso, “come fa Putin in Russia”,
fino a chiedere le dimissioni della Camusso.
Anche
Landini, Rinaldini e gli altri membri del Direttivo sulla stessa linea, sono
usciti dalla sala al momento del voto, per non “legittimare” una decisione
abnorme che rovescia il ruolo del sindacato nell'Italia del dopoguerra,
riportandolo all'irrilevanza del “sindacato di regime” sancito dal “patto di
Palazzo Vidoni”, del 1925.
Maurizio
Landini e le tute blu diserteranno anche “la consultazione”, a questo
punto. Ma soprattutto prepareranno iniziative potenzialmente dirompenti. Si
parla di una grande manifestazione nazionale indetta dalla Fiom negli
stessi giorni della consultazione. Una contrapposizione “fisica” di detonante
significato politico. Di fatto, la “presentazione” pubblica sdi un altro
sindacato, anche se (solo) formalmente ancora interno alla Cgil.
Non
esistono dubbi sul fatto che il “treno blindato” in cui si è rinchiusa la
segreteria confederale andrà avanti costi quel che costi. Probabile dunque che
lo stesso Landini venga deferito ai probiviri (o come si chiama adesso la
Commissione che deve decidere le punizioni per i “ribelli” alla linea del
segretario), aprendo così le porte al “commissariamento” della stessa Fiom.
Ma
anche a prescindere dalle vicende interne alla Cgil, l’accordo del 10 gennaio
prevede la perdita dei diritti sindacali per chi non lo sottoscrive.
Peccato che ci sia fresca fresca una sentenza della Corte Costituzionale –
quella relativa proprio al contenzioso tra la Fiat e la Fiom sul “modello
Pomigliano” - che vieta l'esclusione di qualsiasi sindacato che si sia rifiutato
di sottoscrivere un accordo. Un bel guazzabuglio legale, oltre che
politico-sindacale, che potrebbe aprire scenari di conflitto su tutti i piani
anche all'interno del maggiore sindacato italiano.
“Faranno
la fine dei Cobas”, mormorano i burocrati di Corso Italia quando parlano di
Landini e della tute blu. Ed è probabile che, a conclusione del Congresso di
Rimini, in maggio, o anche prima - se il “commissariamento” della Fiom
avvenisse nelle prossime settimane – diventi un fiume quello che è ancora un
torrente: delegati, iscritti e persino qualche dirigente Cgil che confluiscono
nell'Usb (sull'esempio di Maurizio Scarpa, fino a un mese fa vice-presidente
proprio del Direttivo Nazionale, e Franca Peroni).