venerdì 23 marzo 2012

Mercato del lavoro. Cambia tutto...cambiamo anche il sindacato

COORDINAMENTO RSU
L'interesse di capitale ha infine portato a casa quello che voleva. La sostanziale eliminazione di quanto ancora resisteva in materia di tutela del lavoro. Quel che è stato deciso in materia di manutenzione dell'art.18 è di fatto la sua cancellazione.
È un pò la quadra del cerchio di una offensiva che in pochi mesi è riuscita a rendere derogabili dai contratti e dalle leggi i trattamenti salariali e normativi dei lavoratori, ed a rendere più ricattabili e sottomessi i avoratori grazie alla perdita di tutele in materia di reintegro per giusta causa.
Una condizione questa che libera l'interesse di capitale a condurre fino in fondo l'attacco alla contrattazione sindacale riducendola a poco o nulla in nome di uno sviluppo declamato come interesse generale ma che in realtà è solo la ricerca del massimo profitto privato.
La Cgil non ha firmato e proporrà un piano di mobilitazione. Vedremo di che mobilitazione di tratterrà ma sopratutto vedremo su quale piattaforma si sosterrà.
In effetti il problema è questo. La Cgil non ha una piattaforma. Lo dimostra il modo con cui è stato gestito il confronto col Governo.
Era chiaro fin dall'inizio quale fosse l'obiettivo di Monti e quale fosse la sua determinazione, ma la Cgil è andata al confronto solo sperando di limarne le pretese, attenta a non mettere in crisi un governo sostenuto anche dal centrosinistra.
Così, all'idea montiana che la crisi non sia determinata dai limiti che l'accumulazione capitalistica ha incontrato nel suo sviluppo ma dai troppi lacci e lacciuoli che lo Stato (la costituzione e le leggi) ed i lavoratori (con la contrattazione ed il quadro di tutele) pongono alla crescita del profitto privato, la Cgil non ha saputo contrapporre nulla che non fosse un... speriamo che io me la cavo.
Ma la debolezza della posizione sindacale era evidente sin dall'inizio.
Schiacciata dalla paura di far saltare una unità sindacale debole e contraddittoria (per altro fondata su un accordo, quello del 28 giugno sulla contrattazione e sulla rappresentanza, che è di fatto un gran bel pasticcio) e dalla convinzione (mal posta) di una tutela politica da parte del PD che, essendo forza di governo, avrebbe potuto mediare le pretese di Monti, la Cgil si è presentata al confronto senza una vera piattaforma.
Conseguenza di ciò, la Cgil non ha attivato alcun coinvolgimento dei lavoratori, non ha permesso una vera discussione interna nelle sue stesse strutture dirigenti nazionali e territoriali, riducendo tutta la questione alla sola segreteria nazionale, timorosa che una più ampia discussione avrebbe messo in fibrillazione la debole unità sindacale e l'atteso ruolo mediatorio e conciliatorio del PD verso il governo.
Spinta infine in un vero cul de sac ora la Cgil deve organizzare una risposta. In ritardo, molto in ritardo purtroppo, tanto che, se una risposta ci sarà, per essere efficace questa dovrà essere forte e potrebbe esporre la Cgil a un vero attacco incrociato, ad un vero tentativo di provocarne l'isolamento.
Ma prima ancora, la questione vera è: la Cgil ha una piattaforma ? E saprà costruire il consenso dei lavoratori attorno a questa ?
Questa segreteria ha già purtroppo dimostrato la sua inconsistenza strategica, e quindi, se qualcosa si farà di veramente efficace, ciò non può non considerare il fatto che una Cgil in grado di affrontare questa fase non potrà che essere una Cgil completamente riformata.
In questa fase diventa essenziale la sinistra sindacale in Cgil. Dalla Fiom alle varie aree congressuali (La Cgil che vogliamo, la Rete28 aprile, Lavoro e Società).
In una condizione emergenziale come questa è necessario che la sinistra sindacale tutta trovi una sua piattaforma minima, sia per rispondere all'attacco di Capitale che per riformare la Cgil in chiave artecipativa, democratica e rivendicativa.
Le divisioni attualmente in essere nella sinistra sindacale, le pur importanti divergenze (sopratutto con Lavoro e Società il cui apparato è ormai sussunto alle logiche correntizie nella maggioranza) devono provare a confrontarsi per vedere se su una piattaforma minima sia possibile agire unitariamente.
Una piattaforma minima che preveda nell'immediato la difesa dell'art.18 e la difesa di un sistema democratico e partecipativo della rappresentanza e dell'iniziativa sindacale che parta dal basso, dai luoghi di lavoro, per contrastare la deriva neocorporativa del sindacalismo italiano.
E questo perchè non si può pensare oggettivamente di contrastare l'offensiva attuale contro il mondo del lavoro senza contemporaneamente rifondare la Cgil, liberandola dalla sua autoreferenzialità, dalle pastoie burocratiche, tatticistiche, politiciste che non le permettono di costruire una strategia che parta in primis dalla rappresentanza dei bisogni del mondo del lavoro.
Una piattaforma minima, quella sull'articolo 18, sulla rappresentanza, sulla democrazia nei luoghi di lavoro, su cui cercare anche l'unità di obiettivi con il sindacalismo di base, perchè se è l'unità dei lavoratori che in questa fase bisogna cercare e ricostruire, questa va cercata e realizzata con tutti quelli che ci stanno e che si riconoscono in questi obiettivi minimi.
Se passasse questa riforma del mercato del lavoro, e se l'abolizione dell'art.18 diventasse legge, nulla sarà come prima. Ci aspetteranno anni di vera e propria resistenza e di lotta per liberare ed emancipare il lavoro dalle nuove e più pesanti subordinazioni a cui le costringerà l'interesse di capitale, ma per fare ciò occorre una nuova strategia sindacale, non più poggiante sulle illusioni concertative (che già non esistono più).
Per questo la questione che oggi si pone, sopratutto alle sinistre sindacali ovunque collocate, oltre alla lotta per respingere la piattaforma padronale, è quella di una rifondazione sindacale.